«I nostri giovani hanno vissuto tre anni molto difficili, legati all'emergenza pandemica e al conseguente lockdown dove si è persa molta socialità. Da parte nostra abbiamo cercato di garantire comunque lo svolgimento della didattica, con le lezioni a distanza, ma qualcosa comunque si è perso. Molti si sono lasciati andare. Purtroppo ne abbiamo visti tanti demotivati e privati della necessaria passione che ci vuole per lavorare nel settore dell'accoglienza e della ristorazione». Così Gabriella Savoldi, dirigente scolastico della Fondazione Isb, Centro di formazione professionale per alberghieri, situato a Torre Boldone, in provincia di Bergamo.
Nella scuola bergamasca studiano 400 ragazzi e durante il percorso di studi possono specializzarsi in varie professioni (cuoco, pasticcere, panettiere, sala e bar). Una volta completato il ciclo di studi hanno poi in mano un diploma di Tecnico della ristorazione.
Savoldi sta quindi toccando con mano un problema profondo e molto complesso. Per arginarlo bisognerebbe anzitutto entrare nella testa dei ragazzi e non solo.
I giovani e la ristorazione: «Vanno motivati»
Cosa è successo al settore dell'accoglienza e della ristorazione?
L'incertezza causata da questi anni della pandemia ha portato inevitabilmente molte persone a lasciare questi settori per cercare impieghi più stabili e remunerativi. D'altronde nessuno sapeva quando la situazione sarebbe tornata alla normalità. E di conseguenza adesso si fa veramente fatica a trovare personale qualificato.
Gabriella Savoldi
Cosa è successo in questi anni di pandemia a scuola?
Si è persa una socialità che ora si fa fatica a recuperare. molti ragazzi hanno perso motivazione, componente fondamentale in tutti i settori lavorativi e a maggior ragione per quello della ristorazione, dove si deve rinunciare a uscire con la ragazza a causa del lavoro. Insomma, servono motivazioni per lavorare quando gli altri riposano o si divertono. Molti preferiscono quindi cercare un impiego nella grande distribuzione, per esempio nei reparti di gastronomia, dove c'è molta richiesta, la paga è buona e gli orari di lavoro sono sicuramente diversi rispetto a chi lavora nei ristoranti.
Come si possono incentivare i giovani e ridare loro stimoli?
Probabilmente rivedere i contratti di lavoro dando ai nuovi assunti più sicurezze e tutele sarebbe sicuramente un buon incentivo. Ma allo stesso tempo il vero cambiamento deve cominciare nella testa dei nostri ragazzi. Devono capire che anche se sono usciti dalla scuola professionale con una qualifica non significa che hanno imparato questa professione. Devono continuare a mettersi in gioco. Noi abbiamo la bacheca piena di offerte di lavoro, ma se i nostri ragazzi sono motivati e durante il percorso di studi si sono impegnati, dopo le 400 ore di stage il posto lo hanno garantito già in tasca. Infatti, a differenza di un istituto superiore alberghiero una scuola professionale come la nostra ha molte più ore di laboratorio e ti permette di entrare con una maggiore esperienza pratica nel mondo del lavoro.
Cosa possono dare in più gli insegnanti in questo momento ai ragazzi?
Anche loro devono continuare a formarsi. Anche per questo abbiamo dato vita a diverse collaborazioni con le associazioni di categoria per portarle sempre più spesso a scuola. Ma non solo, formiamo continuamente anche i nostri docenti affinché siano sempre pronti a cogliere ogni più piccolo aspetto, o cambiamento del mondo del lavoro, di modo che possano sempre fornire una preparazione adeguata alle esigenze.
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