Tre Bicchieri e Slow Food: è il momento d'oro dell'Enantio

Lo storico vitigno è diventato Presidio Slow Food e l'Enantio Riserva 1865 Prefilossera della Cantina Roeno è stato premiato dal Gambero Rosso con il massimo riconoscimento nella Guida Vini d'Italia

25 ottobre 2022 | 17:49
di Giuseppe Casagrande

La Val d'Adige, altrimenti denominata Terra dei Forti, un tempo era conosciuta per i suoi vini, in particolare il Pinot Grigio, di facile commercializzazione. Da qualche anno non è più così e la denominazione sta mietendo successi anche con altre tipologie. Il merito è di una pattuglia di giovani imprenditori che ha riscoperto alcuni antichi vitigni autoctoni legati ad un passato che sembrava destinato all'oblìo: in particolare l'Enantio e il Foja Tonda. Citiamoli - è doveroso - questi imprenditori: Albino Armani (Dolcè), Lorenzo Bongiovanni (Sabbionara d'Avio), Tiziano Tomasi (Ala), Filippo e Barbara Scienza (Masi di Avio), i fratelli Fugatti (Brentino Belluno). Questi ultimi, in particolare, titolari dell'azienda agricola Roeno di Brentino Belluno, nei giorni scorsi sono stati premiati dal Gambero Rosso con il prestigioso riconoscimento dei "Tre Bicchieri" per un vino ancestrale: l'Enantio Riserva 1865 Prefillossera annata 2017.

Appresa la notizia, Albino Armani, che ha sempre creduto in questo antico vitigno, si è complimentato con Cristina, Roberta e Giuseppe Fugatti: "Bravissimi. Grazie per la dedizione dimostrata in questi anni e per l'impegno profuso a favore della valorizzazione della Val d'Adige".

La storia del territorio è racchiusa in queste viti ultracentenarie

La storia di questo antico territorio è documentata dalle viti ultracentenarie risparmiate dalla fillossera e da un vino ancestrale, l'Enantio, che è riuscito a conquistare il palato dei wine lover e dei consumatori contemporanei.

Il vitigno ha radici nella storia dell’antica Roma: "La brusca hoc est vitis silvestris, quod vocatur Oenanthium", scriveva lo storico Plinio il Vecchio, riferendosi alle viti selvatiche e coltivate citandole per la prima volta nel "Naturalis Historia". Sebbene le sue origini risalgano al I secolo dopo Cristo, fino a pochi anni fa queste uve venivano erroneamente accorpate alla grande famiglia dei Lambruschi e denominate "Lambrusco a foglia frastagliata". Solo nel 1991, grazie anche agli studi del prof. Attilio Scienza, prese avvio il progetto di valorizzazione di questo vitigno autoctono con la richiesta d’iscrizione al Catalogo nazionale delle varietà di vite ad uva da vino.

Longevità, robustezza e resistenza da sempre contraddistinguono l’Enantio e l'azienda Roeno ha saputo sfruttare tali caratteristiche per produrre un grande vino dal colore rosso rubino intenso: l'Enantio Riserva 1865 Prefillossera. «La volontà di riscoprire tradizioni, sapori e usanze di un tempo – spiega Cristina Fugatti, responsabile commerciale ed enologa dell’azienda – ci ha spinto a recuperare le antiche tecniche di vinificazione nate per lavorare uve possenti e di carattere. Abbinandole alle competenze odierne, abbiamo creato un vino fortemente rappresentativo della Terradeiforti. Il nostro impegno, unito a quello di altri produttori della zona, ha portato a titoli che un tempo pensavamo impossibili da raggiungere: l'Oscar dei Tre Bicchieri e la consacrazione dell'Enantio tra i Presìdi Slow Food». 

L'Enantio Riserva 1865 Prefillossera, un vino intenso e persistente

Colore rosso rubino intenso, l'Enantio Riserva 1865 Prefillossera regala un’ampia gamma di percezioni che ricorda le note agrodolci dei frutti di bosco e liquirizia fino ad arrivare agli aromi speziati del pepe nero, dei chiodi di garofano, dell’incenso, del tabacco e sorprende il palato con la sua straordinaria persistenza e il perfetto equilibrio tra acidità e trama tannica. Questa Riserva è affinata per 24 mesi in botte grande, poi segue un lungo affinamento in bottiglia. Gradazione: 14 gradi.

Il termine Prefillossera si rifà all’epoca precedente l’arrivo dell’afide che a fine Ottocento sterminò gran parte del vigneto europeo e che indusse alcuni sapienti viticoltori del tempo a prediligere il terreno sabbioso, ostile al parassita. «Il 1865 rappresenta l’età media dei nostri impianti vitati - ha precisato Cristona Fugatti - per cui ci è sembrato doveroso prima che simbolico dedicare questa data al nome di questo vino. Le viti franche di piede, cioè non innestate su radici americane, le uniche a resistere alla terribile piaga della fillossera, sono ormai rare nel pianeta e costituiscono l’ultima testimonianza di una viticoltura storica e autentica nel senso più profondo del termine. Così come il vitigno Enantio, vera bandiera autoctona del nostro territorio, esprime il carattere, il vigore e il fascino di questo lembo geografico al confine tra Veneto e Trentino. Le radici sono importanti, così come recita un passaggio della conversazione inserita tra le scene finali dello straordinario film La Grande Bellezza. Crediamo dunque che il fascino del tempo remoto, di vigne che erano vive e vibranti già oltre 150 anni fa, racchiuda simbolicamente tutte le ragioni del concepimento di questo vino. Un vino affascinate, seducente e travolgente. Vogliamo ringraziare tutti i nostri collaboratori e tutti coloro che sostengono e valorizzano il frutto del nostro lavoro». 

Il presidio Slow Food è un ulteriore stimolo per il territorio

«Il riconoscimento del Presidio Slow Food – ha spiegato Cristina Fugatti che con la propria azienda agricola aderisce al progetto – è uno stimolo importante per il territorio. Così come parlare di viti a piede franco significa fare un tuffo indietro nel tempo lungo almeno 150 anni fa quando cioè l’Europa conobbe a proprie spese il flagello della fillossera. L’insetto, importato accidentalmente dal Nord America, attaccò le viti di quasi tutta Italia: a fine Ottocento era segnalato in 900 comuni, nel 1931 praticamente tutte le province del nostro Paese avevano avuto a che fare con questo parassita. La vite, nel giro di mezzo secolo, era sul punto di sparire per sempre. La soluzione fu quella di riprodurre le viti per innesto, cioè unendo un tralcio dotato di gemme, con un piede, o innesto, resistente alla fillossera. La viticoltura, in questo modo, si salvò. Le vigne a piede franco resistono ancora oggi soltanto in pochissime parti d’Italia, aree dove la composizione del suolo, oppure l’altitudine, hanno impedito alla fillossera di proliferare. In Vallagarina, lungo le rive del fiume Adige tra le province di Trento e di Verona, grazie alla struttura sabbiosa-silicea del terreno, l’afide non è riuscito ad attaccare l’apparato radicale di queste vigne e ancora oggi viene quindi coltivato l’Enantio a piede franco. Il Presidio è un riconoscimento che arriva dopo decenni di lavoro su questo vitigno, un riconoscimento che va a tutto il territorio e al tempo stesso un auspicio a credere e investire nella nostra terra». 

 

La superficie coltivata a Enantio non supera i 40 ettari fra Trento e Verona

La superficie coltivata a Enantio, negli ultimi trent’anni, si è ridotta moltissimo e oggi si può calcolare che sia tra i 35 e i 40 ettari, calcolando anche i vigneti appartenenti ad aziende che non aderiscono al Presidio Slow Food. «A valorizzare questo vitigno, a imbottigliare l’Enantio proveniente da vigneti a piede franco commercializzandolo con un’etichetta ad hoc siamo rimasti in pochi - sostiene Lorenzo Bongiovanni - Mentre fino alla metà degli anni Ottanta, la varietà era molto diffusa tra il basso Trentino e l’alto Veronese».

Una varietà conosciuta anche come Lambrusco a foglia frastagliata

L'Enantio è una varietà conosciuta anche come Lambrusco a foglia frastagliata. «Il nome non induca però in confusione - chiarisce Filippo Scienza dell'azienda Vallarom di Masi d'Avio che sulle sue bottiglie riporta anche quest’ultima dicitura - Nulla a che vedere con il Lambrusco emiliano: quel termine richiama solo la natura selvatica della pianta».

«Caratteristiche - aggiunge Filippo Scienza - che si ritrovano anche nel vino, dal color rosso rubino intenso, un sapore secco, acidità ben pronunciata e patrimonio tannico equilibrato, che lo rendono adatto agli abbinamenti con i piatti rustici della cucina trentina, ma anche con salumi e formaggi stagionati. Un vino che è un concentrato del nostro territorio».

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