Tra pochi giorni anche la rossa Michelin farà il suo esordio per il 2016, e la stagione guidaiola terminerà con botti, lustrini, frizzi e lazzi, tutti o quasi contenti. Strano mondo quello delle guide, tra l’altro in alcuni casi l’indecisione di stampare la cartacea oppure di affidarsi al web, provoca passi in avanti e a volte indietro, qualcuno come il Golosario di Gatti e Massobrio, dopo una stagione virtuale sul web, sono tornati alla carta in una veste nazionale rinnovata, quest’anno tocca a Paolini e cosi via, ma non è un giudizio che vogliamo dare alle guide, o almeno non in questo articolo.
Vorremmo tentare di rompere qualche velo, per capire quale metodo in tanti casi venga utilizzato nel recensire e dare stelle, cappelli, corone e voti in genere a un ristorante. Non sfugge agli occhi di noi tutti, che le guide hanno le loro preferenze, anzi, osiamo di più, ogni guida ha il suo entourage di cuochi che in qualche maniera sono fedeli a una guida piuttosto che a un'altra. Anzi ci appare scandaloso che un cuoco o un ristorante abbia voti altissimi per una guida e per un’altra sia praticamente inesistente.
Gelosie e invidie sono il pane quotidiano. Il settore giura che almeno la “rossa” è al di sopra delle parti, che gli ispettori viaggiano in forma anonima e pagano prima di presentarsi, ma c’è un ma. Personalmente ho sempre espresso un giudizio non benevolo, giudicando le Stelle Michelin come una sorta di dittatura della ristorazione. 250 ristoranti in Italia non possono rappresentare tutto il settore, ma la Michelin fa il suo lavoro, promuove la sua mission in maniera perfetta, i francesi si sa, sono maestri nel marketing, infatti tutti in coda alla rossa.
Ma i voti e le stelle con quale criterio vengono assegnati? La realtà si intreccia con la leggenda… tanti anni fa, per esempio si vociferava di un potente distributore di vini francesi di Milano capace di influenzare con la distribuzione dei vini anche le stelle. Era il momento della nascita dell’alta ristorazione e anche i vini e il foie gras sembrava potessero influenzare i giudizi degli ispettori dinanzi a una carta di vini con una buona presenza, degli stessi. Leggenda? Forse! O anche di quel potente direttore dell’Espresso, funzionario dei servizi segreti che in qualche maniera distribuiva cappelli con giudizi non propri gastronomici; leggenda? Magari aspettiamo conferme o smentite.
Ma qualcuno anche su altre testate si sta chiedendo: ma le stelle, i cappelli, le corone di chi sono? Del cuoco o del ristoratore? E laddove c’è un socio finanziatore, figura importante, che merito ha quest’ultimo nella gestione del prestigio? In un ristorante stellato per esempio, anche il sommelier ha la stella, anche il proprietario ha la stella? Perché siamo arrivati al paradosso che il merito è solo del cuoco? Come se tutta l’organizzazione extra cucina non servisse a creare il prestigio tale da ricevere un encomio dal sistema delle recensioni?
Ora che in molti ristoranti stellati il cuoco spesso è un consulente, alle dipendenze di società modaiole, vinicole o edili, è praticamente assente impegnato come è, con eventi in Italia o consulente all’estero. Quindi qual è il metodo che le guide seguono nelle loro valutazioni? Per trovare un cuoco in cucina non possono “visitarlo” senza preannunciarsi?
Inoltre il turn over dei cuochi è talmente rapido, che spesso non si capisce se gli stessi meritano l’encomio della valutazione; in questo allora l’imprenditore titolare dell’impresa non ha forse meriti? La stella non è anche frutto degli investimenti che quest’ultimo fa per permettere al cuoco di avere e mantenere un livello medio alto?
La nostra ristorazione è il frutto di famiglie che hanno dato molto, anzi che hanno creato la ristorazione di qualità in Italia. Il pensiero va ad Aimo e Nadia, ai Valazza, ai Santini, ai Sadler, ai Tamani di Quistello, ai Cerea di Bergamo, agli Iaccarino, esempi in cui la famiglia ha permesso il successo imprenditoriale. La nuova ristorazione non è così, giovani bravissimi ma che sono solo cuochi, ma un ristorante non è solo cucina. La sala, la cantina, la location, i servizi annessi, il parcheggio, l’arredo sono tutti elementi che creano il prestigio dello stesso, tant’è che quasi tutte le guide danno una valutazione positiva o negativa su questi elementi. E allora perche il cuoco è diventato il depositario del successo di un ristorante? Perché la valutazione segue il cuoco come se tutto il resto non contasse nulla?
Certo il sistema mediatico fa il resto, ma le guide osannano il cuoco senza dare valutazioni. Per esempio al sommelier, non è anch’esso uno stellato? Sappiamo che la Michelin afferma che la prima stella viene data alla cucina, ma non è vero perché almeno 100 ristoranti in più sulla base solo della cucina in Italia meriterebbero questo riconoscimento. Ripeto, se la cucina è in grado di creare e mantenere un livello e uno standard di capacità gastronomica, il merito è di tutto l’insieme del ristorante.
Forse anche per migliorare l’approccio dei giovani verso questo settore bisognerebbe pensare a riconoscimenti dedicati al personale di sala. Io che insegno in due scuole alberghiere lo sperimento tutti i giorni; allievi di cucina 100, allievi di sala 10. La parola “cameriere” retaggio di persona portapiatti, non piace neanche alle mamme, la tv in questo senso ha poi contribuito a creare ulteriori solchi professionali.
La provocazione finale è proprio questa: è giusto che il cuoco abbia il merito della qualità di un ristorante? Che cosa è il ristorante? Lo stesso funziona solo perché c’è un cuoco bravo? Allora l’aria condizionata non è un valore dello stesso? Si andrebbe a mangiare in un ristorante stellato o con “Tre cappelli” se non ci fossero servizi altamente qualitativi?