Sorgono nuove incongruenze sul caso della società riminese “Web Reputation by Mediafashion”, che sostiene di essere l’unica autorizzata a cancellare (a pagamento) recensioni da TripAdvisor. In seguito al servizio pubblicato ieri da Italia a Tavola, contenente registrazioni telefoniche in cui la società asserisce di essere addirittura affiliata al portale del Gufo, il Corriere della sera ha pubblicato oggi un’intervista ad uno dei consulenti di Mediafashion (di cui, peraltro, non viene nemmeno esplicitato il nome... il che apre ulteriori dubbi).
«Lavoriamo con un ufficio legale negli Stati Uniti», spiega il consulente. «TripAdvisor dispone di uno statuto interno di 34 articoli che disciplina la loro politica. L’importante è dimostrare che la recensione negativa da cancellare viola uno degli articoli».
Affermazioni che entrano in netta contrapposizione con quanto ha affermato il ceo di TripAdvisor, Steve Kaufer, in una lettera inviata ai titolari di esercizi pubblici: «Siamo consapevoli che alcune persone - scrive - presentandosi spesso come dipendenti di normali imprese, contattano i proprietari delle strutture nel tentativo di richiedere denaro. Tali soggetti promettono di poter manipolare le classifiche di TripAdvisor e di altre piattaforme di recensioni online tramite l’invio di recensioni positive e la rimozione di quelle negative. Qualcuno si spinge persino oltre, dichiarando di intrattenere una partnership diretta con TripAdvisor. Questi gruppi sono conosciuti come “società di ottimizzazione” e le pratiche da esse utilizzate entrano in netta contrapposizione con lo spirito e con i termini di utilizzo del nostro portale, sono immorali e spesso illegali».
«Nessuna società di ottimizzazione - prosegue Kaufer - è, e mai sarà, affiliata di TripAdvisor». Inoltre, «il nostro team responsabile per l’integrità dei contenuti si impegna a fondo per garantire parità di condizioni per tutte le strutture su TripAdvisor, in modo che competano esclusivamente in base ai servizi offerti ai viaggiatori».
E queste non sono le uniche contraddizioni tra la presunta società e il ceo del portale americano. Il consulente di Mediafashion, sempre nell’intervista riportata dal Corriere, garantisce inoltre «una ragionevole certezza» del risultato grazie alle maglie larghe del regolamento delle recensioni, dove ad esempio - sostiene - si legge che TripAdvisor «non accetta testi che contengono tag HTML, un numero eccessivo di parole scritte in lettere maiuscole, espressioni dialettali, problemi di formattazione, testo ripetuto più volte».
Peccato che di questo regolamento non vi sia traccia da nessuna parte... Le disposizioni e condizioni d’uso fornite da TripAdvisor sono pubblicate qui: www.tripadvisor.it/pages/terms.html. Non c’è alcun riferimento a “testi che contengono tag HTML, un numero eccessivo di parole scritte in lettere maiuscole, espressioni dialettali, problemi di formattazione, testo ripetuto più volte”.
Ma se anche fosse attendibile quanto afferma Mediafashion, e davvero esistesse questo regolamento, perché bisogna pagare un terzo per segnalare problemi che dovrebbero essere recepiti in automatico come tali da TripAdvisor prima della pubblicazione di qualsiasi recensione?
Non si capisce quindi chi dei due stia mentendo. E si tratta di menzogne molto gravi perché, come sempre, a rimetterci sono prima di tutto i gestori di strutture ricettive, vittime, da un lato, di recensori che protetti dall’anonimato infangano la reputazione di un locale facendogli perdere clientela e guadagni; dall’altro, di persone disoneste che organizzano ad hoc truffe come quelle più volte denunciate da Italia a Tavola: società che contattano i gestori di locali e dichiarano di poter cancellare, a pagamento, recensioni negative; oppure società che dichiarano di poter inserire, a pagamento, recensioni positive per far salire il locale nelle graduatorie di TripAdvisor, e così via.
Nella speranza che TripAdvisor prenda una posizione più netta e metta in atto dei provvedimenti per tutelare gli esercenti, ribadiamo con forza la domanda: chi sta mentendo? La società Mediafashion o il ceo di TripAdvisor? Il sospetto è che mentano tutti e due...