Olio o latte, quando il prezzo è qualità
16 novembre 2015 | 17:41
di Alberto Lupini
Eppure da anni non eravamo in pochi a segnalare il peso spropositato della presenza spagnola nei marchi di olio italiani, dove hanno introdotto i loro bassi standard di qualità, nonché il giochino di taroccare la produzione dopo avere ottenuto anni fa nuove norme europee che avevano eliminato alcuni test per definire difettoso un olio di oliva. Ciononostante, causa anche la crisi che ha ridotto la capacità di spesa dei consumatori, dalle istituzioni non sono mai venute iniziative coerenti e utili per far capire ai consumatori il valore di un olio extravergine autentico che, sia pure più costoso di oli che un tempo sarebbero rimasti nella categoria “lampanti”, ha indubbi vantaggi a livello di salute e a conti fatti costa in realtà di meno perché se ne usa in quantità minore.
Finché non si affronterà in modo serio il tema dell’informazione, tutti i discorsi sulla qualità in agricoltura resteranno solo chiacchiere. È in questo contesto che andrebbe inserita anche la polemica che ogni anno si ripropone sul prezzo del latte. Se vogliamo che il latte sia un prodotto di qualità alta (e anche in questo caso utile sul piano della salute) non può che essere selezionato in base alle sue caratteristiche (tipo di allevamento, alimentazione, assenza di farmaci, ecc.). Così come si fa per le uve trasformate in vino: solo le migliori possono essere pagate di più.
Per assurdo ci troviamo invece a fare i conti con chi vuole alzare il prezzo alla stalla per tutti e chi lo vuole tenere basso. E in questo confronto un ruolo determinante lo gioca Confindustria, visto che un terzo del latte prodotto in Italia finisce nelle trasformazioni dei marchi che fanno capo alla francese Lactalis.
Su questo piano si potrebbe continuare all’infinito. Pensiamo solo a chi fa le battaglie contro l’Ogm come valore assoluto e poi non dice nulla sulla diffusione di latte di soia, prodotto che equivale alla più elevata produzione di varietà Ogm.
In realtà siamo sommersi da pseudo informazioni legate all’alimentazione solo perché tv e giornali sono pieni di trasmissioni o rubriche su ricette e attività di “spadellatori” allo sbaraglio. È tempo di pensare a cose serie, a partire da rapporto cibo-salute, tracciabilità ed etichette. In caso contrario Expo 2015 sarà stato un episodio inutile (e costoso).
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Alberto Lupini