Sulla latitudine dei grandi vini, l’Oltrepò Pavese, a forma di grappolo d’uva, come lo ha definito il grande Gianni Brera, è considerato la patria della vitivinicoltura italiana. Sorge infatti lungo l’asse del 45° parallelo che accomuna le grandi zone vinicole mondiali. In particolare è considerata la latitudine ideale dei grandi vini rossi del mondo. La più chiara testimonianza sulla presenza della vite in Oltrepò ci viene fornita dal Bollettino del Comizio Agrario Vogherese del 1876, che documenta il ritrovamento di una caràsa fossile, vale a dire un tronco di vite fossilizzato, lungo 25 cm per 6 di diametro, ritrovato nei pressi di Casteggio (Clastidium). Se cerchiamo invece la prima citazione sulla viticoltura in Oltrepò, essa appartiene a Strabone, vissuto tra il 60 a.C. e il 20 d.C. E difatti, nel 40 a.C., documentando un suo passaggio nell’Oltrepò, Strabone scrisse di «un vino buono, popolo ospitale e botti in legno molto grandi». Strabone, storico e geografo greco, descrivendo la zona oltrepadana che si estendeva ai lati della via Emilia, nel tratto compreso fra Piacenza e Clastidium, scriveva testualmente: «Della bontà dei luoghi è prova la densità della popolazione e la grandezza delle città e la ricchezza... La terra coltivata dà molti e svariati prodotti... l’abbondanza del vino viene indicata dalle botti fatte di legno e più grosse delle case...».
Una vasta area dal grande potenziale
Oggi cosa rappresenta l’Oltrepò Pavese? Una vasta area capace di esprimere tanto potenziale:
la sua capacità di presentarsi sui mercati con diverse qualità può rappresentare da una parte un punto di forza, dall’altra un segnale di debolezza. Detto questo, è oggi una delle zone più dinamiche, con una gamma completa che soddisfa ogni abbinamento enogastronomico dall’antipasto al dolce. Sulle colline dell’Oltrepò i vitigni più rappresentativi sono
Pinot Nero, Croatina, Barbera e Riesling. Ma potremmo aggiungere anche Uva Rara, Ughetta/Vespolina, Pinot Bianco, Pinot Grigio, Cortese Bianco, Moscato, Malvasia e persino Müller-Thurgau. Molto spesso nel vitigno si identificano, anche nel nome, i vini dell’Oltrepò Pavese. Che su queste colline, rese diverse anche dalle esposizioni e dalla natura dei suoli, diventano unici e inconfondibili.
L’Oltrepò Pavese vitivinicolo affonda in senso moderno le sue radici nel secolo scorso, nel rinnovamento globale del mondo vinicolo italiano di quel periodo. Secondo le documentazioni ufficiali,
nel 1884 l’Oltrepò Pavese vantava ben 225 vitigni autoctoni. Oggi sono poco più di 10 quelli di maggior diffusione, con la tendenza da parte di alcuni produttori storici di recuperare le più evidenti testimonianze del passato, come ad esempio l’Uva della Cascina o la Moradella.
Il territorio su cui insiste la Denominazione Oltrepò è la
parte collinare dell’omonima zona situata a sud del Po, quel grande fiume così ben decantato da Gianni Brera che attraversa la provincia di Pavia da ovest a est. Si inizia da Ovest con la Valle Staffora, si prosegue con la Valle Coppa, la Valle Scuropasso e la Valle Versa. Siamo su una superficie estesa che incontra terreni e microclimi anche molto diversi tra di loro attribuendo, di conseguenza, diversità di vocazioni produttive viticole. Zone più vocate a vitigni di bacca rossa si alternano a quelle più idonee alle produzioni di uve bianche. Una ricchezza invidiabile.
I numeri dell’Oltrepò Pavese
Come dicevamo, il territorio si estende sul 45° parallelo, quello dei grandi vini.
Sono 13.500 gli ettari di vigneti, 3mila solo di Pinot Nero. Impressionante il potenziale di aziende, dalle più piccole alle più grandi, passando per tre Cantine sociali, tra cui
Terre d’Oltrepò, la realtà vitivinicola cooperativa più grande dell’intera Lombardia. Il totale è di
1.700 realtà aziendali che operano su tutto il territorio producendo sulle colline oltrepadane il 62% del vino lombardo. Valori e variabili che rendono questa terra del vino unica, dove il Pinot Nero trova la sua più frequente collocazione e rispondenza qualitativa nella centrale Valle Scuropasso; la Croatina è ben rappresentata ed organoletticamente espressa al centro e nell’estremità est; il Barbera alternato alla Croatina è più presente nelle due vallate occidentali; il Riesling più vocato nei terreni calcarei, è più coltivato nella centrale Valle Coppa.
Una terra di grandi aziende e di primati mondiali
In Oltrepò ci sono ancora - e raccolgono grandi soddisfazioni - cantine storiche che per prime si sono distinte nel mondo delle bollicine, a partire dalle classiche, lo spumante (un tempo chiamato anche qui Champagne!). Fra le più antiche, 1850, l’azienda Conte Vistarino, nella valle Scuropasso, è considerata da sempre la casa del Pinot Nero, in una zona particolarmente vocata per questo vitigno. Oggi, Ottavia, ne perpetua la storia collocandosi ai vertici della produzione nazionale di qualità, grazie ad una cantina completamente rinnovata ed avveniristica. A Codevilla, l’ing. Domenico Mazza con la sua azienda Montelio (1848) introduce una bottiglia specifica per lo spumante. Ancora oggi le sorelle Giovanna e Caterina Brazzola, titolari della cantina, sinonimo di eccellenza, ne custodiscono l’etichetta.
Curiosando fra i primati del mondo del vino si scopre anche che il primo in Italia a mettere a punto una valida scheda di degustazione fu Emilio Sernagiotto (Metodo Sernagiotto - AEI). Parliamo degli anni Cinquanta. L’enotecnico oltrepadano (di Casteggio) sosteneva che degustare un vino significa indagare razionalmente, senza alcun pregiudizio, impegnando tutti i sensi di cui disponiamo per classificarne, attraverso un’analisi sistematica, pregi e difetti. Agli inizi del ‘900 si afferma la cantina La Versa, in più di cento anni di produzione, il brand è rimasto fedele all’idea originaria del suo fondatore, Cesare Gustavo Faravelli, che il 21 maggio 1905 decise, con i primi ventidue soci, di produrre vini di ottima qualità, successivamente spumanti, capaci di esprimere al meglio le caratteristiche delle migliori uve del suo territorio natale.
Le declinazioni del Pinot Nero
Il Pinot Nero trova qui tre declinazioni perfette: il
Metodo Classico, il
Cruasé e il
Rosso da invecchiamento. Produrre bollicine in Oltrepò è un’arte. Alcune cantine l’hanno perfezionata a tal punto da farne il loro cavallo di razza. Bollicine dell’anno 2021 sono quelle di
Ballabio Winery di Casteggio, che ha presentato la sua Cave Privée, un prodotto suadente che nasce inizialmente solo per creare uno storico delle annate importanti, messe da parte per seguire l’evoluzione del Blanc de Noirs, ma che l’azienda ha voluto condividere, in numero limitato, con chi sa apprezzare i valori della winery.
Monsupello pone le sue basi oltre un secolo fa, nel 1893, quando la famiglia Boatti in località Cà del Tava, nel comune di Oliva Gessi, già si dedicava alla cura di propri vigneti. Oggi, nella cantina di Torricella Verzate, gli eredi di Carlo Boatti, la moglie Carla e i figli Pierangelo e Laura, affiancati da un preparato staff tecnico in vigneto e cantina coordinato dall’enologo Marco Bertelegni, hanno portato l’azienda ai vertici dell’enologia italiana, con numerosi riconoscimenti. Da degustare assolutamente la cuvée Ca’ del Tava, un metodo Classico secco, armonico, caratterizzato da ben equilibrato tannino dolce che crea una giusta persistenza aromatica e morbida.
Spostandoci nella valle
Scuropasso da segnalare l’equilibrato Brut Rosé e lo Zero (il pas dosé) dell’omonima cantina della famiglia di Fabio Marazzi di Pietra de Giorgi. Avvolgente in bocca il Metodo Classico Brut Nature dell’azienda
Rebollini di Borgoratto Mormorolo, realtà gestita da Gabriele, enologo della casa e cuore pulsante di un’attività che dal 1968 porta avanti i valori e la tradizione di una famiglia legata al territorio. A Montecalvo Versiggia, nel cuore della valle Versa, ci sono l’azienda
Calatroni, realtà famigliare che ha saputo puntare sulle bollicine di qualità e sull’accoglienza, diventando una cantina particolarmente dinamica; la cantina
Torti Wine, realtà famigliare di prestigio, qui storia e tradizione si fondono con strategie di vendita capaci di assecondare anche i mercati stranieri (da evidenziare la linea Hello Kitty e Route66); e infine l’azienda agricola
Pietro Torti, dove Alessandro e la figlia Chiara producono in modo completamente naturale, rifiutando le standardizzazioni e accettando le sfide della natura.
Legata alla tradizione del Pinot Nero, vinificato in rosso, c’è la storica azienda
Frecciarossa di Casteggio, dove Valeria Radici Odero porta avanti la secolare tradizione del bisnonno Mario che nel 1919 decise di acquistare in Oltrepò l’attuale tenuta ottocentesca trasformandola nei decenni in una realtà sinonimo di eccellenza. Salendo da Casteggio, nel Comune di Calvignano, troviamo la realtà di
Travaglino. Da monastero medievale a tenuta vitivinicola ottocentesca, da efficiente cantina a complesso
enoturistico. Travaglino è la più antica realtà vitivinicola dell’Oltrepò Pavese che oggi coltiva oltre 80 ettari di vigneti, immersi in un paesaggio rurale e boschivo di incontaminata bellezza. Sempre in zona Casteggio come non segnalare la storica azienda
Le Fracce, nata agli inizi del Novecento, oggi sede della Fondazione Bussolera Branca. L’enologo Roberto Gerbino ha saputo “svecchiarla”, puntando su innovazione e professionalità senza dimenticare i valori intrinsechi della cantina.
Tra le aziende più rappresentative legate al vitigno più rappresentativo del territorio c’è
Tenuta Mazzolino nel comune di Corvino San Quirico, realtà storica che ha fatto del Pinot Nero una vera e propria missione enologica. Oggi la proprietaria Francesca Seralvo e il Wine Grower, Stefano Malchiodi hanno saputo guardare avanti con la consapevolezza che il loro “Noir (insieme al loro Blanc, uno Chardonnay di primissimo livello) fa parte della storia di questo territorio, da quando trent’anni fa la cantina ebbe l’intuizione di vinificare in rosso il Pinot Nero, sull’indicazione di Giacomo Bologna, indiscusso signore dei vini. Sono trascorsi tre decenni ma il Noir ha guadagnato un posto nelle cantine e nelle enoteche più raffinate del mondo, riconoscimenti ai concorsi internazionali, eccellenti valutazioni e menzioni nelle guide più autorevoli.
Il Riesling Renano in diverse espressioni del territorio
La valle che bacia i comuni di Oliva Gessi, Montalto Pavese e di Mornico Losana è quella dove trova la sua espressione migliore il Riesling. Qui troviamo cantine a carattere famigliare che negli anni hanno investito su idee nuove e sulla promozione come
Il Feudo Nico della famiglia Madama di Mornico Losana (oltre che sulla ristorazione hanno scommesso sulla produzione di Olio Evo), l’azienda
Cà del Gè di Montalto, realtà dinamica guidata dai fratelli Padroggi, e
Defilippi Winery - I Gessi arrivata oggi alla quinta generazione con Federico ed Alessandro.
Qualche chilometro più in là, a Santa Giuletta, la famiglia Dacarro promuove la tradizione con l’azienda
La Travaglina. Rimanendo sempre nella zona, nella valle del Riesling, come non degustare i prodotti di aziende storiche come
Isimbarda (ottimi i riesling renani come il cru Vigna Martina e Le Fleur, l’ultimo nato),
I Doria di Montalto produttore di AD, un Nebbiolo autoctono in purezza, e l’azienda
Marchesi di Montalto, realtà attenta alla coltivazione e alla trasformazione dei due vitigni principi dell’Oltrepò: il Pinot Nero e il Riesling Renano.
I giovani vignaioli si affermano grazie a passione e talento
Negli ultimi anni si è affacciato un drappello di giovani vignaioli, un’intraprendente cordata di nuove leve legate al territorio e alle sue peculiarità. Tra i più apprezzati c’è
Alessio Brandolini dell’omonima azienda di San Damiano al Colle, realtà che ha ereditato dal padre e che, con la sua professionalità di giovane enologo, ha trasformato in azienda moderna, con una spiccata propensione al metodo Classico. Coltivare un sogno e credere nelle proprie radici: sono questi i valori che l’azienda
Finigeto di Montalto Pavese, grazie allo spirito intraprendente e alla passione di Aldo Dallavalle, trasmette fin dalla sua nascita, nel 2005. Un progetto fortemente desiderato, iniziato dapprima con un’attenta coltivazione della vite e culminato nel 2012 con la realizzazione della cantina di vinificazione. Enrico e Luca Padroggi, sempre a Montalto Pavese, sono invece l’ultima generazione dell’azienda
La Piotta: entrambi hanno sposato la filosofia bio della loro realtà aziendale. Da giovani manager a produttori di vino: è la storia dell’azienda
Le Fiole delle sorelle Piaggi, Elisa e Silvia, che hanno rivalutato l’azienda del padre a Montalto Pavese ripescando i ricordi legati alla viticoltura di famiglia in un vecchio baule ritrovato in cantina.
Gli imprenditori che hanno scommesso sul territorio
Accanto alle famiglie e ai giovani ci sono poi imprenditori che hanno scommesso sul territorio. Ad esempio la brianzola famiglia Brambilla che a Santa Maria della Versa ha creato
Vigne Olcru, una cantina-laboratorio dell’Oltrepò che traghetta il Pinot Nero nel futuro. Oppure il milanese Roberto Lechiancole, patron di
Prime Alture Wine Resort, un’azienda dinamica, improntata all’ospitalità in cantina, che propone una serie di prodotti esclusivi per l’Oltrepò come il ricco ed equilibrato Merlot in purezza “L’altra metà del cuore”. Una trentina di anni fa si è affacciata in Oltrepò anche la famiglia Zonin che ha acquistato la
Tenuta Il Bosco di Zenevredo e più recentemente, dalla Valpolicella, ha investito sulle colline di Santa Maria della Versa la famiglia Tommasi con la
Tenuta Caseo.
Dal
Castello di Cigognola è la famiglia Moratti a decidere di scommettere sul territorio con un’azienda agricola che negli ultimi 5 anni ha saputo trasformarsi rapidamente interpretando le esigenze dei wine lovers. Un capitolo a parte merita la storia della famiglia
Giorgi di Canneto Pavese che ha stretto una partnership con il noto presentatore Gerry Scotti, testimonial di una sua linea di vini prodotta in Oltrepò e curata dalla stessa blasonata cantina di cui Fabiano è il faro.
Bonarda, vino simbolo della tradizione
Se vogliamo pensare alla storia abbinata alla tipicità,
il vino dell’Oltrepò della tradizione è certamente la Bonarda. La Croatina è un vitigno che rappresenta 3mila ettari di colline in questa parte di Lombardia, vitigno che garantisce anche rossi da invecchiamento di grande qualità. Legata alla Bonarda, rigorosamente quella frizzante, è nato il progetto di promozione e valorizzazione
#lamossaperfetta. Uno dei grandi classici dell’enologia lombarda, rivive nella sua forma più autentica grazie all’iniziativa di un gruppo di aziende agricole (una quindicina) appartenenti al Distretto del Vino di Qualità dell’Oltrepò Pavese. Nel 2015, alcune aziende a filiera completa hanno lanciato il progetto adottando un regolamento più severo rispetto al disciplinare di produzione della Bonarda dell’Oltrepò Pavese Doc e si sono proposte di ridare identità e valore a un vino ancora oggi svilito da troppe bottiglie la cui unica attrattiva è il basso prezzo.
Buttafuoco Storico, note eleganti e piacevole austerità
Altra storia iconica identificativa dell’Oltrepò Pavese è quella legata al Buttafuoco Storico: esattamente 25 anni fa, il 7 febbraio del 1996, nasce il
Club del Buttafuoco Storico dall’unione di 11 giovani viticoltori. Oggi i produttori sono 16, l’intento è quello di collaborare nella ricerca delle caratteristiche storiche, nella selezione delle vigne più vocate, nella produzione controllata, nella promozione del vino Buttafuoco. Sono vignaioli che credono fortemente in questo prodotto, oggi sicuramente quello più identificativo di una determinata zona del territorio, ovvero lo sperone di Stradella, zona geografica racchiusa dalla valle Versa e dalla Valle Scuropasso. Aderiscono al consorzio le aziende agricole Carla Colombo, Diana, Riccardi Luigi, quella biologica Quaquarini Francesco, Poggio Rebasti, Piovani Massimo, Maggi Francesco, Giorgi Franco, Fratelli Giorgi, Fiamberti Giulio, Tenuta La Costa, Calvi, Scuropasso, Il Poggio di Alessi Roberto e il Piccolo Bacco dei Quaroni.
In totale
vengono prodotte circa 70mila bottiglie l’anno di Buttafuoco Storico, un rosso di corpo che nasce da un uvaggio ben preciso: 50 % Croatina che apporta la struttura polifenolica, il colore e i sentori di frutta rossa; 25% Barbera che forma con la sua acidità la spina dorsale del vino e permette una maggiore estrazione dalle vinacce della Croatina; infine per la restante parte Ughetta di Canneto e Uva Rara che arricchiscono questo vino di note di eleganza e di piacevole austerità. Grazie all’impegno del Club, oggi presieduto da Davide Calvi e diretto da Armando Colombi, con sede alla frazione Vigalone di Canneto Pavese, il Buttafuoco Storico è un prodotto che negli anni ha saputo presentarsi sul mercato con un’identità precisa, attraverso una comunicazione capace di avvicinare appassionati ma anche semplici wine lovers. Nella versione “tradizionale”, non Storico, il Buttafuoco è uno degli assi della produzione oltrepadana: da degustare la Vigna Borlano del produttore
Marco Vercesi di Montù Beccaria, un rosso pieno e corposo, volto al rispetto della “naturalità” del frutto, da creare in vigna e conservare in cantina, senza chimica superflua e con grande “arte” contadina.
Lo stretto legame tra il viticoltore e le sue vigne
Storia, quasi leggenda, è quella legata al Barbacarlo di
Lino Maga di Broni. Un vino “mito”, nato grazie all’ostinata capacità di Lino, vignaiolo bronese che ricorda quanto sia la terra a regalare il vino e non l’uomo. Il Barbacarlo è la giusta armonia tra Croatina, Uva Rara e Ughetta, basilari vitigni autoctoni. Una sostanziale differenza: quelli usati per produrre il Barbacarlo sono diversi perché vengono allevati su di una collina ripidissima, dai suoli tufosi, con un microclima particolare. Un prodotto che solo un genio della viticoltura, come Lino, è ancora oggi capace di concepire. Viticoltore, vignaiolo, filosofo alla sua maniera, contestatore, insomma semplicemente “un personaggio”. Tutti elementi indispensabili per capire Lino Maga, il Barbacarlo e la filosofia di vita d’entrambi. Oggi in cantina c’è il figlio Giuseppe ma Lino non abbandona la sua campagna, quella di settembre prossimo, sarà la sua 83ª vendemmia.
Fare vino è anche filosofia, lo ricordano sempre tre produttori oltrepadani che “parlano” alla vigna, la studiano capendone ogni sfaccettatura. Sono
Andrea Picchioni che conduce un fazzoletto di terra di dieci ettari ubicati nella piccola Valle Solinga di Canneto Pavese che regala uve da cui nascono vini come il Rosso d’Asia, robusto e pieno, e il Buttafuoco Bricco Riva Bianca, intenso, carnoso e lungo. Poco più distante, nello stesso Comune, c’è l’azienda
Bruno Verdi dove Paolo, instancabile perfezionista, propone la Barbera Campo del Marrone oppure il rosso riserva Cavariola, due cru intensi, pieni ed armonici. Scolliniamo e in località Cascina San Michele, nel Comune di San Damiano al Colle, troviamo
Claudio Bisi: dalla sua terra nascono vini dal carattere inconfondibile che sono l’espressione del luogo stesso e dell’uomo. Come la Barbera Pezzabianca, la croatina Pramattone o la riserva Roncolongo (Barbera).
La piacevolezza e l’aromaticità del Moscato
Se ci spostiamo in alta Valle Versa, al confine con il piacentino, le colline ospitano i vigneti di
Moscato. Meno conosciuto del più blasonato e celebre Moscato d’Asti, ma per questo non meno dotato in termini di fascino, piacevolezza di beva e aromaticità. Esiste una zona particolarmente vocata per la produzione di Moscato, si è addirittura realizzato un Tempio partendo da un antico oratorio costruito presumibilmente nel XVII secolo, oggi ormai sconsacrato, che nel 1999 è stato restaurato dal Comune di Volpara e adibito ad attività di
promozione turistica, denominandolo appunto “Tempio del Moscato”. C’è un’associazione di una decina di produttori impegnati nella valorizzazione del prodotto su larga scala, tra questi c’è Massimo Comaschi dell’azienda
Monterosso che, insieme alle figlie, aiutato dal territorio, dal lavoro, dalla ricerca delle zone più vocate è riuscito ad ottenere un vino unico e prezioso, anche nella versione passita.
Il ruolo importante delle cantine sociali
Non si può parlare di Oltrepò Pavese senza ricordare il ruolo economico e sociale delle
cantine sociali. Sono tre che “riassumono” l’attività di quasi 1300 piccole aziende, dislocate su tutto il territorio.
Terre d’Oltrepò, con sede a Broni (ha acquistato i brand Cantina di Casteggio e, recentemente, il più blasonato La Versa) è la più grande cantina sociale della Lombardia (oltre 700 soci e quasi 4 milioni di bottiglie prodotte). Negli ultimi due anni ha stretto una collaborazione con l’enologo
Riccardo Cotarella che ha firmato una selezione di prodotti top di gamma per il brand La Versa, ha operato per garantire i principi di ecosostenibilità in campagna e di qualità di cantina.
Torrevilla, con sede a Torrazza Coste, è, invece, un’associazione di viticoltori attiva da 114 anni che riunisce 200 vignaioli, lavora circa 50mila quintali di uve ogni anno con una produzione attorno ai 2,5 milioni di bottiglie. Torrevilla rivendica con orgoglio il suo profondo legame con il territorio, la secolare esperienza tramandata di padre in figlio, e la voglia di guardare al futuro investendo in tecnologie e collaborazioni che rendano la viticoltura sempre più efficiente e sostenibile. La
Cantina Sociale di Canneto è un’altra realtà storica del territorio, reduce da un cambio di management, una realtà oggi proiettata anche verso l’estero. Nell’ultimo anno ha attuato un restyling completo delle linee di prodotto per evidenziare un netto cambio di marcia rispetto al passato, oltre ed alcune novità che puntano a migliorare la qualità del prodotto come la raccolta in cassetta delle uve destinate esclusivamente al metodo Classico.
Questo è uno spaccato dell’Oltrepò Pavese vitivinicolo, una terra con una lunga storia, capace di stupire. Come si presentò già nel 40 a.C. agli occhi di Strabone, che qui trovò un “
territorio ricco di vino buono e persone ospitali”. Ancora oggi è così.