Alla fine
la Michelin salva almeno in parte la faccia
celebrando Enrico Bartolini come il cuoco italiano più stellato di sempre (siamo a quota 8, con la terza al Mudec, che riporta a Milano il più ambito riconoscimento per un ristorante) e
facendo salire a 374 i locali che in Italia hanno almeno una stella. Tutti ristoranti sulla cui qualità si può convenire senza problemi. Ma per il resto ci sarebbe solo da stendere un velo pietoso sui limiti con cui il gruppo di “fotografi” che stilano queste classifiche (la definizione è di Marco Do, direttore comunicazione del gruppo che vende pneumatici…) interpreta la Cucina italiana e le sue ricchezze. A pesare come un macigno sulla credibilità ormai incrinata della “Rossa” è ancora una volta l’esclusione dei pizzaioli, che pure sono oggi
Patrimonio immateriale dell’Umanità tutelato dall’Unesco. L’espressione più corretta è in verità quella di “vergogna”, allineandoci in questo a quanto
ha giustamente gridato Gianfranco Vissani, uno dei più grandi cuochi italiani, a cui è stata tolta una delle due stelle da tempo detenute. Così come è una vergogna l’uguale trattamento riservato a Luisa Valazza, un tempo apprezzata tristellata, quello nei confronti della cucina tradizionale rivisitata in chiave moderna di
Gentian Shehi, insieme alla consultant Valeria Piccini, o la cancellazione della stella a Giancarlo Morelli, fra i protagonisti più creativi della cucina lombarda. Questo per citare solo alcuni esempi su cui non possiamo non esprimere dissenso.
Dalla Michelin ancora nessun riconoscimento ai pizzaioli
Ma finché parliamo di stelle date o tolte a cuochi o ristoranti, è una questione che attiene all’assoluta libertà di valutazione e critica di chiunque. Stupisce semmai che alla fine non ci sia un guizzo di originalità e di ricerca vera: tutti i nomi saliti sul palcoscenico del teatro di Piacenza erano in fondo noti, apprezzati e “segnalati” da tempo dalla stampa italiana. Come dire che la Michelin ha perso un po’ il ruolo di esploratore e il sex appeal di un tempo, tanto che come una vecchia signora gradisce rifugiarsi nei templi della Lirica, non proprio i luoghi della contemporaneità, per cercare di autocelebrarsi coi fasti del nostro passato artistico. Un tempo le scelte della “Rossa” bene o male segnavano il passo. Ora sono solo certificazioni, parziali e incomplete, di ciò che altri (stampa e in parte blogger e altre guide) indicano come esempi di valore. Il tutto mantenendo la finzione dell’anonimato degli ispettori, in realtà conosciuti personalmente da molti cuochi…
Il punto vero su cui non si può fare alcuna concessione è peraltro
il perdurante veto alle stelle per i pizzaioli che negli ultimi anni hanno saputo valorizzare al massimo quello che da sempre è il piatto più conosciuto della Cucina italiana.
Si tratta di un’autentica vergogna dovuta alla chiara scelta politica “francese” di cercare in qualche modo di calmierare il mercato dell’offerta enogastronomica mondiale, dove la cucina italiana è oggi la più seguita. Verrebbe poi da chiedersi perché la Michelin abbia assegnato da tempo una stella a una pizzeria ad Hong Kong, ma non “apre” a una pizzeria in Italia, patria della pizza… La risposta è più semplice del previsto. Vista oggi l’indiscussa qualità di molte pizzerie in Italia, autentici locali per gourmand, a partire dal maestro Franco Pepe, la “Rossa” si troverebbe costretta ad assegnare un elevatissimo numero di stelle facendo superare la Francia dall’Italia. Per i cugini francesi non ci sono molte riserve da mettere in campo, da noi i candidati sarebbero innumerevoli.
Eppure di “aperture” discutibili la Michelin ne ha fatte molte negli anni. Pensiamo alla pioggia di stelle che ogni anno cade sul Giappone, dove sono segnalati anche con due stelle sushi bar che non hanno sommelier o maitre e dove si serve al massimo una decina di persone al bancone. Per non parlare delle stelle per locali Ramen, di cucina di strada, che certamente non possono avere più contenuto delle nostre pizze. Per non dire del rigore con cui i locali italiani superano prove per le quali in Francia molti locali sarebbero bocciati, a partire da sicurezza ed igiene…
Ora arrabbiarsi è inutile. Poiché la Michelin esprime valutazioni che portano a frequentare un locale invece che un altro (ma è pur sempre un venditore di pneumatici), ai ristoratori e ai pizzaioli delusi, come ai tanti buongustai italiani che amano la nostra Cucina, resterebbe pur sempre la libertà di fare valutazioni commerciali e… fare quindi attenzione a quando devono comprare le gomme per le proprie vetture. Le alternative che si possono trovare dai “gommisti italiani” sono tante.
#vergognamichelin