Visitare le città d’arte è un diritto. Ma c’è il dovere di tutelare luoghi di cultura o paesaggi e renderne fattibile la fruizione. Sulla sicurezza nei centri storici non può esserci più spazio per ambiguità e polemiche.
Chissà se ai no global piace che i turisti si debbano comportare come animali (facendo i loro bisogni per strada perché non ci sono servizi igienici disponibili). O magari la loro
protesta contro i tornelli a Venezia è sotto sotto incentivata da quei commercianti ai quali non va bene che si deviino i visitatori su percorsi che non toccano i loro negozi di paccottiglia e souvenir made in China. Sta di fatto che di fronte alla prima iniziativa del Comune per cercare di limitare le invasioni dei barbari che rendono in alcuni giorni invivibile una visita nei luoghi della Serenissima, certe contestazioni (con annesse volenze) non si giustificano proprio.
foto: ilmessaggero.it
Visitare città d’arte (o piccole isole) è un diritto. Ma c’è anche il dovere di
tutelare luoghi d’arte o paesaggi e renderne fattibile la fruizione. In uno stadio ci si può pigiare per qualche megaconcerto, ma entro i limiti massimi di sicurezza. Lo stesso non può non avvenire anche nei centri storici, soprattutto in momenti come questi dove dementi o terroristi possono scatenare massacri semplicemente con qualche mortaretto buttato fra la folla. Il disastro di piazza San Carlo a Torino ne è un esempio, e
non è che in piazza San Marco ci sia meno assembramento nei giorni che il Sindaco definisce da “bollino nero”. Per non parlare del fatto che a Venezia ci si fa male nel salire o scendere dai vaporetti per la troppa ressa.
Un dato è certo: nonostante le paure di attentati, italiani e stranieri scelgono per fortuna di viaggiare nella Penisola. Ma più crescono i flussi, più si raggiungono livelli di guardia con picchi di presenze insostenibili in alcune località. Più volte abbiamo ricordato come il turismo sia un fenomeno complesso, che contiene molte motivazioni, ma che spesso è legato anche a fattori di mode, tendenze o in genere ignoranza di alternative. Ciò spiega ad esempio la polarizzazione sui centri storici (da Venezia a Firenze) che regolarmente mettono in crisi sistemi di ricezione e trasporto, per non parlare di vandalismi e sporcizia. Ma ciò avviene anche in zone più famose per l’ambiente, con i noti problemi di inacessibilità o semplice movimento come a Capri o alle Cinque Terre.
Da tempo si discute come risolvere il problema e dare prospettive nuove al turismo. Anche di questo dovrebbero discutere i politici che stanno inutilmente cercando di fare un Governo. La scelta dei tornelli a Venezia (che servono solo a scegliere percorsi meno affollati...) può essere discutibile e magari da cancellare. Ma se qualcuno ritiene che i no global hanno ragione lo deve dire subito. Queste situazioni richiedono prese di posizioni nette e chiarimenti di fondo.
Sulla sicurezza dei/nei centri storici non ci può essere più spazio per ambiguità e polemiche assurde. Tentare di regolare gli eccessi di affluenza (coi pericoli che ne derivano) non è come tentare di avere più turisti. Su questo ci si può confrontare e avere progetti diversi. È quanto avviene ad esempio a Como, altro esempio di come la politica del turismo richieda chiarimenti e interventi decisi. Nella città lombarda ci si accapiglia su un caso paradossale: se sia giusto o meno che un ente pubblico paghi un format televisivo (quello di Sky dei
“4 Ristoranti” con conduttore Alessandro Borghese) che promuovendo dei locali dovrebbe attirare dei turisti in città. Su questo ci si può confrontare e si può discutere se l’interesse dei locali in competizione (col vincitore che incrementa sempre le prenotazioni) coincida con quello della comunità. E su queste basi valutare se i costi di partecipazione li debbano pagare i singoli ristoratori coinvolti o la Camera di commercio. Decidere cosa fare è importante, ma in ogni caso non si deciderebbero lì le sorti del turismo italiano. Aspettare che un giorno qualcuno spacchi qualche statua della basilica di San Marco nascosto fra la folla, o che qualcuno cada in un canale perché spinto da mandrie di barbari al galoppo, sarebbe invece un atto gravissimo di cui solo una politica miope sarebbe responsabile.