Dalle trattorie ai locali stellati, dai centri storici italiani alle località del turismo internazionale o del business, in più di settecento ristoranti italiani nel mondo e in un numero incalcolabile in Italia, l'ola delle tagliatelle alla bolognese è stata un grande successo. Dopo l'avvio dato a New York in occasione della due giorni della Cucina italiana insieme ai nuovi tre stelle italiani, i fratelli Chicco e Bobo Cerea, al cuoco dell'anno, Gianfelice Guerini, e al guru della ristorazione del nord America, Mario Batali, ancora una volta il Gruppo virtuale dei cuochi italiani nel mondo (Gvci), guidato da Mario Caramella e Rosario Scarpato è riuscito a polarizzare l'attenzione di cuochi, consumatori e stampa attorno a un evento che aveva lo scopo di valorizzazione la tradizione dell'Italia a tavola, facendo di fatto supplenza alle istituzioni.
Mentre a livello politico si sprecano le iniziative che dovrebbero promuovere la nostra cultura e il Made in Italy a tavola, senza finora alcun risultato apprezzabile (ma con costi incalcolabili), dai cuochi è venuta ancora una volta una lezione di stile che fa ben sperare sulla capacità del settore di andare avanti nonostante il vuoto o, peggio, gli ostacoli che vengono da politici, spesso indifferenti quando non sono incompetenti. Pensiamo solo ai demenziali annunci della sottosegretario Francesca Martini sui divieti di utilizzo di additivi in cucina, a cui non ha fatto seguito un solo documento ufficiale, ma solo un imbarazzante silenzio che fa più rumore di una sonora pernacchia...
E così, senza roboanti progetti affidati a commissioni blasonate ma inefficaci, dalla ristorazione è venuta una bellissima risposta che la dice lunga sul valore della nostra cultura culinaria che, in Italia e mondo, ha più che mai bisogno di simboli forti e di unità d'azione. Certo si può anche discutere se in tutto il mondo è possibile, o meno, trovare gli ingredienti esatti per la pasta o il ragù che rappresentano la tradizione emiliana all'estero. Ma tra il lasciare che gli spaghetti alla bolognese finiscano ingloriosamente in barattolo o proporli fatti in casa, anche se con qualche piccola variante, è un segno di ricchezza e vitalità che solo qualche purista all'eccesso può fare finta di non vedere.
Come se non bastasse, questa giornata ha visto direttamente in campo alcuni dei più grandi nomi della ristorazione italiana (per tutti, anche Gualtiero Marchesi), uniti dall'obiettivo di rivalutare lo stile italiano a tavola e combattere concretamente contro i troppi taroccamenti dei nostri cibi. Non poteva esserci una risposta più puntuale anche rispetto alle polemiche sulle nuove tendenze della cucina che fra piatti molecolari e destrutturati rischiavano di snaturare l'essenza vera dello stare a tavola italiano.
E questo fa emergere in maniera ancora più triste la scivolata di stile della sottosegretario Martini che, in perfetta solitudine, aveva deciso di fissare le regole di cosa si può fare o meno in cucina. Non già badando agli aspetti legati alla salute dei cittadini, come sarebbe stato suo dovere di fare, ma solo per cercare qualche facile applauso mediatico in nome della demagogia più spicciola garantita dalla ribalta di 'Striscia la notizia”. I cuochi, a partire da quelli del Gvci, le hanno dimostrato che l'identità culturale di un Paese la si difende coi piedi ben saldi a terra e valorizzando anche le ricette tradizionali, senza per questo dover vietare tecniche o ricerche nuove. Non a caso le tagliatelle alla bolognese, anche se magari non sono presenti abitualmente nei menu, domenica 17 gennaio figuravano nelle proposte di molti dei ristoranti innovativi che non piacciono alla Martini... Come dire che per tutti i cuochi, tradizionali o innovatori che siano in cucina, c'è uno stesso modo di sentire e di intendere le regole di un lavoro che in ogni caso è sempre all'insegna della creatività, ogni giorno.
Alberto Lupini
alberto.lupini@italiaatavola.net
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