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Si riapre con distanziamento e turni Nel piatto sostanza e meno estetica

Per il RE-START del 1° giugno ormai si è capito cosa si deve fare. Ristoranti e bar devono però rivedere tutta la proposta dei menu: piatti più semplici e torna la tradizione. Con brigate meno numerose in cucina si punterà su proposte meno elaborate e da "esperienza". Ma ora servono regole per la sanificazione e le presenze.

di Alberto Lupini
direttore
 
04 maggio 2020 | 14:00

Si riapre con distanziamento e turni Nel piatto sostanza e meno estetica

Per il RE-START del 1° giugno ormai si è capito cosa si deve fare. Ristoranti e bar devono però rivedere tutta la proposta dei menu: piatti più semplici e torna la tradizione. Con brigate meno numerose in cucina si punterà su proposte meno elaborate e da "esperienza". Ma ora servono regole per la sanificazione e le presenze.

di Alberto Lupini
direttore
04 maggio 2020 | 14:00
 

Tavoli distanziati, coperti ridotti, turni, flaconcini di igienizzanti ovunque, mascherine e guanti dei camerieri. Piaccia o non piaccia, per almeno qualche mese questo sarà ciò che troveremo in tutti i ristoranti e i bar. E per chi lo può fare, già da oggi ci saranno delivery e asporto. Sfidando il parere dei tanti soloni che ci hanno magari contestato o irriso, abbiamo indicato questa prospettiva fin dai primi giorni della chiusura dei locali, proponendo (praticamente in solitudine...) le soluzioni di buon senso da adottare. Suggerimenti che ora sono contenuti nei Protocolli presentati al Governo dalla Fipe o dalle organizzazioni degli albergatori, o che sono già stati applicati da alcuni locali o catene di ristorazione. A questo punto serve però che queste procedure siano codificate in regole chiare e urgenti che permettano ai gestori di attrezzarsi con certezza per le aperture del 1° giugno.

Si riapre con distanziamento e turni Nel piatto sostanza e meno estetica

Già, perché finché lo scrive Italia a Tavola o lo si mette in Protocolli sindacali, è un conto. Ma per evitare sanzioni o interpretazioni fantasiose da parte di una burocrazia che sta uccidendo il Paese, il Governo deve dire subito cosa si deve fare per aprire in sicurezza un pubblico esercizio, evitando rischi e preoccupazioni per gestori e clientela. E ne è testimonianza la lettera aperta del milanese Bistrot Majestic, che annuncia che non aprirà fino a quando non conoscerà le norme che dovrà rispettare: nero su bianco. E d’altra parte dobbiamo dire con forza che di DPCM non ne vogliamo più sapere. Né di autocertificazioni o, peggio, raccomandazioni da parte di chi, come la task force di Colao, nemmeno sa come funziona un ristorante.

Si riapre con distanziamento e turni Nel piatto sostanza e meno estetica

Le nostre sono sempre state comunque solo considerazioni di buon senso, basate anche sull’esperienza di quanto già fatto in Asia e su ciò che si era deciso in Italia per le altre attività di servizio o produzione. Un modo per surrogare la totale assenza dello Stato in questa materia. Ma ora la parola deve essere solo dello Stato.

Ed è sempre al buon senso, che in questo caso non prevede poi la convalida in decreti di Governo o regioni, che ci rifacciamo invece adesso per aprire un altro tema ugualmente centrale per la ripartenza: il menu. Coi ristoranti chiusi, molti cuochi e ristoratori si sono posti il problema di cosa proporre dopo il RE-START. Fra distanziamento obbligatorio (in cucina come in sala) e la necessità di lavorare su più turni per compensare la riduzione dei coperti, nelle cucine ci potranno stare meno persone contemporaneamente. Ciò significa che per molte brigate ci dovrà essere più attenzione alla sostanza e un po’ meno all’estetica. Il che non vuol dire ad esempio abbandonare il food design, ma magari convertirlo dalla ricerca finalizzata allo stupore, alla valorizzazione di piatti un po’ più semplici e magari tradizionali.

Si riapre con distanziamento e turni Nel piatto sostanza e meno estetica

Se nei primi mesi il cliente sceglierà un locale più per le certezze in termini di igiene e sanificazione (come ha acutamente sottolineato Umberto Montano del Mercato centrale), vuol dire che al tavolo si potrà fare a meno di alcune esasperate “esperienze”. E nella certezza di una buona cucina, il consumatore medio probabilmente se ne fregherà del tutto delle indicazioni della guida Michelin o di quelle del suo infido compagno di merende TripAdvisor. Più che le forchette o i pallini, a guidare la scelta su un’insegna oppure un'altra potrebbe essere il sapere che in un locale, invece che in un altro (ripeto di pari livello gastronomico), ci sono le porte con apertura automatica o i water ad igienizzazione ad ogni uso.

In queste condizioni la concorrenza la si farà probabilmente su altri binari rispetto a ciò a cui ha sempre badato la critica. In cucina serviranno meno istrioni o "artisti", ma più artigiani coi piedi per terra in cucina. Certe lavorazioni, come l’uso di tecniche troppo elaborate per tempo e personale occorrente, saranno abbandonate a favore di preparazioni più semplici, con meno ingredienti ma più salutari. E qui a fare vincere la sfida sarà l’utilizzo delle migliori materie prime. Meno fermentati, meno sifoni, meno spumette od omologanti cotture a bassa temperatura. A imporsi potrebbe essere una cucina più autentica per territorio, dove la carta vincente sarà l’utilizzo delle tecnologie innovative per rendere contemporanei piatti che nascono dalla tradizione. Che è poi l'indicazione del Manifesto della nuova cucina italiana proposto nei giorni scorsi da Fic e Fipe.

In queste condizioni andrà rivisto anche tutto il concetto del ristorante stellato. Salvo che per alcuni casi davvero al top, difficilmente potrà riproporsi quello che ci ricordiamo. Per obiettive ragioni di costi, il futuro sarà profondamente diverso. E molti ristoranti gourmet, stellati o comunque segnalati sulle guide, si troveranno in concorrenza con una ristorazione media o con le trattorie di qualità che questa cucina già la propongono e che, magari se gestite da famiglie, hanno anche la fortuna di avere spazi ampi e meno angusti dei tanti locali fighetti che sono diventati di moda negli ultimi tempi. Celebrati da certa critica, ma nella sostanza più tollerati per obblighi sociali che amati dai clienti...

Ciò che conterà davvero, anche in vista di una ripresa del turismo, è che la bussola - al di à delle incertezze dei primi mesi - resti saldamente fissa ad indicare lo stile dell’accoglienza italiana che fa parte della nostra cultura e della nostra immagine nel mondo. L’Italia a Tavola è forte nel mondo per questa sua riconoscibilità. Non ci possiamo rinunciare. E non sarà certo il Covid-19 a cancellarla.



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