Villamagna Doc, il vino abruzzese di nicchia che nasce tra montagna e mare
I sei produttori (Piandimare, Cantina sociale di Villamagna, Cascina del colle, Torre Zambra, Valle Martello e Palazzo Battaglini) hanno presentato questa Doc al ristorante stellato di Claudio Sadler a Casa Baglioni Milano
Villamagna non è un toponimo presente nella hit parade enologica italiana o internazionale. Ma potrebbe entrarci, presto o tardi: qualche segnale di ottimismo è arrivato dritto dritto dal prestigioso ristorante dello chef stellato Claudio Sadler, a Milano nell’hotel “Casa Baglioni”, poco distante dalla pinacoteca di Brera. La degustazione di Villamagna Doc che vi ha avuto luogo ha messo in luce un potenziale di tutto rispetto. Il disciplinare della denominazione precisa che questo vino rosso deve derivare al 95%, come minimo, dal vitigno Montepulciano, e il restante 5% da altre uve a bacca rossa, purché idonee alla coltivazione in Abruzzo.
Nasce in un “microterritorio”
Il territorio d’origine è la provincia di Chieti, e precisamente il contesto comunale di Villamagna, Bucchianico e Vacri. Un microterritorio: solo 85 ettari di terreni sabbiosi-argillosi e calcareo-marnosi. I primi, che hanno spessore variabile a seconda della pendenza e dell’esposizione, apportano al vino sensazioni olfattive complesse, morbidezza e longevità; ai secondi si deve l’intensità del colore. Ci troviamo a metà strada tra il massiccio della Maiella e il mare Adriatico, con altitudini collinari medio-basse e un microclima caratterizzato dalla buona ventilazione quotidiana in direzione est-ovest e dalla notevole escursione termica, sia tra le stagioni sia tra giorno e notte.
Qualche altro dettaglio tecnico ci arriva da Francesco D’Onofrio, titolare dell’azienda Palazzo Battaglini, aderente al disciplinare: «In Abruzzo il Montepulciano, il Trebbiano e il Cerasuolo sono le tre Doc principali, quanto a produzione enologica: con il nostro Villamagna abbiamo voluto creare un prodotto di nicchia che in qualche modo si distinguesse come una specie di evoluzione del Montepulciano. Le versioni sono due, base e riserva: abbiamo cercato di abbassare le rese (non più di 120 quintali per ettaro) e di prolungare gli affinamenti, sia in legno, sia in cemento; il titolo alcolometrico minimo è 13% per il base e 13,5% per la riserva».
La denominazione nata 12 anni fa
La denominazione d’origine Villamagna ha solo dodici anni, ma nella corrispondente zona agricola sono numerose le testimonianze storiche della presenza della vite e del vino. Lo Statuto di Villamagna, del 1511, offre preziosi spunti d’informazione sulle caratteristiche del paesaggio e delle colture agrarie praticate all’epoca. La specificità era il canneto, che garantiva un prezioso sostegno alla vite, così come i casi di viti maritate all’acero e ad altre piante. Gli storici mettono in rilievo che in Abruzzo il Montepulciano, da alcuni considerato autoctono e da altri ritenuto discendente di un vitigno di origine greca, è rimasto a lungo in uno stato di isolamento. Verso la fine del XIX secolo si è diffuso sulla fascia costiera e solo dal secondo dopoguerra è diventato il vitigno più coltivato in regione. Oggi va a costituire la base del vino rosso abruzzese per antonomasia e naturalmente l’uva fondamentale della Doc Villamagna. Le caratteristiche ampelografiche del Montepulciano sono note: capacità di garantire produzioni costanti, ciclo vegetativo lungo e maturazione tardiva. La forma di allevamento generalmente utilizzata è la pergola abruzzese (tendone) anche se, da qualche anno, è in aumento la controspalliera e il cordone speronato.
Vino dai sapori di montagna
Dal punto di vista organolettico, è di comune sentire che questo vitigno sappia trasmettere i sapori di montagna. Alla vista è rubino, pieno, intenso, spesso con riflessi porpora, specialmente in gioventù. Nel bicchiere lascia archetti piuttosto densi e fitti, sintomo del buon tenore alcolico. Tra i profumi spiccano mora matura, gelso, sottobosco, amarene. Al primo approccio può risultare brusco e assai fruttato, ma con un po’ di pazienza emergono cacao, tabacco, a volte origano, molto spesso frutta sotto spirito. L’acidità, ben integrata nel corpo, dona persistenza e i tannini raramente risultano aggressivi.
Il confronto con la cucina di Sadler
I sei produttori che hanno partecipato alla presentazione milanese sono Piandimare, Cantina sociale di Villamagna, Cascina del colle, Torre Zambra, Valle Martello e Palazzo Battaglini. Nel venire a Milano, si sono assunti l’onere del confronto con la cucina del maestro Sadler, che come sempre distribuisce a piene mani la sua idea di creatività misurata: guardare oltre confine, portare a casa le idee migliori e gli ingredienti più originali senza mai dimenticare le proprie radici, che devono dare frutti visibili e godibili. Nel caso di specie oltre confine non ci siamo andati, visto che le lorighittas sarde con ragù di agnello, pecorino, melanzane e menta sapevano di italiano a cento metri di distanza, al pari della guancia di vitello stufata con salsa amatriciana e puré di favette, che trasudava orgoglio nazionale. Come il Villamagna Doc: che però con grande energia rivendica il territorio abruzzese, più che l’Italia in sé, a partire da 85 ettari inondati dal sole e collocati a metà strada fra mare e montagna, patria di una Doc che saprà farsi strada.
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Alberto Lupini