L’ondata eccezionale di maltempo che sta caratterizzando questo inizio d’anno, in particolare al Sud del Paese, potrebbe costare al sistema agricolo nazionale ben oltre il miliardo di euro. La breve tregua al freddo non ha portato alcun sollievo e in queste ore nei campi si torna largamente a temperature sotto lo zero. Agricoltura “di pieno campo” dimezzata se non azzerata in molte zone del meridione, migliaia di capi di bestiame ammalati o deceduti a causa del gelo e ancora tante difficoltà nei trasporti.
Anche nelle serre, dove le strutture stanno reggendo e non sono crollate sotto il peso della neve, si produce ma a costi energetici molto alti. Questa la fotografia scattata dalla Cia - Confederazione italiana agricoltori che sta monitorando, attraverso le proprie strutture territoriali, l’evolversi della situazione nei campi.
Nei territori già devastati dal sisma la situazione è allo stremo. Si registrano vendite/svendite “last minute” di bestiame per evitare che si perda l’intero investimento affrontato dall’azienda. Uno scenario desolante con pochi ripari provvisori messi a disposizione di chi ha perso la stalla. Ora a preoccupare, oltre all’emergenza di questa fase, è come le piante da frutta reagiranno ai picchi di freddo. C’è il rischio concreto di “un’onda lunga” che inciderà pesantemente sulle produzioni primaverili.
Per questo si chiede alle istituzioni di intervenire con rapidità ed efficienza per evitare il “default” nei campi. Trovando strumenti commisurati all’entità dei danni che si stanno sommando. La Cia della Puglia, una delle regioni più colpite dal maltempo, ha suggerito, per lo stanziamento di risorse straordinarie, una deroga all’articolo 5 del decreto legislativo 102/2004 (Fondo di solidarietà nazionale per le calamità naturali) sugli eventi assicurabili. Tanto più che le perdite su ulivo, vite e agrumi vanno calcolate tenendo conto che si ripercuoteranno per i prossimi quattro anni.
La Cia ricorda che solo nel quinquennio 2007/2012, tra gelate e siccità, l’agricoltura subì un danno di oltre 6 miliardi di euro, che venne indennizzata solo in minima parte dai fondi di solidarietà nazionale.