Il ministro Giancarlo Giorgetti, a cui tocca fare quadrare i conti sempre più traballanti del Paese, ora si è inventato una nuova tassa sul vino che in Italia non si può nemmeno produrre. Parliamo del vino dealcolato (senza o con poco contenuto di alcool) che sta spopolando in molti Paesi (dagli Usa alla Gran Bretagna alla Germania) di cui da noi è vietata la produzione, ma non la vendita… Con un colpo d’ingegno che sembra dovuto alla necessità di raschiare il fondo del barile (espressione in questo caso non solo letterale) per trovare qualche spicciolo in più per garantire promesse elettorali irrealizzabili, al ministero dell’Economia si sono in pratica inventati una nuova accisa per le cantine che dovessero produrre vino a ridotto contenuto alcolico. Peccato che per fare questo tipo di produzione servono norme che Francesco Lollobrigida, ministro dell’Agricoltura e della sovranità alimentare non ha ancora messo nero su bianco.
Nella bozza del decreto accise, presentato dal ministero dell'Economia e delle finanze (Mef), si mira in particolare a regolamentare anche la produzione di vino dealcolato: l'articolo 33-ter stabilisce che i produttori, per poter ridurre il contenuto alcolico del vino, debbano operare in regime di deposito fiscale e sottoporre l'alcol etilico ottenuto al pagamento delle accise. Ciò ha ovviamente scatenato la reazione contraria del mondo del vino italiano. Inoltre, dovrebbe essere l'Agenzia delle Dogane e dei Monopoli a supervisionare l'operazione, richiedendo che l'alcol venga raccolto in recipienti sigillati e monitorati, equiparando di fatto le cantine a distillerie e dimenticando forse che altre normative impongono una netta separazione anche “fisica” fra le cantine e le distillerie.
Per le cantine si blocca la possibilità di aprire nuovi mercati
Sulla base di questa bozza, Paolo Castelletti, segretario generale dell'Unione italiana vini (Uiv), è sceso subito in campo esprimendo la sua profonda preoccupazione per questa trovata, definendo il decreto «una beffa». Castelletti sottolinea come le nuove disposizioni, tra limiti produttivi e l'introduzione di un pesante carico burocratico, finiranno per «scoraggiare ogni investimento in questo innovativo business», compromettendo la nascita di una vera filiera italiana dei vini dealcolati. Secondo Castelletti, questo approccio non solo azzererebbe i potenziali nuovi investimenti, ma peggiorerebbe anche la competitività del vino italiano sul mercato internazionale. «Il Mef non otterrebbe alcun ricavo, e l'Italia perderebbe competitività», ha affermato.
Il segretario dell’Uiv ha inoltre lamentato il fatto che il ministero dell'Agricoltura fosse vicino a finalizzare un decreto alternativo, frutto di una concertazione con il settore enologico. Questo decreto avrebbe escluso i vini dealcolati dal regime delle accise, applicandosi solo ai vini generici e non a quelli Dop e Igt. Tale regolamento sarebbe stato accolto con favore dal comparto vinicolo, in quanto avrebbe incentivato lo sviluppo della produzione di vini dealcolati senza gravare ulteriormente sulle aziende con nuovi costi e burocrazia.
Giorgetti da una mano a Lollobrigida e Coldiretti e ai contrari al vino dealcolato?
E qui va forse osservato che, vista la più volte dichiarata ostilità del ministro Lollobrogida e di Coldiretti verso il vino dealcolato, non è forse da escludere che Giorgietti si sia mosso in anticipo per tagliare le gambe a ogni progetto delle cantine italiane di fare fronte alla crescente domanda dei mercati internazionali. Un modo “politico” per fornire magari un alibi di non poco conto al collega di Governo Lollobrigida e a tutti i “sovranisti” che vogliono che il vino rimanga solo nella versione che conosciamo.
E fin qui non ci sarebbe molto da sorprendersi visto come il Governo Meloni si è mosso finora per quanto riguarda le questioni alimentari, assumendo posizioni contrarie (legittime) a innovazioni come gli insetti, la carne coltivata o il richiamo a nomi di carne (tipo bistecca) per prodotti a base vegetale. Scelte che spesso hanno incontrato l’opposizione dei produttori e si sono scontrate con gli orientamenti del resto dell’Europa.
I produttori di vino (Uiv) sperano in un ripensamento
Sta di fatto che Castelletti e l’Uiv sperano che ci possa essere un confronto tra il ministero dell'Agricoltura e il Mef, nella speranza che si possa trovare una soluzione che non penalizzi un settore in crescita e che potenzialmente potrebbe rappresentare una nuova frontiera per il Made in Italy, visto che in ballo non c’è la garanzia di mantenere l’attuale qualità del vino noti da sempre, ma di aprire nuovi mercati.
La normativa proposta dal Mef rischia, infatti, di soffocare sul nascere la produzione di vini dealcolati in Italia, limitando le opportunità di sviluppo per le cantine italiane e ponendo il Paese in una posizione svantaggiata rispetto ai concorrenti esteri.
La domanda di vino dealcolato cresce sui mercati occidentali
Ma vediamo nel concreto i danni che potrebbero essere causati da questa trovata del Governo. Queste nuove tasse e l’assenza di norme sulla produzione rischiamo di mettere fuori gioco le cantine italiane rispetto a un segmento di mercato in grande ascesa soprattutto all’estero. Secondo i dati dell’Osservatorio Uiv su base Nielsen-IQ, in controtendenza rispetto al vino convenzionale i vini dealcolati hanno chiuso il semestre di Usa, Regno Unito e Germania con un valore complessivo di 79 milioni di euro (+16%). Con un incremento negli Usa (che rappresentano il 50% della domanda totale) del 35%.
Parliamo di una nicchia di mercato, piccola, ma che potrebbe crescere, e nella quale in Italia operano solo pochi produttori (come l’altoatesino Martin Foradori, Hofstätter, che ne produce 100mila bottiglie, ma in Germania) mentre Francia e Spagna sono, ad esempio, attivi da tempo. E la conferma è giunta nei giorni scorsi quando il colosso del lusso francese Lvmh (con marchi di Champagne come Moet Chandon, Dom Perignon, Krug e Veuve Clicquot) ha siglato una partnership con French Bloom per produrre spumanti analcolici di pregio venduti anche a 100 euro a bottiglia. Su queste basi il fatto che il Prosecco abbia superato per vendite negli Usa lo Champagne potrebbe presto rivelarsi una vittoria di Pirro se i francesi dovessero contrattaccare con bollicine no alcool… e noi no.
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Deacolare il vino non è come distillare la grappa. Martin Foradori (Hofstätter): in Germania, senza licenze, facciamo una distillazione sottovuoto
Al di là di aspetti tecnici che non si capiscono rispetto a come fare la dealcolazione del vino, c’è una bella differenza fra produrre, ad esempio, una grappa o del Cognac partendo da un alcool di qualità (in generale fra i 90 o i 100 gradi), sottoposto ad accise in Italia ma non in altri Paesi, e sottrarre invece dal vino al massimo alcuni gradi. Quel che si ottiene non è, infatti, un alcool di grande valore.
Martin Foradori ci spiega che in Germania lui produce vino dealcolato con una distillazione sottovuoto, ma l’alcol ricavato non ha un grande mercato perché di alcool c’è saturazione ovunque. In più, «in Germania non serva alcuna licenza per dealcolare il vino e sull’acool ricavato c’è un’accise di 13,69 euro per litro, ma solo se questo prodotto viene venduto. In Italia – aggiunge – temo ci sia una volontà fra politici e mondo agricolo di opporsi a questa attività, non facendo gli interessi dei viticoltori. Troppo spesso si dimentica che non è il ministro o le associazioni di settore a spostare gli equilibri, ma il mercato. Ed è al mercato che dobbiamo guardare e adeguarci».
Massimo Romani (Argea): Non possiamo andare avanti così
E il mercato, sono i dati a confermarlo, guarda ai vini con poco o nullo alcool, soprattutto nella fascia più giovane. Per questo fra i produttori c’era un po’ di speranza su norme chiare e meno restrittive. Basti ricordare che era già stata contestata una bozza del ministero dell’Agricoltura in cui si indicava che la dealcolazione dovesse avvenire in distillerie autorizzate, mentre come detto in Germania, Francia o Spagna non ci sono vincoli.
«Non possiamo andare avanti così – aveva recentemente dichiarato a Il Sole 24Ore Massimo Romani, Ceo di Argea (primo gruppo privato del vino in Italia con di 450 miloni di fatturato). Noi abbiamo lanciato una linea di 8 etichette dealcolate che dobbiamo produrre in Germania. Scontiamo troppe rigidità mentre i nostri concorrenti corrono e stanno occupando spazi su un mercato sul quale più si va avanti, più sarà difficile recuperare posizioni. Vogliamo investire su questo settore e i nostri stabilimenti sono pronti ma senza un chiarimento normativo non andremo avanti. Stiamo tutti perdendo una importante occasione».
Queste le disposizioni previste dal decreto di Giorgetti
In attesa di capire cosa farà il ministro Lollobrigida, vediamo ora cosa prevede la nuova normativa contestata dai produttori.
Al comma 1, si dice, che “l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli può autorizzare i soggetti produttori di vino, che operano in regime di deposito fiscale, ad effettuare trattamenti del vino finalizzati esclusivamente a ridurne il titolo alcolometrico. L’autorizzazione è concessa ricorrendo le condizioni stabilite nel decreto di cui al comma 4 e purché il quantitativo annuo di alcole etilico, che si ritiene possa essere ottenuto a seguito dei predetti trattamenti, sia non superiore a 50 ettolitri di alcole anidro”.
Al comma 2, si specifica poi che “l’alcole etilico ottenuto a seguito delle lavorazioni di cui al comma 1 è sottoposto ad accisa”. Che “nei depositi in cui il soggetto è autorizzato a effettuare i trattamenti di cui al comma 1, l’alcole etilico ottenuto a seguito dei medesimi trattamenti è raccolto in un recipiente collettore, sigillato dall’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, posto in diretta e stabile comunicazione con gli impianti in cui avvengono i trattamenti; nei medesimi depositi sono predisposte idonee attrezzature per la determinazione dei quantitativi di vino destinati a subire i trattamenti di cui al comma 1 e per l’accertamento diretto dell’alcole etilico ottenuto”.
E per concludere, il comma 4 prevede che “con decreto del Ministro dell’Economia e delle Finanze sono stabilite le modalità attuative delle disposizioni di cui al presente articolo con particolare riguardo alle condizioni per il rilascio dell’autorizzazione ad effettuare i trattamenti di cui al comma 1 e alle modalità dei trattamenti e a quelle di contabilizzazione dell’alcole etilico ottenuto dal vino”.
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Alberto Lupini
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