I
differenti punti di vista sulla normativa introdotta, tra Coldiretti e il ministero delle Politiche agricole da una parte e
Aidepi - Associazione delle industrie del dolce e della pasta italiane dall'altra, rimangono evidenti.
Inquadriamo la situazione, cominciando dal commento rilasciato dal Ministro: «Proteggere il Made in Italy - afferma
Maurizio Martina - significa puntare sulla massima trasparenza delle informazioni in etichetta ai cittadini. Per questo abbiamo voluto con forza sperimentare l'obbligo di indicare espressamente sulle confezioni di pasta e riso il luogo di coltivazione. Un'informazione utile ai consumatori per poter scegliere in maniera informata e consapevole. Uno strumento necessario anche per valorizzare e tutelare il lavoro dei nostri produttori».
Coldiretti dal canto suo ha spinto energicamente verso questa svolta, nell'ottica di un vero e proprio patto di fiducia con i consumatori. «Grano 100% made in Italy - ha detto il presidente di Coldiretti Marche
Tommaso Di Sante - e per questo sinonimo di produzioni di qualità, di filiera corta e di tutela del consumatore che da oggi, grazie all'etichettatura obbligatoria, avrà una garanzia in più all'atto dell'acquisto».
Il
Pasta Day di Roma sarà l'occasione per imparare a leggere le nuove informazioni e fare "scelte di acquisto più consapevoli" grazie ad un provvedimento - riporta la Coldiretti Marche - atto a fermare le speculazioni e a garantire maggior trasparenza nel commercio a tutela delle aziende agricole e dei cittadini.
Dall'altra parte, ci sono però i pastai, che nonostante si siano detti scettici in passato appena la normativa è stata approvata, sono ora
pronti: «Ci siamo già adeguati a questo regolamento nazionale - ha detto
Riccardo Felicetti, presidente dei pastai di Aidepi - come sempre fatto per ogni normativa che interessa ai nostri associati, arrivando anche in anticipo rispetto alla data prevista, tanto che pacchi di pasta con la nuova etichetta sono già presenti in scaffale da alcune settimane».
Riccardo Felicetti, Maurizio Martina e Roberto Moncalvo
Nonostante la responsabilità di cui indubbiamente si è fatta carico l'associazione, Felicetti non nasconde il suo pensiero e storce il naso ancora oggi: «Da questo momento in avanti i consumatori avranno modo di verificare che dietro ottime marche di pasta a volte ci sono semole ricavate da grani duri italiani e altre volte, invece, semole che utilizzano anche ottimi grani duri stranieri. Perché
la qualità non conosce frontiere. Non bisogna infatti confondere l'origine con la qualità del prodotto: tutto il grano che utilizziamo per la pasta italiana, per bontà, sicurezza e tracciabilità, è il migliore del mondo».
Come se non bastasse, oltre al rischio di «
confusione nella percezione del consumatore», come ha più volte ricordato Felicetti, l'etichetta promossa dal Ministero avrà vita breve: «Quest'etichetta sarà presto superata dal Regolamento Ue sull'origine degli alimenti, che arriverà quest'estate e cambierà nuovamente le carte in tavola. Noi pastai saremo costretti a riadeguare nuovamente l'etichetta e il consumatore troverà questa informazione scritta in modo differente».
foto: Il Cittadino di Recanati
Smorzato quindi l'entusiasmo di Coldiretti, Felicetti propone una diversa soluzione per garantire il futuro della filiera della pasta, perché la sola indicazione in etichetta dell'origine del grano non basta per superare il gap strutturale, quantitativo e qualitativo che impone agli industriali della pasta di importare una quota (in media il 30%) del grano necessario per fare il loro prodotto.
«Per incrementare la disponibilità di grano duro nazionale di qualità e prodotto in modo sostenibile in linea con le esigenze dell’industria molitoria e della pasta la strada giusta sono infatti i contratti di filiera, che diversi protagonisti del mondo grano-pasta hanno già intrapreso: in questo modo si garantisce ai pastai un grano adeguato e agli agricoltori un reddito certo, commisurato all’impegno profuso e alle specifiche condizioni ambientali e climatiche, garantendo al contempo una protezione dalle fluttuazioni del mercato».
Le nuove etichetteGrano e pastaIl decreto grano/pasta prevede che le confezioni di pasta secca prodotte in Italia dovranno avere obbligatoriamente indicate in etichetta le seguenti diciture:
- Paese di coltivazione del grano: nome del Paese nel quale il grano viene coltivato;
- Paese di molitura: nome del Paese in cui il grano è stato macinato.
Se queste fasi avvengono nel territorio di più Paesi possono essere utilizzate, a seconda della provenienza, le seguenti diciture: Paesi Ue, Paesi Non Ue, Paesi Ue e Non Ue;
Se il grano duro è coltivato almeno per il 50% in un solo Paese, come ad esempio l'Italia, si potrà usare la dicitura: "Italia e altri Paesi Ue e/o non Ue".
RisoIl provvedimento prevede che sull'etichetta del riso devono essere indicati:
- Paese di coltivazione del riso;
- Paese di lavorazione;
- Paese di confezionamento.
Se le tre fasi avvengono nello stesso Paese è possibile utilizzare la dicitura "Origine del riso: Italia".
Anche per il riso, se queste fasi avvengono nel territorio di più Paesi possono essere utilizzate, a seconda della provenienza, le seguenti diciture: Paesi Ue, Paesi Non Ue, Paesi Ue e Non Ue.
Le indicazioni sull'origine dovranno essere apposte in etichetta in un punto evidente e nello stesso campo visivo in modo da essere facilmente riconoscibili, chiaramente leggibili ed indelebili.
I decreti restano in vigore fino alla piena attuazione dell'articolo 26, paragrafo 3, del regolamento (UE) n. 1169/2011 che prevede i casi in cui debba essere indicato il paese d'origine o il luogo di provenienza dell'ingrediente primario utilizzato nella preparazione degli alimenti, subordinandone l'applicazione all'adozione di atti di esecuzione da parte della Commissione, che ad oggi non sono stati ancora emanati.
La pasta italiana negli UsaMentre i differenti pareri attorno all'etichetta di origine del grano e del riso continuano a contendersi nel giorno del festeggiamento per la pasta italiana, Confcooperative rende noti i dati dell'export della pasta made in Italy negli Usa: un pacco su tre sul suolo americano è tricolore, il che significa, secondo Euromonitor, vendite annuali pari a 2,9 miliardi di dollari. Oggi gli Stati Uniti, secondo gli ultimi dati diffusi da Ismea, rappresentano uno dei mercati di riferimento per la pasta made in Italy, con una quota pari al 12% di tutte le vendite di pasta italiana all’estero. Complessivamente dal 2012 al 2016 le esportazioni negli Stati Uniti hanno registrato una crescita del + 39%.