Un tesserino sanitario contro il virus delle slot machine
09 maggio 2016 | 16:42
di Alberto Lupini
Le macchinette infernali “ufficiali” sono oltre 418mila (in media 3 per ogni bar italiano) e siamo terzi dopo Spagna e Germania. Ma considerando che da noi ci sono anche quelle “in nero” oltre al gioco d’azzardo gestito dalla criminalità, l’Italia potrebbe essere il più importante Stato biscazziere in Europa. E, ironia della sorte, per decenni ci siamo stracciati le vesti per non aprire dei casinò (in nome di stupide morali da baraccone), col risultato che le 4 strutture in attività sono di fatto in perdita o oggetto di scandali, mentre abbiamo perso tutto il turismo internazionale interessato alla roulette o al Black Jack.
Il risultato, devastante, è quello di un esercito di italiani alle prese con la ludopatia di qualche famigliare che dilapida stipendi, pensioni o il frutto di mance e furtarelli. Per il puro gioco in Italia si “investono” qualcosa come 105-110 miliardi di euro, di cui 88 passano attraverso lo Stato. Di tutto questo fiume di denaro una parte ritorna ovviamente ai giocatori, ma almeno 17 miliardi (non si conosce la cifra che resta alla criminalità) si dividono fra tasse (quasi 9 miliardi) e guadagno dei gestori.
Sul campo si devono però contare anche i morti e i feriti di questa guerra insensata per tentare la fortuna. I giocatori patologici sono poco più di 250mila, altri 900mila italiani sono ad alto rischio e comunque sarebbero sui 2 milioni i cittadini a rischio di dipendenza.
Da anni contestiamo gli equivoci di uno Stato che da una parte dovrebbe preoccuparsi della nostra salute e dall’altro fa il biscazziere o il gestore dei monopoli sul tabacco e sull’alcol. Condividiamo da sempre l’idea che uno Stato deve garantire a tutti anche la libertà di farsi del male, ma non è più accettabile che, nel caso del gioco, violi le regole che si dà. O meglio, che ci siano funzionari che, disattendendo totalmente le indicazioni di Ministri o Parlamento, usano grimaldelli per aprire varchi nelle reti che si dovrebbero stringere. E non è accettabile nemmeno la scusa che così si possono incassare più tasse, perché i danni sono superiori ai presunti benefici. I “drogati” delle slot machine costano al welfare e alle famiglie.
C’è poi un problema etico che riguarda molti gestori di bar. In tanti hanno rinunciato ad averle, ma i più sembrano non poterne fare a meno perché sono diventate una fonte di reddito consistente. È chiaro però che su queste basi la natura di un esercizio pubblico cambia. Anzi si snatura.
Già in passato avevamo avanzato qualche ipotesi per calmierare la situazione, e lo rifacciamo ora contando sull’attenzione di qualche parlamentare che voglia contrastare questa vergogna che riguarda l’etica prima ancora che la politica. Come si fa coi limiti imposti sul consumo di alcol, basterebbe permettere di utilizzare una slot solo dopo l’inserimento del tesserino sanitario, così da registrare le spese fatte ed oltre un limite temporale (giorno/settimana/mese) non permettere più di giocare su nessuna slot. Ma per fare questo serve un’iniziativa politica forte e responsabile. Se ci sei, Renzi, batti un colpo e non lasciare sola la Chiesa nel denunciare questa vergogna.
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Alberto Lupini