Lambrusco mio, tra degustazioni e storia Etichette da oltre 20 cantine emiliane

23 maggio 2017 | 10:03
di Giuseppe De Biasi
Un territorio e il suo vino. Poche altre province italiane hanno un vino capace di identificarsi in maniera univoca con l’intero territorio, capace di mettere d’accordo i mille campanili che compongono l’articolazione comunale italica, come Modena e il Lambrusco. Vino generoso e fragrante che attraversa la storia contadina della fertile campagna emiliana, quella raccontata da film come “Novecento” di Bertolucci ma che si porta dietro una storia millenaria, antica proprio come la città estense che proprio in questo 2017 festeggia i suoi 2.200 anni dalla fondazione, avvenuta nel 183 a.C.



E ai tempi di Mutina Splendidissima il Lambrusco era già attestato in zona come vitigno selvatico dal nome di Labrusca vitis, spontaneo negli ambienti più marginali delle campagne coltivate, con la particolarità di produrre un’uva dal gusto asprigno. E a rafforzare questa relazione, come testimoniano i disciplinari di produzione della Dop: “il Lambrusco è considerato uno dei vitigni più autoctoni del mondo in quanto deriva dall’evoluzione genetica diretta della vitis vinifera silvestris occidentalis, la cui domesticazione ha avuto luogo proprio nel territorio modenese”.

A questo connubio antichissimo Modena ha dedicato la riedizione di “Lambrusco Mio”, ospitata il 13 e 14 maggio negli splendidi spazi del Palazzo dei Musei in un percorso articolato tra degustazioni, incontri con esperti, visite guidate alle raccolte del Palazzo dei Musei di Modena. Oltre 20 tra le migliori cantine emiliane hanno presentato le loro declinazioni in bottiglia delle bollicine rosse diffuse principalmente nel modenese e nel reggiano e con una piccola propaggine nel parmense e nel mantovano.

Otto le varietà più usate nelle diverse aree: Grasparossa, Salamino, Sorbara, Maestri, Viadanese, Marani, Montericco, Ancellotta, che danno vita alle Dop Lambrusco di Sorbara, con il suo sentore di viola e il più adatto alla spumantizzazione in metodo classico, Lambrusco Salamino di Santa Croce, armonico e duttile, il Lambrusco Grasparossa di Castelvetro, verace e di maggior corpo. A seguire il Lambrusco di Modena, il Reggiano, quello dei Colli di Scandiano e di Canossa, il Mantovano e l’entry-level che spopola nella grande distribuzione il Lambrusco dell’Emilia Igp.



Un vino rosso che risulta il più comprato e bevuto in Italia e, insieme al Prosecco, ambasciatore enologico del Made in Italy, con oltre 400 milioni di bottiglie l’anno spedite in giro per il mondo. Lambrusco capace con le sue fragranti bollicine poco alcoliche di abbinamenti “trasversali” che stupiscono per varietà e che sono in grado di accompagnare, con le varie tipologie, l’intero pasto.

“Un giacimento naturale”, proprio come il titolo del convegno che ha aperto la due giorni di “Lambrusco Mio”, che coinvolge un distretto manifatturiero di 6.500 aziende viticole, 20 cantine cooperative, 48 aziende vinicole, in grado di affermarsi sui mercati internazionali tanto da essere da 40 anni, in termini numerici, la denominazione italiana più esportata nel mondo.

Nella cena di sabato sera e nei banchi d’assaggio della due giorni, oltre ai conosciuti e blasonati interpreti dei marchi più antichi come il Lambrusco del Fondatore di Cleto Chiarli e Vigna del Cristo di Cavicchioli, nei piccoli produttori abbiamo apprezzato fra i Sorbara, il premiato Leclisse di Gianfranco Paltrinieri, l’interessante Etichetta Bianca della Società agricola Zucchi di San Prospero e il ricercato metodo classico di uno specialista come Francesco Bellei e il suo Cuvée Brut Rosso.



Nel Grasparossa di Castelvetro le segnalazioni partono dalla tradizionale interpretazione di una storica cantina cooperativa come la Settecani di Castelvetro passando per l’interessante Monovitigno della Fattoria Moretto, single cru di vigne antiche, arrivando ad un deciso protagonista della denominazione come il fruttato e armonico Terre al sole di Poderi Fiorini di Ganaceto. Nel Lambrusco Salamino di Santa Croce meritano un plauso il Tradizione della carpigiana Cantina di S. Croce mentre per la Dop Reggiano il burbero ma sincero Riò della Cantina Sociale di San Martino in Rio.

Ma l’evento modenese è stato anche l’occasione per presentare l’esordio di un elegante quadrimestrale dedicato, caso unico in Italia e non solo, unicamente al magico mondo delle bollicine, Bubble’s. Un genitivo sassone che racchiude un intrigante progetto editoriale del coraggioso Andrea Zanfi, diretto da un grande esperto di tutto ciò che attiene al nettare di Bacco, come il piacentino Giampiero Comolli.

Bubble’s vuole innanzitutto invertire l’opinione comune che il digitale abbia ormai surclassato l’editoria patinata, di grande formato, grafica ricercata, belle immagini e corposi approfondimenti. Le bollicine nella rivista rappresentano il fil rouge ma non soltanto sotto il profilo tecnico ma come stile di vita…“frizzante”. Interviste, luoghi, racconti e soprattutto storie che dalle bollicine attingono il “savoir-vivre”, per dirla con le parole dei cugini transalpini, che in fatto di bolle e, soprattutto del come promuoverle fuori dai proprio confini, sono purtroppo ancora più bravi di noi italiani.

Il target di riferimento di Bubble’s è, senza dubbio, stakeholder ed opinion leader dello stile italiano che spaziano dal mondo dell’enogastronomia a quello dell’accoglienza oltre agli appassionati del genere, che in Italia sono in costante aumento. Per questo motivo è già in cantiere, una volta assestata la distribuzione mirata, una versione in inglese per i mercati esteri.


Ermi Bagni e Giampiero Comolli

Un’idea frizzante e ben confezionata che farà sicuramente parlare di sé, proprio come il Lambrusco, a cui è dedicato uno speciale in questo primo numero, grazie alla collaborazione con il Consorzio Marchio Storico dei Lambruschi Modenesi il cui direttore Ermi Bagni, sottolinea come «l'attività dei consorzi di tutela e promozione proseguono nel solco tracciato dalla storia, con il riconoscimento delle sette denominazioni d’origine presenti nel territorio, una per ogni giorno della settimana». Come per ribadire la ben nota caratteristica del lambrusco di essere vino quotidiano, adatto ad ogni tipo di tavola…e di portafoglio, il che, visti i tempi, proprio non guasta!

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Alberto Lupini


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