Dopo l'ok di Bruxelles all'obbligo di indicare in etichetta l'origine per i prodotti lattiero-caseari, si riparte con la filiera grano-pasta. Il ministero delle Politiche agricole ha infatti inviato a Bruxelles, per la prima verifica, lo schema di decreto che introduce l’obbligo di indicare in etichetta l’area o il Paese in cui il grano viene coltivato e macinato.
Secondo il ministro delle Politiche agricole Maurizio Martina siamo di fronte a «Un passo storico - dichiara - credo che con l'anno prossimo riusciremo a definire completamente questo passo, puntando alla massima trasparenza delle informazioni al consumatore», e Coldiretti si pone a fianco delle considerazioni del Ministro plaudendo ai diritti.
Riccardo Felicetti
Le voci di pastai e produttori italiani sono invece ben diverse. Chiaro e tondo il
“no” del gruppo Barilla e di Aidepi (Associazione delle industrie del dolce e della pasta italiane): «Il provvedimento non è sinonimo di qualità e non incentiverebbe gli agricoltori italiani a produrre grano secondo gli standard richiesti dai pastai, compromettendo la filiera».
Per capirne di più abbiamo richiesto il parere di
Riccardo Felicetti, presidente di Aidepi e ceo del
Pastificio Felicetti.
Presidente, il Ministro Martina plaude alla trasparenza insieme a Coldiretti. Sarà davvero così o esiste il rischio di confondere invece che informare?La pasta di grano duro è da sempre prodotta con una miscela di grani diversi per avere più proteine e più glutine, affinché la pasta abbia più tenacia. L'Italia non ha mai prodotto sufficienti quantitativi di grano per soddisfare ciò che il mercato richiede. La dipendenza da grano duro proveniente dall'estero era del 70% ai primi del ‘900 oggi siamo scesi al 30%. Il 2016 ha dato un raccolto ampio ma di qualità inferiore, dunque è necessario miscelare il grano per avere qualità e standard adeguati.
Ma la trasparenza è uno strumento di chiarezza verso il consumatore...Anche noi siamo d'accordo ad una maggiore trasparenza, ma deve essere reale. Il solo dichiarare la materia prima consentirebbe a qualcuno di definire italiano quello che non lo è. Le racconto una storiella.
Prego...Primo esempio. Lei ha bisogno di dieci uova. Io ne metto sul tavolo dodici e lei può tranquillamente scegliere le dieci che preferisce. Secondo esempio. Lei ha bisogno di dieci uova. Io ne metto sul tavolo sette e dico al mondo intero che dovunque lei andrà a scegliere le tre mancanti saranno sicuramente brutte, cattive e poco sicure. Ecco ciò che sta accadendo è il secondo caso.
Si riferisce a Coldiretti che con il presidente Moncalvo parla di smascherare l'inganno del grano estero spacciato per italiano?Non mi sento né uno spacciatore né un truffatore, ma ci rendiamo conto? Lavoriamo da secoli dando pasta eccellente a generazioni di italiani. È una posizione demagogica sommata a una dannosa corrente di pensiero che demonizza il prodotto estero come cattivo, velenoso, non controllato. Questo lo rifiuto categoricamente è orribile. Non si può continuare a fare solo propaganda senza informare davvero sulle condizioni del mercato.
Intende che la domanda e l'offerta dettano le condizioni?Ai pastai italiani piacerebbe poter vendere solo pasta fatta con grano italiano, a tutti piacerebbe, ma non c'è n'è abbastanza con le qualità e gli standard che sono necessari. È il mercato che decide la domanda di pasta secca e dunque quanto grano sia necessario. I pastifici si rivolgono all'estero per fare i volumi e avere la qualità, e sottolineo la parola qualità. Tutto questo lo decide il mercato non il Ministro né la Coldiretti.
Ma il decreto potrebbe portare beneficio ai consumatori?La qualità non cambia e il consumatore non ha alcun vantaggio che già non possieda. Questo decreto non si prefigge alcun fine di ricerca della qualità, non fa migliorare l'agricoltura, non fa migliorare il prodotto. Il nostro obiettivo è sempre il miglioramento della qualità, ci lavoriamo ogni giorno, ma nel decreto non c'è nulla di tutto ciò. Ne abbiamo parlato per un anno al tavolo interministeriale e poi qualcuno ha seguito solo Coldiretti alla ricerca di facile propaganda. Una volta che il consumatore leggerà Ue o non Ue sull'origine del grano cosa avrà capito? Che nuova informazione dovrebbe avere? Teniamo presente che la macinazione, passaggio fondamentale della filiera di produzione, avviene in Italia perché siamo i più bravi mugnai del mondo.
Quindi la qualità del grano di altri Paesi può dirsi adeguata?Vede, sulla nostra pasta Felicetti è scritta l'origine dei monovarietali come Monograno o la linea bio. Ma se il kamut viene dal Canada, non ho alcun dubbio a scriverlo, anzi sono orgoglioso di farlo perché è stato scelto sulla base della qualità. Inoltre la qualità è data dalla garanzia della miscela. Quando i numeri di produzione sono molto ampi la miscela può essere modificata a seconda delle esigenze di ciascun lotto di produzione, dunque dovremmo cambiare la dicitura in etichetta per ciascun lotto? Davvero un altissimo tasso di confusione nel consumatore. Ci mettano a disposizione tanto grano italiano e lo utilizzeremo tutto.
Il ministero delle Politiche agricole cosa dovrebbe fare per contribuire concretamente?Il Ministero provveda affinché migliorino le pratiche agricole, con pratiche agronomiche più attente, scegliendo specie varietali più adatte e stoccaggi e conservazioni che aiutino a migliorare il prodotto è quindi a migliorare la produzione. Anche se la coperta agricola è corta perché lo spazio è quello che è. Le sole regioni canadesi di Alberta e Manitoba hanno più spazio coltivabile di tutto quello del nostro Paese. Il nostro è oltretutto collinare in buona parte. Infine se il mercato non remunera il prodotto ma si lamenta del costo finale, è difficile portare avanti la coltivazione di piccole produzioni.
In sintesi un decreto che porterebbe confusione e problemi alla filiera produttiva…È così, si è deciso di non affrontare il tema come sistema, ma di agire per decreto. Un decreto che non tiene conto della reale situazione e che costringerà ciascuno ad adattarsi. Modalità all'italiana con un risultato pratico nullo. Il rischio è che nel momento dell'approvazione, 130 pastifici italiani si trovino fuori legge.
Eppure la pasta ci rende famosi nel mondo…Appunto, gli spaghetti devono cuocere dieci minuti a gennaio come ad agosto, per questo le miscele devono essere standard, per garantire la qualità della pasta e questo dipende dal grano e dal manico del pastaio. Bisogna imparare queste cose e non urlare alla truffa del grano. Invito tutti a visitare un mulino e un pastificio per capire la filiera produttiva e dimostrerò che la produzione e il decreto non hanno nulla a che fare l’una con l’altro.