Whisky a tavola? Ecco come si può abbinare
L’abbinamento whisky-salato funziona alla grande, come dimostrato nel corso della serata organizzata dall’importatore-distributore Rinaldi 1957 che ha presentato gli whisky Arran, Lagg e Raasay
Isole e isolotti che circondano la Scozia galleggiano nel nostro immaginario col loro panorama di montagne e vallate, cascate e sorgenti, boschi, laghi e castelli. L’isola di Arran, tra Irlanda del Nord e Scozia nel mezzo del North Channel, si raggiunge con un viaggio di due ore da Glasgow cui fa seguito una traversata in traghetto di cinquanta minuti, accompagnata dal panorama di cui sopra, tipicamente scozzese: per questo viene chiamata affettuosamente dai locali “la Scozia in miniatura”. In questa narrazione nordica non può mancare il whisky, da inquadrarsi un po’ al di là dell’ordinario dopocena o dopopranzo all’italiana: e sì, perché l’idea di mettere in tavola la bottiglia di distillato accanto alle pietanze ci è ancora estranea, qui nel Belpaese, visto che le nostre radici affondano nell’enologia. Ciò non toglie che l’abbinamento whisky-salato funzioni alla grande, come abbiamo visto nel corso della serata organizzata dall’importatore-distributore Rinaldi 1957 e da Whisky Club Italia al Prima (Oblio - the secret bar) di Milano, zona Navigli.
Whisky a tavola? Si può fare
Il pairing si basava su quattro portate: un cannolo salato con mousse di chevre, lampone, nocciole tostate; una pinsa al padellino guarnita da salmone affumicato e crème fraîche al lime; un filetto di “Black Angus” con composta di cipolla rossa; e per finire una degustazione di formaggi (Parmigiano Reggiano 36 mesi, Blu di bufala, Bastardo del grappa).
La storia del whisky Arran
Il marchio Arran ha, come al solito, una storia da raccontare: brevissima, se si considera che il whisky si produce da almeno sei secoli. Harold Currie, fondatore della società ed ex direttore generale di Chivas Brothers, un pioniere nel campo del whisky, si prese la responsabilità di aprire una distilleria 26 anni fa, quando la domanda era in calo e la situazione di mercato molto complicata. L’impianto è ubicato in Lochranza, sul versante nord dell’isola, nei pressi di una delle fonti d’acqua più pure dell’intera Scozia, Loch na Davie. L’acqua arriva direttamente in distilleria, pronta per essere utilizzata senza filtrazioni o correzioni.
L’assaggio del whisky Lagg
Gli affari vanno bene, evidentemente, visto che nel 2019 si aggiunge alla prima distilleria anche quella di Lagg, nella parte meridionale dell’isola: la maturazione dei primi batch risale all’anno scorso, e sono ora disponibili in Italia, grazie all’opera di selezione e marketing di Rinaldi 1957, i nuovi attesissimi imbottigliamenti.
Come Lagg Single Malt Kilmory, che matura al 100% in botti ex-Bourbon di primo utilizzo, per poi essere imbottigliato a 46% vol. senza filtrazione a freddo né aggiunta di coloranti. Fortemente torbato (50 ppm), certo, ma solo in teoria: al naso non rivela note preponderanti di affumicato, sebbene le annunci con vigore. In bocca la torba si combina con la vaniglia del legno e rimane estremamente piacevole, per lasciare spazio a miele, frutta gialla e pepe nero: un equilibrio così ben studiato è sempre da apprezzare, specie se messo a confronto con certi tizzoni da caminetto offerti come distillati, che ti lasciano il palato semiparalizzato: e non capita di rado.
Passando ora all’ambra del Lagg Single Malt Corriecravie, apprendiamo che il whisky viene fatto maturare inizialmente in botti ex-Bourbon per poi affinarsi per sei mesi in botti Hogsheads ex-Sherry Oloroso; è infine imbottigliato a 55% vol. senza filtrazione a freddo né aggiunta di coloranti. Siamo di fronte a quella che è considerata l’espressione moderna, contemporanea, di moda del soggetto in analisi: il gusto è complesso, le rotondità si mettono in pari con le asperità, si può piacevolmente giocare a riconoscere quante spezie e quanti tipi di frutta si riescano a catalogare. Al naso la torba è davvero leggera, come il chiodo di garofano e la noce moscata: signorilità, nessuno che sgomiti per imporsi agli altri/altre, questo lo stile. In bocca il legno di sherry dà il suo contributo, e vai con la ciliegia, frutti di bosco in sottofondo, anche nocciola. Consistenza: oleosa, e non è una sorpresa. Finemente oleosa, ad evitare fraintendimenti. L’aroma di pasticceria e l’atmosfera natalizia da assaporare grazie a questa categoria di prodotto, chiamiamola “new millennium whisky”, sono già diventati un classico: vediamo per quanto tempo resteranno un classico. In abbinamento con il filetto di “Black Angus” il Corriecravie tiene ottimamente la barra dritta, ma accompagnerebbe degnamente pure i pasticcini alla mandorla e perfino i lievitati delle feste, perché no.
Il single malt dell’isola di Raasay
Abbiamo lasciato in ultimo l’isola di Raasay, e il suo single malt perché meritava un distinguo, come minimo per far risaltare l’ambientazione: questa specie di grande scoglio si trova più a nord dell’isola di Arran, nelle Ebridi interne, è popolato da 161 abitanti, pionieri che sfidano il vento, ed è noto al mondo non per il whisky ma per il fascino selvaggio e l’accentuata biodiversità. Il suo Raasay Single Malt proviene da una miscela di malto torbato e non torbato invecchiati per minimo 3 anni in una combinazione di botti di primo utilizzo ex rye whiskey, ex-barriques di vino rosso Bordeaux e botti vergini di rovere Chinkapin. Alla fine del periodo di maturazione il single malt torbato è stato unito a quello non torbato e imbottigliato al 46,4% vol., al colore naturale, in una ragguardevole bottiglia di vetro lavorato. Ci troviamo il solito fumo ma con sfumature di cenere; in bocca si esalta la mineralità, un tocco di caramello salato e qualche nota di spezie piccanti, nonché pepe nero. Sua compagna, la pinsa al salmone: che ringrazia, perché qualcosa di meno educato la avrebbe annichilita.
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Alberto Lupini