Non ci sono più le mezze stagioni, nemmeno in cucina. O quasi. Di sicuro il clima che cambia orienta le scelte nei nomi di piatti e menu, ma anche degli stessi ingredienti. Scelte dovute talvolta alle difficoltà di reperimento piuttosto che al prezzo delle stesse e mantenere la stagionalità dei prodotti è una sfida tanto necessaria quanto sempre più difficile.
Sostenibilità e riciclo nei menu stagionali e degustazione
La situazione è eterogenea tanto che non tutti gli chef si trovano alle prese con la medesima situazione, ma il tema ambientale è sempre più all’ordine del giorno, tra la facilità (o meno) di reperire materie prime all’attenzione agli scarti, piuttosto che implementando un circolo virtuoso, come Stefano Bartolucci di RossoDiVino a Valmontone (Rm) che in tema ambientale spiega: «Qualcosa facevamo già, ma abbiamo ampliato il discorso non solo per via della sensibilità dei clienti, ma anche per quelli che saranno i dettami della politica in ottica Agenda 2030. Ci siamo inseriti in un circolo virtuoso in cui il rifiuto diventa una risorsa e viceversa».
Il clima che cambia orienta le scelte nei nomi di piatti e menu, ma anche degli stessi ingredienti
Daniele Succi dell’i-SUITE Hotel di Rimini, poi, aggiunge: «Anche sul fronte costi, cerchiamo di utilizzare prodotti che non abbiano chissà quale rifiuto nel suo utilizzo, ma cerchiamo di poter utilizzare tutta la materia prima buona. Il rischio è di trovare sul mercato prodotti con tantissimo scarto e con una qualità non buona. Questa alternanza caldo-freddo nuoce alle piante. L’anno scorso è successo con le ciliegie, questo inverno è accaduto con le crucifere: avevano una reperibilità bassa e non erano di qualità. E sto valutando se riproporre i menu in base al cambio stagionale, ma temo che dovremo cambiarlo già prima, a inizio marzo».
Territorio e rapporto con in fornitori: i segreti dietro i menu stagionali e degustazione
Un’agevolazione viene data anche dalla posizione, come sottolinea ancora Bartolucci, anche se non basta: «Siamo un ristorante di provincia per cui è più facile reperire i prodotti di stagione direttamente dall’orto: è lì che facciamo la spesa. Più che le materie prima ad essere sparite sono le stagioni, quindi stabilire la stagionalità diventa un po’ difficile perché dall’oggi al domani possiamo trovarci senza quel prodotto su cui avevamo puntato per certi tipi di pietanze o menu, così come ci sono dei periodi in cui ci sono picchi di un determinato prodotto e cerchiamo, attraverso dei fuori menu o con primi o secondi menu, di integrarli nel nostro ordinario. Da circa un anno abbiamo adottato delle varianti sul menu più richiesti, i “sempreverde” diciamo, proponendo un primo o un secondo piatto dello chef che vanno in funzione della stagionalità».
Da sinistra gli chef Succi, Gravaglia e Bartolucci
Le condizioni ambientali sono un fattore determinante anche per Paolo Gramaglia (ristorante President di Pompei, in provincia di Napoli): «Il territorio partenopeo è ricco e ci rende tranquilli. La vocazione si sposta sulla sostenibilità, verso il vegetariano e il vegan, ma il Vesuvio, la penisola sorrentina, il Cilento…ci fanno stare tranquilli perché siamo ricchi di tante cose. Magari il cambiamento climatico ci potrà far subire una grandine all’improvviso o portarci un periodo secco, ma si tratta di corsi e ricorsi storici. Vero è, in ogni caso, che prima i nostri menu erano quattro, poi due e oggi con una periodicità diversa, di fatto mensilmente. In base alla presenza degli elementi. Il fatto di non avere nessun confine alla libertà, però, ci permette di usare sempre i prodotti settimanali o mensili a mano libera».
Luca Vissani responsabile del ristorante Casa Vissani di Baschi (Tr), aggiunge: «È giusto lavorare con prodotti locali, a km0, ma per cercare prodotti di qualità a volte è corretto, per brand importanti che rappresentano la cucina italiana a livello internazionale, guardare anche più lontano. Va detto che prima quella locale era una produzione maggiormente legata alla quantità, mentre ora c’è più qualità tanto che anche locali importanti è giusto che lavorino con prodotti locali. Nei nostri menu abbiamo cambiato qualche piccola cosa e stiamo lavorando ad un nuovo progetto che uscirà dopo Pasqua, ma siamo stati sempre legati al territorio, quindi siamo sempre riusciti a trovare ciò di cui avevamo bisogno».
Da sinistra gli chef Gilmozzi e Marchini e il Maitre Vissani
In questo contesto il rapporto con i fornitori risulta determinante. «Mi affido ad una rete di contadini trentennale - dice Alessandro Gilmozzi di El Molin (a Cavalese, in provincia di Trento) – così come ho rapporti stretti con i produttori, di selvaggina piuttosto che sul fronte della caseificazione: per questo non ho nessun tipo di problema né ripercussioni sui miei menu».
Anche Succi sottolinea l’importanza dei fornitori, anche sul fronte costi: «Utilizzare prodotti di stagione aiuta a combattere il rincaro dei prezzi, ma lavorare con lo stesso fornitore da molti anni – e a me accade ad esempio anche con l’olio da oliva – permette di avere un rapporto confidenziale che, grazie al mantenimento attivo di questo rapporto, fa sì che si possa avere un prezzo di favore».
Menu stagionali e degustazione: quanto mi costa la qualità
«Non credo che il cambiamento climatico incida sull’aumento dei costi - afferma Andrea Pasqualucci, chef del Moma di Roma -: in generale è tutto il settore ristorativo ad esserne investito dai servizi alla logistica, con aumenti che scalano sulla materia prima. Cercare prodotti di altissima qualità, che una volta si potevano comunemente trovare al mercato, ora costa di più».
Non solo retorica, ma una prassi, quella di seguire la stagionalità
In questo, in ogni caso, la stagionalità gioca ancora un ruolo importante secondo Luca Marchini chef del ristorante L’Erba del Re di Modena: «Sinceramente non ho accusato delle gran problematiche nel reperimento delle materie prime, ma sicuramente c’è stato un aumento vertiginoso dei costi che mi ha portato ad un piccolo aumento dei prezzi delle proposte, non proporzionale a quello affrontato. Non volendo scendere nella qualità della proposta per ovvi motivi, per lavorare mi oriento su certi prodotti e non su altri e la stagionalità è molto importante perché un prodotto fuori stagione chiaramente costa di più. Non credo sia solo retorica, ma una prassi, quella di seguire la stagionalità, anche se alcuni prodotti li possiamo reperire tutto l’anno anche grazie al miglioramento negli anni della produzione tramite serre».
È il mondo che cambia non solo il clima. E i menu stagionali e degustazioni
«Penso - aggiunge Pasqualucci - sicuramente che sulla difficoltà a reperire le materie prime incida il cambiamento climatico, ormai la stagionalità è sempre più relativa: ci sono alcuni prodotti tutto anno anche nei mesi più inaspettati, anche per quel che concerne il pesce a causa del riscaldamento delle acque. Ma ogni anno è a sé, basti guardare questo ultimo febbraio, tanto che non si può definire inverno. Questo ha avuto delle ripercussioni sui menu: una volta cambiavo ogni tre mesi, oggi cambio i piatti a seconda del periodo, ma in base a ciò che c’è, senza seguire la stagione in sé».
Maurizio Urso, executive chef del ristorante Datterino presso Scilla Maris Charming Suites a Noto (Sr), dice: «Io prediligo il territorio dove mi trovo e non faccio molta fatica a reperire gli elementi di cui ho bisogno, anche se su alcuni c’è difficoltà: nei formaggi selezionati ad esempio o nelle carni, essendo in Sicilia dove non ci sono grandi allevamenti bovini, ma non su frutta e ortaggi, anche se è vero che alcuni alberi sono fioriti anticipatamente con il pericolo che una gelata ci possa far perdere tutto. In ogni caso, mentre prima si creavano menu stagionali, ultimamente si è costretti a non averne più uno che copra tre o quattro mesi, ma ogni mese sono costretto a cambiare qualche piatto, a rimodulare, proprio per le difficoltà nel reperire alcuni prodotti».
Da sinistra gli chef Sorbello, Urso e Pasqualucci
«Almeno qui in Sicilia – illustra Seby Sorbello, patron del ristorante Sabir di Catania - abbiamo un cambiamento della stagionalità: tutto quello che succedeva in determinati periodi dell’anno non riesce a succedere più in quei tempi: si posticipa l’inizio dell’autunno e si anticipa quello della primavera. Oggi possiamo trovare le fragole di campo già a partire da fine febbraio/inizio marzo. E questo ci porta a spostare l’ingresso dei menu degustazione legati alla stagionalità, tanto che ormai diamo nomi che sono legati alla nostra fantasia o al nostro modo di vedere il prodotto, non più alla stagionalità. Nel concreto, se una decina d’anni fa si proponeva il menu autunnale ad ottobre, oggi è quasi ancora estate. Il menu ormai non segue più la stagione del calendario proprio a causa del cambiamento climatico e dell’innalzamento delle temperature che ci hanno costretto a stravolgere le stagionalità di uscita».
Non è solo, però, un problema di clima, come spiega Vissani: «La difficoltà nel reperimento delle materie prime non è dovuto solo al cambiamento climatico, ma anche ad altri fattori, come può essere stata l’aviaria ad esempio. Va comunque considerato che pensiamo ai prodotti agricoli come se fossero sempre gli stessi, ma non è così: non sono gli stessi di 50 anni fa, i prodotti sono cambiati già all’origine sia per un discorso climatico, ma anche di altri fattori, come ad esempio le stesse tecniche di produzione».