Se l’Expo di Milano nasce con grandi propositi in merito all’intero settore dell’alimentazione e ai problemi ad esso connessi, come la malnutrizione e la fame nel mondo, è anche vero che la buona riuscita di questo importante evento dipende in gran parte dalla sua credibilità. Purtroppo però a soli tre giorni dall’apertura di Expo sono numerose le mancanze che gettano nello sconforto i più scettici e deludono i fiduciosi.
I lavori dell’auditorium di Palazzo Italia non sono ancora terminati e all’interno dello stesso Palazzo non è ancora pronto il ristorante Peck, e per questo motivo la cena ufficiale è stata fatta con catering esterno. Non è esente da critiche nemmeno Eataly, che serve il cibo (in piatti di plastica) al piano terra, ma permette di consumarlo solo al primo piano, e per ordinare le bevande è necessario fare un'altra coda.
Ansia e preoccupazione per il crollo di una placca metallica della struttura esterna del padiglione Turchia, che è caduta colpendo una donna, trasportata subito in ospedale, fortunatamente in condizioni non gravi.
Preoccupano i ritardi nell’apertura di alcuni cluster, come quello del Cacao, dove la porta del Camerun resta chiusa e degli altri spazi non c’è segno di vita; solo il Ghana è aperto e accessibile. Resta chiuso anche il cluster delle Spezie, completamente sigillato ad esclusione dell’Afghanistan. In attesa di essere avviato anche il cluster Frutta e Legumi, mentre a giorni aprirà quello del Riso. Ancora chiuse le porte di Benin, Gambia, Guinea Equatoriale, Repubblica del Congo, Zambia, Capo Verde, Comore, Madagascar e molti altri.
Tante le motivazioni avanzate per giustificare questi “inconvenienti”: difficoltà logistiche, mancato arrivo degli arredi espositivi, poco tempo per l'allestimento dello spazio, merce ferma in aeroporto e problemi in dogana; resta solo da chiedersi se siano spiegazioni lecite quando si tratta di un evento di fama mondiale a cui si sta lavorando da anni.