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Senza "ponti" danni al turismo E ai ristoranti in città chi ci pensa?

Per le associazioni turistiche l’addio ai ponti causerà un danno da 6 miliardi di euro. Matteo Scibilia, ristoratore e presidente dei Cuochi di Lombardia, in una lettera a Italia a Tavola chiede che le istituzioni pensino anche ai ristoranti di città, che durante i ponti restano senza clienti

25 agosto 2011 | 10:46
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Senza "ponti" danni al turismo E ai ristoranti in città chi ci pensa?

Per le associazioni turistiche l’addio ai ponti causerà un danno da 6 miliardi di euro. Matteo Scibilia, ristoratore e presidente dei Cuochi di Lombardia, in una lettera a Italia a Tavola chiede che le istituzioni pensino anche ai ristoranti di città, che durante i ponti restano senza clienti

25 agosto 2011 | 10:46
 

La manovra finanziaria, con l'abolizione dei ponti del 25 aprile, 1° maggio e 2 giugno, punta ad aumentare la produttività, ma penalizza fortemente gli operatori turistici. Infatti accorpare le festività laiche alla domenica farà perdere agli operatori turistici oltre 6 miliardi di fatturato. Ne sono convinte le categorie del turismo di Confesercenti, Federturismo-Confindustria e Federalberghi che lanciano un grido di allarme al Governo e propongono un'apertura alla discussione. Ma Matteo Scibilia, ristoratore e presidente del Consorzio Cuochi di Lombardia, in una lettera al direttore di Italia a Tavola, chiede che le istituzioni si preoccupino anche dei ristoranti di città, che durante i lunghi ponti, restano senza clienti.

                                                                                    
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Caro direttore Alberto Lupini,
leggo sul Sole 24 ore del 18 agosto a pagina 19, l'articolo 'Turismo contro il taglio dei ponti” con dichiarazioni di Claudio Albonetti di Assoturismo-Confesercenti e di Renzo Iorio di Federturismo-Confindustria e il giorno 22 sempre sul Sole 24 ore e sullo stesso argomento con dichiarazioni di Fipe, e del suo presidente Lino Stoppani.
 
Si parla sempre più spesso di turismo, ma con mille contraddizioni, confermate dagli articoli del Sole 24 ore, quasi esistesse un turismo solo da weekend o da ponti, manca una strategia dell'insieme, per esempio noi delle città durante i ponti cosa facciamo dovremmo chiudere?

Gli studi di Fipe prevedono 4-5 miliardi di perdita da parte del turismo in caso di cancellazione dei
'ponti”,  ma qualcuno ha studiato la perdita delle attività di città quando i ponti invece si fanno?
L'ultimo ponte di quest'anno, il 2 giugno, giovedì, una perdita di lavoro colossale, 4 giorni di vuoto nei ristoranti di città. Ma i ristoranti non li difende nessuno.
 
Resto sempre perplesso quando invece la categoria degli albergatori protesta. Anche in questo caso, Bernabò Bocca a capo di Federalberghi difende la sua categoria, un colpo basso definisce la manovra del governo. Ma gli alberghi quanti contributi hanno preso in questi ultimi anni? Quante spa o piscine sono state realizzate con i contributi pubblici? Quante ristrutturazioni sono state effettuate quasi gratis? Noi ristoratori non sappiamo neanche di cosa si tratta! Certo ora la Brambilla vuole premiare i cuochi, niente rispetto a quello che il paese dovrebbe riconoscere al settore.

Tra l'altro, caro direttore, desidero anche rimarcare un'altra grande anomalia, spesso non rilevata anche da chi studia il turismo: mentre il ristorante, il bar, la pizzeria, la gelateria, sono inseriti nel territorio e lo fanno vivere, come spesso ricorda anche il presidente Carlo Sangalli, l'albergo invece è sempre più un'isola autosufficiente, in teoria il cliente potrebbe non uscire mai dall'albergo, senza nulla dare al contesto cittadino. L'albergo rischia di non essere una risorsa per il territorio, basti pensare allo sforzo economico che stanno facendo per acquisire chef famosi, magari il ristorante è una perdita ma il gioco di stringere a se il cliente vale lo sforzo, con il risultato che una volta un ristorante nei dintorni di un albergo lavorava perché lo stesso non offriva il servizio di ristorazione, oggi, questo viene sempre meno. Basti pensare al caso milanese degli alberghi nati intorno al polo fieristico di Rho che hanno tolto lavoro agli alberghi cittadini, ma soprattutto ai ristoranti della città.

L'analisi descritta da Albonetti e Iorio è condivisibile nella quasi totalità, nel nostro paese il turismo pur generando il 10% del Pil e qualche milione di addetti non è un granché considerato, lo dimostra anche il comportamento del ministro Michela Vittoria Brambilla che continua a emettere e promettere provvedimenti con una scarsa efficacia sul settore! Anzi, se penso alla sbandierata possibilità di un fondo di oltre tre miliardi di euro per aiutare il turismo e di cui non si sa niente, senza dimenticare il famoso decreto su Turismo di cui si sono perse le tracce, che include la malsana idea di allargare la 'somministrazione del cibo” a nuove categorie saltando le normali procedure,  vien da chiedersi qual è il confine tra la realtà e la fantasia.

Anche la proposta delle aperture o degli orari continuati sono fantastiche idee, se non fosse che per risollevare il Paese, viene chiesto ancora una volta uno sforzo alle piccole e medie aziende. Per dare un servizio migliore al Paese vien chiesto uno sforzo aziendale maggiore, già ora, se molti centri delle nostre cittadine sono fruibili e dignitosamente arredate lo si deve ai bar e ai pubblici esercizi che pagano tasse di occupazione di suolo pubblico non indifferenti e spesso debbono combattere con uffici comunali non proprio coscienti del servizio che il settore offre. Per esempio, la sera le nostre insegne illuminate sono un aiuto alla sicurezza.

Ma mi chiedo, il nostro comparto ha un costo del lavoro, il più alto in Europa, come potremo affrontare tale situazione? Come potremo ampliare gli orari e aumentare i costi? Le piccole aziende fanno fatica a utilizzare gli ammortizzatori che ad altri comparti sono concessi facilmente, le piccole aziende del commercio non sono aiutate dal sistema bancario e onestamente anche poco anche dai Confidi di categoria, le piccole aziende sono terrorizzate da un fisco/equitalia sempre più avido e rapace.

Il rischio in realtà è di una dequalificazione dell'offerta, il nostro sistema si sta sempre più svuotando di quella grande e meravigliosa capacità dei nostri imprenditori di rinnovarsi e di affrontare le difficoltà. La solitudine imprenditoriale è invece la realtà.
 
Eppure, se consideriamo per turismo l'insieme delle bellezze naturali, della ricchezza culturale e artistica, dell' immensa qualità dell'enogastronomia, dei fantastici alberghi, ecco, se tutto questo venisse trattato come una risorsa del Paese, l'Italia sarebbe un posto dove bisognerebbe prenotare per entrarci.

Invece ogni istituzione va per i fatti suoi. I Comuni, le Provincie, le Regioni, i Ministeri, con una Enit in fase di riorganizzazione, con gli assessori del Turismo che vivono e organizzano il turismo locale senza una visione più ampia del loro piccolo territorio, bravi magari a organizzare sagre fasulle e magari non ci sono strade, parcheggi e accoglienza per ricevere i turisti, in realtà mancano anche i cartelli stradali.  

Il ministro del Turismo dovrebbe fare da coordinamento tra le varie categorie e cercare di valorizzare l'insieme della nostra offerta. Magari, superando gelosie politiche, dovrebbe collegarsi al ministro dell'Agricoltura e dei Beni Culturali per avviare progetti che valorizzino i tre comparti che hanno molti aspetti in comune.

Il turismo come senso dell'eccellenza dell'ospitalità, il turismo come cultura a cominciare dalla cultura della Cucina italiana e quindi con un occhio attento alla nostra agricoltura.

Per questo chiedo, e chiediamo, che le istituzioni, il Governo, cerchino velocemente di dare un aiuto al Turismo tutto, e anche alla ristorazione, vera colonna portante del Turismo italiano.

Matteo Scibilia
Presidente Consorzio Cuochi di Lombardia


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