Milano da bere: le vinerie stanno sostituendo i cocktail bar?

Il pensiero a tutto tondo di Federico Gordini, presidente di Milano Wine Week. Nel capoluogo lombardo si assiste a un ritorno della tradizione con l’apertura di numerose vinerie e bar à vin , a discapito dei cocktail bar. Selezioni di vini verticali, attenzione ai vini naturali e prezzi accessibili caratterizzano questa nuova tendenza

27 settembre 2024 | 05:00
di Gabriele Ancona

L’assist ci viene fornito da una tendenza di mercato che sembra abbia solide radici. A Milano, la “Milano da bere”, si sta riscontrando un’impennata di aperture di vinerie-bottiglierie, bar à vin se vogliamo fare i raffinati. A scapito dei cocktail bar, presenti in abbondanza, ma senza vento in poppa. E siamo nella capitale, da sempre, dell’aperitivo, meglio, del pre e after dinner. Parlando in soldoni, la formula osteria con un’architettura di vini alla mescita con gastronomia veloce sembra stia prendendo di nuovo piede, con una veste più soft rispetto ai “trani” di un tempo. Vino, piccola cucina e un ambiente informale è il nuovo tracciato che si sta impostando in città? Per analizzare questa deriva, ma non solo, abbiamo incontrato il professionista che per quanto riguarda il binomio vino-Milano è davvero un’autorità. Federico Gordini, deus ex machina della Milano Wine Week, il 5 ottobre darà il via alla settima edizione.

In aumento la presenza del vino, ma attenzione ai ricarichi

«È un trend interessante. Credo che sulla parte di mixology e di cocktail bar Milano abbia già una dotazione abbastanza consistente. Stanno inoltre aprendo dei format internazionali di bar di alto profilo e di cocktail bar in location importanti come Palazzo Cordusio, per fare un esempio. In ogni caso il tema della vineria con cucina è stimolante. Osservando l’evoluzione delle carte dei vini che hanno alcuni locali abbastanza casual, penso anche alle pizzerie, si nota una presenza incrementale del vino. Un segnale confortante. L’importante, ripeto, rispetto ai nuovi format è che ci sia un buon senso nell’applicazione dei margini che vengono inseriti sul vino. Analizzando le carte vini in maniera costante, ho notato una ristorazione modaiola che ha caricato a dismisura i prezzi del vino rendendo per il consumatore meno piacevole l’esperienza, con tutto quel che ne consegue. Con la serata che magari si conclude in un cocktail bar invece di essere proseguita al ristorante stappando un’altra bottiglia. E non sto parlando dell’alta ristorazione, che in questo contesto è rimasta costante negli anni offrendo un servizio e un’ospitalità ben diversi.

Verticalità, offerta al calice e prezzi light

Va sottolineato che i bar à vin stanno lavorando su selezioni più particolari e raffinate. «Certo. E stanno dando spazio a tanti piccoli produttori e a tanti modi di concepire il mondo del vino. Diventa quindi importantissimo il ruolo di chi seleziona. Ecco quindi carte dei vini con molta verticalità e che propongono un’offerta al calice molto ampia che consente di vivere un’esperienza interessante e gratificante, che cambia di settimana in settimana se non quotidianamente. In questo modo il consumatore può conoscere tanti territori e diverse voci del vino. Un ulteriore valore aggiunto è il rapporto qualità-prezzo, che in questi locali è molto interessante».

Vini naturali, movimento generazionale

Stiamo inoltre vivendo un momento in cui si parla tanto di vini naturali. «È chiaro che questa comunicazione arriva da enotecari e proprietari di bar à vin o wine bar di nuova generazione. C’è da dire che i migliori locali sono quelli che danno tanto spazio a tutte le espressioni del vino. Credo che una carta dei vini completa debba proporre tante voci diverse, a prescindere da un mondo come quello dei vini naturali, che è comunque estremamente attraente. Un fenomeno, se vogliamo, anche generazionale a livello di imprenditori che capiscono che questo è un tema che suscita interesse a un pubblico più giovane che si sta affacciando all’universo dei consumi del vino. Il movimento dei vini naturali, va detto, ha parlato di più ai giovani rispetto a quanto abbia fatto il complesso dei vini convenzionali».

L'impronta di chi imposta la carta

La tendenza in atto sembra quindi essere la trasversalità. Offerta e domanda si incrociano su un piano orizzontale. «Trasversalità, ma anche carte dei vini cha danno sempre più spazio a scelte molto personali da parte del selezionatore nel caso di un wine bar o del sommelier, quando una carta è più strutturata. L’offerta è molto diversificata. Si aprono quindi molti spazi anche per piccoli produttori. Una carta dei vini, di ogni livello, esprime l’identità di chi l’ha impostata. Porta la sua impronta».

Se la sala non è all’altezza del servizio...

In questo contesto, la carta dei vini sta diventando uno snodo fondamentale per valorizzare la sala. «Direi di sì. Il tema della sala è importantissimo e oggi manca il riverbero del valore di questo anello centrale nella catena dell’ospitalità. Il cliente è in sala e qui va in scena l’accoglienza. Se la sala non è all’altezza del servizio, l’esperienza, nel suo complesso, viene compromessa. C’è bisogno di lavorare tanto per consolidare l’importanza della sala e noi, come Milano Wine Week, abbiamo due progetti che vanno in questa direzione. In primis Wine List Italia, il nostro evento più importante dedicato alla valorizzazione della figura dei sommelier di sala. La guida dedicata racconta le selezioni di 100 professionisti italiani con 10 referenze scelte per ognuna delle loro carte dei vini. Di rilievo poi il Walk-around Tasting, tra le due sedi di Milano Wine Week, Palazzo Bovara e Palazzo Castiglioni, che vedrà protagonisti i sommelier. Questo significa valorizzare il loro ruolo e renderlo più mediatico. Un altro aspetto che mi piace sottolineare è l’incontro che abbiamo organizzato tra i sommelier e gli studenti che frequentano l’ultimo anno dell’istituto alberghiero. Un momento di confronto davvero stimolante per chi si sta affacciando al mondo del lavoro e può dialogare con professionisti, in molti casi giovani, che hanno già fatto una carriera importante. Uno incentivo per i ragazzi che si stanno formando per avere una visione reale anche di obiettivi e traguardi, che sono frutto di studio e grande applicazione quotidiana. Non è uno scherzo gestire contemporaneamente una carta dei vini ricca, se non ricchissima, l’accoglienza e il servizio degli ospiti comunicando in modo corretto il vino. Il lavoro in sala deve essere valorizzato e la Milano Wine Week va in questa direzione». E la terza edizione del Premio Carta Vini Italia assegnato alle migliori 100 carte dei vini, suddivise in 10 categorie, ne rappresenta un sigillo.

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Alberto Lupini


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