L’isola è la stessa, la fascinosa e seducente Sicilia. La storia che vi si narra, anche… ma in campagne diverse, a un secolo di distanza e su altitudini che non sanno soltanto di borghi e di colline, ma di pianori spirituali. La penna fervida, prolifica, ironicamente ingarbugliata di Luigi Pirandello dovette scrivere due volte la commedia campestre Liolà: la prima, la versione originale, nel 1916, nel tanto difficile quanto sonoro e puro dialetto di Girgenti; poi, la seconda, oltre 10 anni dopo, nel 1927, in lingua italiana, perché quell’opera teatrale che tanto successo raccoglieva (e avrebbe raccolto anche in futuro!) era pressocché incomprensibile ai più, una volta varcato lo stretto di Messina.
Oltre un secolo dopo, non tra le campagne di Agrigento, ma tra le Contrade del vulcano Etna, al produttore Pucci Giuffrida è bastata una sola versione per creare l’ennesimo capolavoro cultural-enoico della sua cantina, Al-Cantàra: la nuovissima, ultima etichetta “Liolà Ullarallà”, Etna Doc Rosso, vendemmia 2017, da Nerello Mascalese. Un totale di 999 bottiglie, quasi a indicare il carattere di unicità e originalità a cui negli anni ci ha abituati il viticoltore gentiluomo, commercialista che, a una certa ora del giorno, tradisce numeri e conti nel suo studio di Catania per rifugiarsi dal suo grande amore: il vino, tra le vigne di Randazzo, sul vulcano.
L'Etna Doc Rosso da Nerello Mascalese del Liolà
Prima della degustazione, un giro fra le vigne di Al-Cantàra
Chi, come noi, ha la fortuna di essere coinvolto alle
presentazioni delle sue etichette, sa bene che l’incontro, quella mezza giornata trascorsa in cantina, non sarà un incontro qualunque, non sarà una mezza giornata come le altre. Ad accoglierci sono splendide rose “sentinelle” delle vigne, soldati della terra e dello spirito, con accanto il patron della cantina. Dopo il benvenuto, il discorso verte subito sulla magnificenza di questa terra, di cui Giuffrida dovrebbe di diritto essere nominato ambasciatore. Ci spiega come mai pietre quasi bianche e levigate, che fanno bella mostra all’ingresso delle vigne, si trovino là in aperto contrasto con le pietre nere, ruvide, infernali delle colate laviche. Sono le pietre ritrovate sottoterra durante gli scavi e certamente levigate dal fiume Al-Cantàra, nei secoli distintosi per la sua potenza e da cui la cantina prende il nome: “ponte” è il suo significato in arabo.
La cantina Al-Cantàra di Pucci Giuffrida
Liolà, un'etichetta che si svincola dalla tradizione e incontra i tortelli della chef Valentina Rasà
Una veloce quanto intensa passeggiata tra le vigne e poi ci si ritrova
accomodati al tavolo, a sorseggiare il suo primo spumante, “Re Befé” metodo classico extra brut. Bollicine gradevoli, che testimoniano come anche gli spumanti dell’Etna si stiano ritagliando una loro importanza nel panorama già vasto del perlage. Anche se
questo extra brut si svincola dai canoni classici dei sentori di pane o burro, per virare più sul floreale, sul sapido, fino ad una lunga scia iodata. Ma è solo un assaggio, perché il vero protagonista entra in scena adesso: è lui, “
Liolà”, degustato abbinato a un piatto creato dalla chef Valentina Rasà di Cucina Mani Pura: Tortello di pasta fresca ripieno di ricotta, su crema di funghi shitake dell’Etna, germogli di porro e tocchetti di manzo brasato al vino Liolà.
«Un
vino che conferma l’attenzione per l’aspetto antropologico, oltre che culturale, di tutta la produzione della cantina - spiega
la sommelier Alessia Zuppelli, che accompagna la degustazione assieme a Pucci Giuffrida e
all’enologo Salvatore Rizzuto, dal 2013 in Al-Cantàra - L’uomo è stato ed è sempre al centro delle produzioni di Pucci. Liolà è un Etna particolarmente interessante, che ha fatto 50% in botti di rovere e 50% in botti di castagno, legno autoctono del vulcano utilizzato anche tra i filari delle vigne. Le
note speziate, dunque, derivano dal rovere, mentre il castagno va ad esaltare il carattere identitario del nerello mascalese, conferendogli maggiore morbidezza».
La ricotta dei
tortelli, così, ha preparato il palato alla degustazione; i funghi hanno lanciato un abbraccio al naso, con i loro sentori di bosco e i tocchetti di manzo hanno completato la musicalità di un piatto ben studiato ed equilibrato.
La bottiglia artistica di Liolà
Una bottiglia fra arte e cura dei dettagli
Le
999 etichette sono tutte acquerellate, numerate e firmate a mano, una per una, dalla pittrice e restauratrice siciliana Annachiara Di Pietro, che negli anni ha realizzato e firmato le numerose e curatissime etichette di Al-Cantàra. Un sodalizio che ha trovato perfetta sintonia tra due spiriti come Giuffrida e Di Pietro, sensibili al fascino di un’isola che non risparmia gli amanti del bello. «Come ho iniziato questo lavoro? - spiega il produttore agli amici accorsi in cantina - Vendendo poesia! Ai primi Vinitaly a cui abbiamo preso parte, dopo i primi giorni di freddezza, abbiamo compreso che dovevamo coinvolgere la gente. Ci è bastato dare voce alla nostra Sicilia, alla sua cultura, alla sua storia e alle sue vigne per farla conoscere e apprezzare anche in contesti distanti dalle campagne di Agrigento o dalle colline dell’Etna». E anche a noi, allora, ci sembra di vederlo in lontananza, Liolà che vaga spensierato tra i campi, cantando: “Ullarallà…”, ma questa volta, sembra, sorseggiando il buon vino di Al-Cantàra!