Tignanello, 50 anni fa la “rivoluzione Antinori” nel mondo del vino italiano

Tignanello, creato da Piero Antinori con Giacomo Tachis, ha rappresentato una sorta di Rinascimento nel vino, sfidando le regole del Chianti Classico con l'uso di barrique e l'assemblaggio con varietà non tradizionali . Considerato il primo Supertuscan, ha segnato un cambiamento nel mercato vinicolo italiano. Nel tempo ha guadagnato fama internazionale e un posizionamento da fine wine

11 maggio 2024 | 05:00
di Giambattista Marchetto

È stato il primo Sangiovese ad essere affinato in barrique, il primo vino rosso moderno assemblato con varietà non tradizionali e non autoctone - quali il Cabernet Sauvignon e il Cabernet Franc - e in fondo è stato un colpo al cuore nel Chianti Classico. Coraggioso e commerciale ad un tempo, Tignanello è stato un progetto avventuroso avviato cinquant'anni dal marchese Piero Antinori (attuale presidente onorario della storica maison vinicola della famiglia toscana). Prima che un vino, una sfida alle regole che ha rivoluzionato le dinamiche del mercato. Tignanello è stato il primo vino di quella categoria astratta - amata o vituperata - passata alla storia come Supertuscan che ha trovato in Giacomo Tachis un artefice maieutico.

La storia del progetto Tignanello

Nei primi anni Sessanta inizia la collaborazione (durata 32 anni) di Tachis con le Cantine Antinori. Il tecnico torinese, formatosi alla Scuola di enologia di Alba, assume la direzione della storica casa vinicola toscana e presto l'accompagna a cambiare pelle. Un sodalizio cruciale con il marchese Piero Antinori permette l'avvio di un progetto che per qualcuno rappresenta un “Rinascimento” per il vino italiano, con un cambio di passo in vigna e in cantina.

Nasce nel 1970 ed esce sul mercato nel 1974 il Tignanello, un vino costruito in cantina cambiando lo stile di vinificazione del Sangiovese, lavorando sulla concentrazione attraverso la barrique, e unendolo al Cabernet per farne un vino dal respiro internazionale. Nasce il primo Supertuscan, che esce di fatto dal disciplinare storico del Chianti Classico perdendo la denominazione. E infatti per vent'anni, fino all'introduzione della Igt nel 1994, Tignanello rimane un “vino da tavola” con l'indicazione generica.

Tignanello è anche tra i primi vini rossi nel Chianti Classico da cui sono state rimosse completamente le uve a bacca bianca, dato che viene prodotto con una selezione di Sangiovese, Cabernet Sauvignon e Cabernet Franc. L'etichetta viene disegnata da Silvio Coppola nel 1974, per l'uscita dell'annata 1971. Grafico e designer, famoso per le sue lampade essenziali, i mobili rigorosi, ma anche le copertine di tanti libri Feltrinelli, Coppola viene scelto durante una cena nel 1973 al Castello della Sala e sceglie di dare centralità allo stemma di famiglia degli Antinori. La vulgata dice che Pietro Antinori decida di far firmare l'etichetta di Tignanello a suo padre, il marchese Niccolò Antinori, come segno di riconoscenza per la fiducia dimostratagli.

La tenuta di Tignanello

Tignanello è stato uno dei primi vini italiani a portare nel nome il vigneto. Le uve vengono infatti dalla Tenuta Tignanello, in Val di Pesa nel cuore del Chianti Classico, con 130 ettari vitati su un'estensione di 319 ettari di terreni. Il vigneto Tignanello e il vigneto Solaia - da cui deriva un altrettanto famoso Supertuscan sempre firmato Tachis, che si estendono sulla medesima collina, su terreni derivanti da marne marine del Pliocene con calcare e rocce, e godono di giorni caldi e notti fresche durante la stagione della crescita.

Tignanello - come Solaia - è dalla stampa internazionale “tra i vini più influenti nella storia vitivinicola italiana”. Più volte premiato a livello internazionale, è stato più volte nella prestigiosa top ten annuale della rivista Wine Spectator. Secondo i Marchesi Antinori, Tignanello e Solaia rappresentano «una sfida continua e una passione mai finita» per raggiungere un obiettivo che lo stesso Pietro Antinori sintetizza così: «credo che quello che cerchiamo di fare nel produrre il Tignanello sia un vino che abbia freschezza e purezza. È davvero un vino puro».

Tignanello, fuori dagli schemi e poi fine wine

Se è stato rivoluzionario nella sostanza, il Tignanello è stato anche il vino che ha aperto una strada nella forma e nel posizionamento, arrivando ad essere considerato un fine wine. «Diciamo che il Tignanello è riuscito nell'intento di diventare un "vino brand" - osserva il Master of Wine toscano Gabriele Gorelli - Meno legato alla tradizione e alla solidità Antinori al momento del su ri-lancio (la prima annata aveva uve bianche all'interno e non furono accettate sul mercato) ma più ad un'identità fortemente toscana pur se in ‘salsa bordolese' che l'ha veramente contraddistinto». Gorelli mette in evidenza come fosse necessario in quel momento affermare il vino italiano di qualità «usando metodi e basi ampelografiche che il mercato potesse riconoscere come premium». Ecco che il vero merito «è stato non avere solo mutuato certi stilemi ma averli resi propri e inconfondibilmente toscani. Il naming dei SuperTuscan ha poi veramente aiutato la percezione qualitativa di questi vini. Un movimento innovativo che oggi è diventato un classico».

In ultimo, «il marketing mix e il posizionamento di Tignanello è veramente distintivo - conclude il MW - Se oggi guardiamo il Liv-Ex almeno 4 posizioni tra i primi vini italiani transati sono occupate da varie annate di Tignanello. Il posizionamento di prezzo è alto, ma comunque accessibile per promuoverne la rotazione, mentre i volumi ragguardevoli di produzione ne consentono una distribuzione capillare. E il mito è servito». Chiarito il percorso che ha portato un vino rivoluzionario al posizionamento da fine wine, oggi se ne percepisce la solidità in crescendo. «Negli ultimi sei anni - riferisce Stefano Remigi, consulente per il B2C di aziende italiane nel segmento premium - il Tignanello è aumentato del 300 per cento ed è sicuramente quello che ha avuto l'impennata di prezzo più significativa tra tutti i prodotti di Antinori. Oggi la domanda si è alzata talmente tanto che c'è spazio per ogni tipo di quotazione. Il prezzo franco cantina è cresciuto tantissimo, ma anche il valore percepito del prodotto è salito parallelamente e questo ha creato lo spazio per economie lungo tutta la filiera. In questo momento tutti quelli che vendono Tignanello ci stanno guadagnando».

A cosa è dovuto questo slancio? «Il Tignanello ha questo valore specifico che deriva dall'avere una percentuale più alta di sangiovese - chiosa Remigi - e mentre un Sassicaia, ad esempio, è un bordolese a tutti gli effetti, il Tignanello mantiene una sorta di maggiore italianità data dal vitigno autoctono. Un valore aggiunto non indifferente rispetto alla percezione di mercato all'estero». C'è poi un ultimo grande vantaggio: la distribuzione Antinori, che «arriva ovunque in maniera capillare - conclude il consulente - dunque il vino è conosciuto anche perché è arrivato ovunque. Anzi, possiamo dire che è il vino che ha aiutato a definire il gusto del Supertuscan italiano. all'inizio aveva un posizionamento di prezzo più accessibile ed è cresciuto man mano in funzione del valore percepito. Ed è ricercato sia dai collezionisti che dagli appassionati che lo bevono».

L'altro grande vantaggio di Tignanello è lo storytelling. «Per noi è importante raccontare quello che c'è dietro l'etichetta - riferisce Pascal Tinari, head sommelier del ristorante stellato Villa Maiella in Abruzzo - perché se da un lato c'è il cliente che già conosce il vino e lo cerca, dall'altro c'è chi va accompagnato a scoprirlo. E in fondo è stato un vino fuori dagli schemi quando è stato presentato, dunque questo lo rende intrigante. In quel momento era una Toscana fuori dalle righe». Chi sono allora i clienti-tipo che chiedono Tignanello in uno stellato? «Sono i trentenni che lo cercano perché è un'etichetta simbolo - risponde Tinari - ma anche perché è un primo approccio al segmento dei fine wine, tutto sommato a un prezzo ancora abbordabile. Oppure ci sono gli appassionati, ma allora vanno a cercare le vecchie annate. Noi a Villa Maiella abbiamo una buona profondità, soprattutto sui grandi formati che sono la massima espressione e una grande esperienza di beva, sempre».

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Alberto Lupini


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