TripAdvisor inizia a mostrare segni di debolezza, e costringerlo a rimuovere recensioni infamanti non è più fantascienza. Per averne conferma basta ripercorrere l’iter di una battaglia legale che si è conclusa lo scorso marzo e che ha visto uno storico ristorante veneziano, il Do Forni, fare causa a TripAdvisor chiedendo la rimozione di una recensione negativa, ritenuta diffamatoria e offensiva.
Il colosso americano, a seguito dell’ordinanza cautelare del Tribunale di Venezia, è stato obbligato a rimuovere immediatamente il commento. La causa sarebbe dovuta continuare fino a raggiungere una sentenza che avrebbe accertato un eventuale danno all’immagine, ma a quel punto TripAdvisor ha chiesto un accordo, che è stato accettato, e ha dovuto rimborsare al ristoratore le spese legali. Per questo motivo non c’è stata una condanna finale: TripAdvisor ha voluto evitarla, riconoscendo così implicitamente di essere nel torto e ammettendo la propria responsabilità per il mancato controllo delle recensioni.
Si è trattato del primo caso in Italia in cui il giudice ha obbligato il portale americano a rimuovere una recensione, mentre a Parigi e Londra, tra il 2011 e il 2012, c’erano già state sentenze contro TripAdvisor per pratiche sleali e ingannevoli e false recensioni (negli Stati Uniti, invece, i giudici hanno più volte respinto accuse analoghe, dando importanza al principio secondo il quale TripAdvisor è un semplice aggregatore di opinioni e quindi non è responsabile dei contenuti).
Il Tribunale di Venezia ha dato dunque ragione al titolare del locale, assistito da due giovani avvocatesse, Anna Paola Klinger e Marianna De Giudici. Il giudice ha ritenuto TripAdvisor responsabile di omesso controllo. Una recensione negativa dell’utente “mangiafuoco59” (dal titolo “Evitare”) è apparsa nell’ottobre 2014 ed è stata subito segnalata al portale, che ha provveduto a rimuoverla. Ma solo due giorni dopo la recensione è riapparsa: TripAdvisor è stato giudicato quindi responsabile di non aver vigilato affinché quanto era stato tolto non tornasse online.
Nella recensione c’erano varie affermazioni offensive, come: «Ho trovato persino uno scarafaggio nella pasta che poi mi è stata “per sbaglio” anche addebitata in conto». Il punto, spiega Anna Paola Klinger, non è il diritto di critica, bensì la diffamazione, e la linea rossa che separa la critica dalla diffamazione è l’attacco personale. La recensione di “mangiafuoco59”, infatti, cominciava con le parole: «Sporchi, cari e maleducati, specie il proprietario», per poi proseguire con toni pesantemente offensivi. Il giudice ha dunque ritenuto il commento diffamatorio, obbligando il portale a rimuoverlo.
Il giudice inoltre ha ritenuto la recensione non veritiera per tre motivi: l’utente è anonimo; c’è un errore di battitura presente sia nella prima, sia nella seconda versione, il che non fa ritenere che sia stata scritta nel sito, ma in un file conservato; l’utente prima fa capire di esser stato nel locale una sola volta, ma poi, parlando delle mance ai camerieri, sembra che conoscesse il locale a fondo («Solo se i camerieri vi conoscono e sanno che riceveranno una buona mancia allora eviteranno di lasciare i vostri piatti a freddarsi sulla mensola della cucina e di farvi attendere ore per mangiare»).
Foto del ristorante Do Forni di Venezia
Un caso, questo, che si aggiunge ad un numero sempre più grande di segnalazioni da parte di ristoratori e albergatori, ma anche ad alcuni casi che hanno creato molto scalpore come quello del ristorante inventato a Moniga del Garda (balzato in testa alla classifica con 10 recensioni false) e quello dell’hotel “fantasma” a Chiavari (chiuso da anni, ha ricevuto alcune recensioni false grazie alle quali ha scalato la classifica fino a raggiungere il primo posto). Casi che hanno dimostrato concretamente la totale mancanza di controlli da parte di TripAdvisor, sia sulle recensioni (e quindi sui giudizi che generano le classifiche) sia sull’autenticità dei locali.
Negli ultimi anni Italia a Tavola ha dato spazio alle proteste degli esercenti, spesso vittime anche di frodi e ricatti, fino a lanciare un paio di mesi fa una vera e propria campagna contro le false recensioni e le classifiche truccate, #NoTripAdvisor, che ha già registrato decine e decine di adesioni e che a Verona e a Genova ha visto la partecipazione dei vertici di Confcommercio. Un modo per rifiutare un sistema di recensioni inattendibile e privo di qualsiasi controllo, e per comunicare ai propri clienti che in quel locale non si comprano “pallini verdi” e giudizi positivi.
Per aderire alla campagna e ricevere gratuitamente la vetrofania #NoTripAdvisor CLICCA QUI e compila il form; invia poi foto e video all’indirizzo notripadvisor@italiaatavola.net per testimoniare la tua presa di posizione.