Salumi, orecchiette o pici, un fiasco di vino rosso. Era solo questione di tempo, ma l'iconografia tradizionale (anche piuttosto standardizzata, come le tovaglie a quadretti biancorossi) del vino italiano nel mondo abbandona il rosso per virare sulle bolle. Lo certifica l'ultima analisi dell'Osservatorio Uiv (su dati Istat) che, considerando il saldo al terzo trimestre 2024, evidenzia come per la prima volta le bottiglie di spumante dirette all'estero (528 milioni) superino quelle di rossi e rosati (524 milioni) e allunghino ulteriormente sui bianchi (460 milioni). Un “cambio al vertice dell'export italiano di vino”, chiosa l'Unione italiana vini, destinato a consolidarsi alla luce di una corsa delle bollicine italiane che ha visto quintuplicare la propria produzione nel giro di vent'anni, apprestandosi a infrangere la quota record di 1 miliardo di bottiglie entro la fine dell'anno. «Dei tanti traguardi raggiunti in questi anni dallo spumante - evidenzia il segretario generale Uiv, Paolo Castelletti - questo è tra i più significativi. Lo sparkling italiano vince sui competitor stranieri perché è pop e si rivolge a target trasversali, e perché in diversi casi è abbinabile a una tendenza cocktail che dagli Usa sta ormai diventando globale».
Vino italiano nel mondo, Prosecco pigliatutto
Il successo delle bolle italiane è prima di tutto costruito sui numeri del metodo Martinotti ed è “ascrivibile in gran parte alla galassia Prosecco e alla sua gestione”, conferma Uiv constatando come un'area che rappresenta solo il 6% del vigneto Italia oggi stia tenendo a galla il nostro export. Le bottiglie marchiate “Prosecco” sono infatti l'espressione spumantistica protagonista della crescita dell'export italiano di vino (quasi 6 miliardi di euro) registrata nei primi 9 mesi di quest'anno. Non si pensi ad un processo legato a fiumi di vino cheap, perché l'Osservatorio Uiv rimarca anche l'impennata in valore della categoria, che nel periodo sale a 1,7 miliardi di euro (il 29% del totale export del Belpaese).
Secondo Uiv, l'Italia si sta quindi sempre più trasformando in una “Sparkling Wine Country”, con gli spumanti in testa non solo nel Regno Unito, ma anche in Francia, Polonia e Repubblica Ceca, Spagna e Russia. E pure negli Stati Uniti (oggi 38% per i bianchi e 37% per gli spumanti) il sorpasso è previsto per fine anno.
«E la cosa più straordinaria, che al contempo deve fa riflettere, è che se dici spumante non puoi che fare il nome Prosecco - aggiungono da Uiv - Non solo perché vale il 75% del totale spumante, ma anche perché 1,3 miliardi di euro generati da gennaio a settembre 2024 vengono da un fazzoletto di terra di 40mila ettari circa (sommando le tre denominazioni Conegliano Valdobbiadene, Asolo e Prosecco Doc). Il 6% del totale a vigna nazionale che in termini di valore (+12%) rivendica il 22% dei 6 miliardi di export targato Italia».
Il Prosecco “pigliatutto” peraltro è ormai identificato come “la bolla italiana” per antonomasia, tanto che - ad esempio - in terra ceca esistono locali dall'esplicito nome Prosekarna sotto il cui cappello vengono omologate etichette di metodo classico italiano, spagnolo e pure francese (ebbene sì, pure lo Champagne si vende sotto l'egida delle colline trevigiane). Ecco che i più prestigiosi - almeno in patria - metodo classico italiani devono togliersi il cappello di fronte a un marchio decisamente diventato iconico e non solo per riconoscere la posizione sul podio, ma pure per ringraziare dell'effetto traino che probabilmente deriva in parte dal Prosecco su altre denominazioni.
Vino italiano nel mondo: bolle italiane ed effetto Spritz
Se indubbiamente è difficile stabilire la capacità di trazione del Prosecco nei confronti degli altri spumanti italiani in termini di numeri sui mercati di riferimento, sicuramente risulta interessante - con un potenziale da approfondire - la spinta definitiva e potente che il vino del nord-est riesce a dare all'accostamento tra bolla e Italia. “Finché c'è Prosecco c'è speranza” - titolava un film del 2017 di Antonio Padovan - ma questo potrebbe non valere solo per il Trevigiano e dintorni.
Va detto, infatti, che se il consuntivo 2024 (1,015 miliardi di bottiglie, +8%) rileva la forte controtendenza della tipologia spumanti italiani non solo rispetto ai vini fermi, ma anche ai consumi di altre bevande alcoliche (dalla birra agli spiriti), secondo le analisi Uiv-Ismea l'altro segmento che fa eccezione è quello dei cocktail. Ecco che in questo connubio si può leggere una chiarissima e potente leva di crescita sempre più strategica anche per le bollicine made in Italy. La “tendenza Spritz” è in accelerazione in tutte le aree chiave della domanda a partire dagli Usa.
E in casa Uiv si sono spinti anche a fare una stima per cui il fiume di Prosecco (in primis) e bolle italiane (al seguito) si sarebbe tradotta in 2,8 miliardi di cocktail a base di spumante italiano nel mondo, considerando un totale di circa 340 milioni di bottiglie dedicate alla mixology. Così la bandiera del vino italiano sembra tenere il verde delle colline patrimonio Unesco, sfumando sempre più il rosso verso un aranciato-Spritz che spinge un comparto cruciale per l'agro-economia del Belpaese. Al netto dell'incremento in doppia cifra delle bollicine, infatti, in termini di volumi spediti nei primi nove mesi del 2024 si passerebbe infatti dal +3,4% complessivo a un ben modesto +0,5%.
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Alberto Lupini
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