Vino in conto vendita al ristorante Vantaggi per tutti, clienti compresi
Mentre il food ha resistito grazie a delivery e asporto, il lockdown ha frenato i consumi di vino al ristorante. In questa fase, per far ripartire i consumi, ristoranti e cantine possono venirsi incontro attraverso l’acquisto di vino in conto vendita e abbassando drasticamente il ricarico sul prezzo al cliente
08 luglio 2020 | 08:30
di Vincenzo D’Antonio
Il vino al tavolo non si vende più, servono nuove strategie
Analizziamo il problema che accomuna oggi ristoranti e cantine. A valle sta un fenomeno appariscente e doloroso: il lungo periodo di chiusura del servizio di sala dei ristoranti. Non si fa servizio di sala, non si vende al tavolo. È affermazione che risponde al vero. A monte sussiste il correlato fenomeno anch’esso appariscente ed anch’esso doloroso: a causa del periodo di chiusura del servizio di sala dei ristoranti, i produttori/venditori di vino non vendevano la loro merce ai ristoratori. Intasamento nel flow “sell-in / sell-out” a causa di una prolungata assenza di sell-out.
Ma qualche considerazione vogliamo comunque farla. Siamo sicuri che l’operatività del flusso “produttori vino - ristoratori - clienti” era la migliore possibile in quell’epoca che ebbe termine ai primi di marzo del corrente anno? Siamo sicuri che il migliore business model, quello in virtù del quale vi era convenienza da parte di tutti e tre i succitati attori, fosse davvero così efficace?
- Le parole del produttore: tento la vendita, tu ristoratore ordini, io vendo e fatturo, un giorno, quasi certamente differito rispetto a quello concordato e scritto in fattura, incasserò.
- Le parole del ristoratore: io compro il tuo vino, mi arriva, lo “metto a terra”, guardo bene il rigo di fattura, prendo la calcolatrice, quell’importo a destra della fattura, quello che c’è il simbolo dell’euro, lo moltiplico per un numero che decido io (e chi sennò!) ed il prodotto diviene l’importo con il simbolo dell’euro. Lo scrivo sulla carta dei vini che avrò cura di fare bella bella bella, che fa status con il cliente. Arriverà, speriamo tardi, quel giorno che mi solleciterai il pagamento già scaduto. Speriamo che cadi nel tranello di dirmi che non mi fornisci altre bottiglie se prima non saldo la fattura precedente, così io ti minaccio che il tuo vino, se così stanno le cose non lo prendo più e che ho la fila fuori di rappresentanti di vini di certo buoni quanto il tuo e che mi fanno anche il 5 + 1 e pago a 120 gg.
- Le parole del cliente: vado al ristorante, spero di mangiare bene (ed in genere accade) spero di non spendere troppo per un buon vino da abbinare al pasto. Arriva il conto: suvvia non è che ho pagato troppo, si può dire che il vino a momenti incideva quanto il cibo. Io avrei avuto voglia di un altro sorso, avrei gradito meglio il tutto e mi sarei alzato da tavola più soddisfatto, ma con quello che costa, con il fatto che non posso portare via la bottiglia…
Pensieri e parole. Abbiamo solo provato a dare parole ai pensieri.
Ma torniamo alla situazione attuale: piene le cantine dei produttori, con una vendemmia che si avvicina (manca un mese all’incirca) e problemi non solo di cash flow, ma addirittura anche di layout di spazio fisico; piene, con svuotamenti lenti, le cantine dei ristoranti. Nulla da fare: è stallo. Nel mentre, ma sembra addirittura un dettaglio, non è che i produttori vendano i loro vini ai ristoratori.
I produttori hanno bisogno di tornare a vendere i loro vini ai ristoranti
Ma a questo punto, un’altra considerazione vogliamo farla? Si scopre che durante il lockdown non sono diminuiti i consumi di vino, anzi! Come lo interpretiamo questo fenomeno? Il vino, nel suo morigerato consumo domestico, è bevanda che piace per la sua valenza edonistica. Ha alleviato le tristezze del periodo trascorso chiusi in casa, quando si pensava a cucinare e si faceva spesa alla Gdo e si scopriva che c’erano proprio quegli stessi vini che c’erano anche al ristorante. E però... che ricarichi che ci faceva il ristoratore!
E si scopre che acquistare vino online è come il Meccano n.5 di tanto tempo fa, “istruisce e nel contempo diverte”! Ci fa prendere consapevolezza dei prezzi a scaffale, ci fa scoprire tanti e tanti vini non famosi e non superbiosi e ci fa stare in morigerata allegria anche a casa. E quindi chissà se poi a lockdown finito si avrà tanta voglia di andare al ristorante, anche considerando che c’è la delivery.
Detto tutto ciò, torniamo alla sorpresa e all’amarezza. Le proposte dei vitivinicoltori vertono in prevalenza intorno alla necessità di aiuti dal Governo come defiscalizzare i costi di promozione, comprendendo anche i costi connessi alle visite che i produttori fanno ai ristoranti. Ma anche semplificare la detrazione immediata e completa delle spese che i produttori sostengono nella ristorazione. Abbassare l’aliquota Iva sul vino: si può, si dovrebbe; lo si vorrà?! E poi, prodigalmente, si suggerisce di allungare i tempi di pagamento. Il che equivale a dire, da un lato, che il cerino acceso passa all’anello a monte della filiera, posto che ciò sia possibile con i fornitori di vetro e i fornitori di sughero; e dall’altro che le banche, certo non gratuitamente, ampliano e incrementano le linee di credito. Battaglia a Bruxelles per utilizzare i fondi Ocm Promozione anche sul mercato interno: ben detto!
Ma come? E quando? Insomma palliativi vecchi, non per curare bensì soltanto per lenire i mali causati da un comportamento antico che la pandemia ha avuto la sola colpa di far deflagrare con annesso clamore mediatico. Facciamoci caso: nessun cenno all’utilizzo delle nuove tecnologie. Sintomo forte e terribile di una “non” confidenza con gli enabler, gli abilitatori di nuove pratiche di business. Se solo si sapesse mettere mano in approccio sistemico all’insieme di IoT (Internet delle cose), AI (intelligenza artificiale) e Blockchain, nel giro di un paio di vendemmie gran parte dei problemi, dalla gestione del vigneto alla comunicazione atta a stimolare la “bottiglia bevuta”, sarebbe risolta.
Due piccole proposte, entrambe con un loro difetto: sono nuove e sono “piccole” e pertanto potrebbero avere, nel loro pragmatismo, una celere fastidiosa attuazione. Cominci il ristoratore, che è oramai il ristoratore nuovo del ristorante nuovo, a dimenticare i tempi del “moltiplicato per” e ad affrontare i tempi dell’“addizionato a”. Il “+” invece del “x”. Ed il numero a destra del più, l’addendo, che sia obbligatoriamente ad una cifra! Un ricarico nell’ordine di qualche euro con un’operazione trasparenza che, oltre ad una sua encomiabile valenza etica, arreca anche un tangibile vantaggio economico nel volgere di poche settimane.
Operazione trasparenza a significare che io ristoratore, nel porgerti virtualmente la carta dei vini, a te cliente comunico anche il criterio con il quale sono addivenuto al pricing. In più ti dico che ogni bottiglia presente in carta è anche vendibile in asporto al prezzo in carta meno un paio di euro.
I vantaggi sono immediati: si vendono più bottiglie di vino, i clienti scelgono i vini adatti alle portate che giungono in tavola, e... “ma quanto è buono questo vino, poi me ne porto una bottiglia a casa ed anzi la prossima volta passo a prenderla anche se poi non mi fermo a cena”. Il ristorante diviene anche la mia enoteca.
Tra produttore e ristoratore deve esserci un rapporto di fiducia
Si dirà che i ricarichi fatti con il segno “x” dovevano anche servire a cautelare il ristoratore dall’invenduto. È vero. E allora? E allora si coinvolge il produttore, il produttore in filiera corta, gli si racconta per bene, dettagliatamente, il nuovo agire e gli si dice: “io il vino da te non lo compro”. Aspettate che gli passi lo sbigottimento e poi suadentemente gli dite: “me lo dai in conto vendita”. Gli ritorna lo sbigottimento, attendete che gli passi pure questo e gli dimostrate che è approccio “win win win”: si vince tutti, tutti e tre i player:
- I ristoratori vincono perché non costituisce più un’uscita tanto cospicua quanto ad esito incerto di rientro, la costruzione e la manutenzione evolutiva della loro cantina.
- Il cliente vince perché a fronte di una bella cena si ritrova un conto da pagare di cui la parte vino non diviene per lui la componente di “salasso”, anzi ne è contento ed è spronato a bere meglio ed a portarsi anche qualche bottiglia a casa.
- Il produttore vince perché alla fine anche lui fa maggiore sell-in, essendosi incrementato il sell-out.
Il tutto può funzionare se, e solo se, si verificano contemporaneamente due condizioni:
- La prima, intangibile quanto indispensabile, è imperniata sul rapporto fiduciario tra produttore e ristoratore.
- La seconda, alla prima saldamente correlata, è la piena trasparenza delle operazioni cantina/sala grazie all’utilizzo sapiente della tecnologia abilitante. All’istante, ci sarà un software che ingloba la gestione fisica della cantina con la sua gestione contabile, la gestione contabile con i pagamenti in automatico al produttore di quanto dovuto a fronte delle vendite effettuate. Giorno dopo giorno. Ne consegue che anche i riordini e le connesse contabili avvengono in automatico.
Meccanismo oliato, perfetto, che non genera fraintendimenti e discussioni. E se funziona?
© Riproduzione riservata
• Leggi CHECK-IN: Ristoranti, Hotel e Viaggi
• Iscriviti alle newsletter settimanali via mail |
• Abbonati alla rivista cartacea Italia a Tavola |
• Iscriviti alla newsletter su WhatsApp |
• Ricevi le principali news su Telegram |
“Italia a Tavola è da sempre in prima linea per garantire un’informazione libera e aggiornamenti puntuali sul mondo dell’enogastronomia e del turismo, promuovendo la conoscenza di tutti i suoi protagonisti attraverso l’utilizzo dei diversi media disponibili”
Alberto Lupini