Cristobal Montoro, ministro delle Finanze spagnolo ha annunciato l'attuazione di un intervento pubblico, che causerà non pochi problemi all'olio italiano, dato che 300 milioni di litri di olio spagnolo all'anno continuerebbero ad essere venduti come italiani sfruttando i marchi storici del Made in Italy.
Per difendere il primato spagnolo sulla filiera olivicola, gli spagnoli hanno scelto un partner inglese, Cvc, ma imponendogli, secondo voci di corridoio, di rispettare l’integrità della società e quindi gli interessi nazionali.
Come riporta il Corriere della Sera, in palio c’era Deoleo, il conglomerato di produzione e commercializzazione che vende (calcoli del presidente della Coldiretti, Roberto Moncalvo) 300 milioni di litri di olio spagnolo sfruttando marchi storici del Made in Italy. L’intera società vale, secondo i suoi nuovi futuri proprietari, 439 milioni. Per un confronto, sempre lungo la linea di faglia tra le economie di Italia e Spagna, salvare l’italianità di Telecom sarebbe costato all’incirca 2,3 miliardi. Fatte le debite proporzioni, quindi, le olive restano comunque affare serio.
La Spagna - spiega ancora il Corriere - è di gran lunga il più grande produttore globale. Una volta latifondi e manovalanza, oggi cooperative e clientele politiche. La Spagna produceva e l’Italia imbottigliava. Poi è arrivata la riscossa iberica e la sbadataggine italiana. Spinte dal credito facile, le imprese iberiche hanno comperato i marchi italiani. Sfruttando il crac Ferruzzi si sono portati a casa Carapelli. Con il crac Cirio, Bertolli. Primo e quarto marchio mondiale. Grazie al mezzo miliardo di debiti di Deoleo, l’olio spagnolo non deve più lasciare il Paese nelle navi cisterna, ma in bottiglia con etichetta italiana e a prezzo pieno.
«Solo l’audacia del premier italiano - commenta Roberto Moncalvo, presidente di Coldiretti - può salvare la produzione di olio Made in Italy dall’annuncio del governo spagnolo di voler acquisire una partecipazione nel capitale del colosso della commercializzazione dell’olio, Deoleo divenuto proprietario dei marchi Sasso, Bertolli e Carapelli».
«Con l’amore per l’Italia - continua Moncalvo - si può cambiare finalmente verso; dopo che dall’inizio della crisi secondo un’analisi della Coldiretti sono passati in mani straniere marchi storici dell’agroalimentare per un valore di oltre dieci miliardi. Il cambiamento di proprietà ha significato spesso lo spostamento delle fonti di approvvigionamento della materia prima a danno dei coltivatori italiani che offrono un prodotto di più alti standard qualitativi ma anche lo svuotamento finanziario delle società acquisite, delocalizzazione della produzione, chiusura di stabilimenti e perdita di occupazione».