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Vini piemontesi

L’Italia del vino: Barbaresco, alla scoperta delle sue origini antiche

Tutti o quasi sono concordi nell'affermare che furono i Romani dopo la conquista delle Gallie a iniziarne la coltivazione, disboscando i fitti querceti della provincia di Cuneo per impiantare vigneti di uva Nebbiolo

di Eros Teboni
Miglior sommelier del mondo Wsa 2018
 
18 febbraio 2023 | 11:30

L’Italia del vino: Barbaresco, alla scoperta delle sue origini antiche

Tutti o quasi sono concordi nell'affermare che furono i Romani dopo la conquista delle Gallie a iniziarne la coltivazione, disboscando i fitti querceti della provincia di Cuneo per impiantare vigneti di uva Nebbiolo

di Eros Teboni
Miglior sommelier del mondo Wsa 2018
18 febbraio 2023 | 11:30
 

La bottiglia di spesso vetro scuro molato artigianalmente, con etichetta scritta a mano, del “Barbaresco 1870”, conservato alla Cascina Drago di San Rocco Seno d’Elvio (Cn), ne fanno la più antica bottiglia di Barbaresco in circolazione, ma le origini del celeberrimo vino piemontese sono molto più antiche. Tutti o quasi sono concordi che furono i Romani dopo la conquista delle Gallie a iniziarne la coltivazione, disboscando i fitti querceti di queste zone per impiantare vigneti di uva Nebbiolo, tanto prolifica quanto capace di dare frutti succosi, ideali alla produzione del pregiato vino Barbaritium, rinomato anche nei secoli a venire, quando nel 1799, per compiacere le richieste del generale dell’esercito austriaco Von Melas che aveva prevalso sulle truppe francesi, venne richiesto agli abitanti della zona un carro colmo di barili di vino Nebbiolo, per celebrare il momento, facendone la più antica menzione al vino con cui si produce il Barbaresco.

Il 1893 è un’altra data importante, sancisce l’anno di fondazione della Cantina di Barbaresco, dieci coltivatori riuniti grazie agli intenti dell’agronomo Domizio Cavazza, tra i padri del Barbaresco e primo direttore della Regia Scuola Enologica di Alba (Cn). Un cammino luminoso per il Barbaresco, che nel 1934 insieme al Barolo, vedrà la costituzione di un unico Consorzio tutela, a cui seguiranno la promulgazione della Doc nel 1966 e della Docg nel 1980. Un vino che è stato un vero e proprio passepartout per il territorio, quelli che oggi sono territori vocati, che danno vini di pregio, austeri e potenti, osannati dai collezionisti e dai critici, fino agli anni cinquanta erano aree poverissime che il Barbaresco contribuirà a rilanciare, facendone luoghi amati dai wine lovers e dagli scrittori come Beppe Fenoglio e Gabriel García Márquez. Il vitigno Nebbiolo, dal quale dopo almeno 26 mesi di affinamento si ottiene il Barbaresco, si coltiva nei territori comunali di Barbaresco, Neive, Treiso e frazione San Rocco Seno d’Elvio di Alba, su suoli calcarei, argillosi, esclusivamente in aree collinari che con la loro particolare conformazione favoriscono il naturale drenaggio dell’acqua, plasmandone le particolari caratteristiche organolettiche. La famiglia Racca, il conte Riccardi Candiani di Neive e la famiglia Gaja di Barbaresco, che nel 1961 rinuncerà a produrre barolo, per dedicarsi al Barbaresco, sono stati precursori nel promuovere questo grande vino nel mondo.

Le origini del Barbaresco sono molto antiche MANCA MAPPA --- £$L’Italia del vino$£: Barbaresco amato in tutto il mondo

Le origini del Barbaresco sono molto antiche

Barbaresco Docg Il Bricco - Pio Cesare

Varietà: 100% Nebbiolo
Forma di allevamento: guyot
Prezzo medio: 80 euro
Abbinamento consigliato: carni rosse alla griglia e brasati

Carrè di cinghiale alla griglia, salsa alla senape e spuma di polenta ricetta di Gian Marco Stefani del ristorante Stefani dal 1888  MANCA MAPPA --- £$L’Italia del vino$£: Barbaresco amato in tutto il mondo

Carrè di cinghiale alla griglia, salsa alla senape e spuma di polenta ricetta di Gian Marco Stefani del ristorante Stefani dal 1888

Uno storico brand piemontese, fondato nel 1881 da Cesare Pio, imprenditore illuminato capace di portare nel mondo i suoi eccellenti Barolo e Barbaresco, come conferma il suo passaporto ancora conservato in una teca dell’azienda, uno dei primissimi emessi dallo Stato, a conferma della sua infaticabile attività, profusa nel diffondere il marchio. E anche oggi dal suggestivo quartier generale della pluripremiata cantina piemontese, costruito a fine ‘700, sulle antiche mura romane della città di Alba, la Pio Cesare prosegue la sua affermazione con Pio, Augusto, Cesare e Federica Rosy. Scelte coraggiose hanno determinato il successo dello storico brand che si avvale di basse rese nei vigneti, con interventi minimi nella difesa fitosanitaria delle vigne; selezionando in modo accurato le uve e svolgendo nei quattro piani ricavati nel sottosuolo, tutti i processi a temperatura costante, dalla vinificazione, allo stoccaggio delle preziose bottiglie. 70 ettari di vigneti, compresi i 14 destinati a Nebbiolo nella zona del Barbaresco, che si estendono nei comuni del disciplinare, attraverso 3 microzone dal clima fresco, a cui si devono le particolari caratteristiche delle uve, che saranno vinificate in acciaio, rimanendo un mese in macerazione sulle bucce, affinando 30 mesi in rovere francese, rovere di Slavonia e barriques. L’assaggio ci entusiasma, un sorso di grande struttura e potenza, rotondo, corposo, complesso, dal finale persistente, con note balsamiche, speziate, floreali, di frutti rossi maturi e viola. Una bottiglia di notevole livello prodotta in limitate quantità, da lasciare alcuni anni in cantina.

Barbaresco Docg Vürsù Starderi - La Spinetta

Varietà: 100% Nebbiolo
Forma di allevamento: guyot 
Prezzo medio: 125 euro
Abbinamento consigliato: arrosti, selvaggina da piuma e da pelo

Il piccione del Valdarno, il suo petto cotto in carcassa sulle braci vive, composta di mela e cipolla, ricetta di Fabrizio Girasoli del Ristorante Butterfly (1 stella Michelin)  MANCA MAPPA --- £$L’Italia del vino$£: Barbaresco amato in tutto il mondo

Il piccione del Valdarno, il suo petto cotto in carcassa sulle braci vive, composta di mela e cipolla, ricetta di Fabrizio Girasoli del Ristorante Butterfly (1 stella Michelin)


Il rinoceronte che ricorre nelle etichette della Spinetta, è un omaggio al genio del pittore Albrecht Dürer, che fu capace di realizzare un’opera ispirandosi al primo rinoceronte giunto in Europa nel 1515. Giorgio Rivetti rimarrà colpito dalla genialità dell’artista tedesco, che completerà l’incisione senza aver mai visto l’animale. È nei primi anni sessanta che si origina questa felice avventura imprenditoriale grazie a Giuseppe Rivetti, detto Pin e a Lidia. Proseguiranno i figli Carlo, Bruno, Giorgio e Giovanna nel segno della famiglia e del territorio, inizialmente dedicandosi al moscato, il primo sul territorio nazionale a essere ottenuto da un singolo vigneto, per arrivare al Barbaresco con il vigneto Gallina nel ‘95, lo Starderi nel ’96 e il Valeirano nel ‘97. Tre Barbaresco ottenuti con una particolare attenzione alla vigna, secondo i principi dell’agricoltura biologica, praticando le basse rese e rimuovendo parte dei grappoli acerbi, per favorire rese non intensive. Il Barbaresco Starderi si origina a 230 metri sul livello del maregrazie a vigne con un’età media di 55 anni, su suoli di marne calcaree bluastre caratterizzate da piccole percentuali di argilla e un clima mitigato dallo scorrere del sottostante fiume Tanaro. Ogni anno se ne ricavano appena settemila bottiglie e circa 400 Magnum con dieci anni di affinamento. Un sorso elegante, strutturato, fresco, coinvolgente, che al naso manifesta lievi sentori di frutta rossa matura, mora, prugna e una nota esotica. In bocca è potente, equilibrato, persistente, ma anche sapido e tannico, con finale maestoso, intenso e lungo.

Barbaresco Docg Montersino - Orlando Abrigo

Varietà: 100% Nebbiolo
Forma di allevamento: guyot 
Prezzo medio: 48 euro
Abbinamento consigliato: stracotto di somarino e peposo toscano

Il Daino di Uberto a passeggio tra i noccioli della Pedemontana, ricetta di Alessandro Gavagna della Trattoria Al Cacciatore (1 stella Michelin)  MANCA MAPPA --- £$L’Italia del vino$£: Barbaresco amato in tutto il mondo

Il Daino di Uberto a passeggio tra i noccioli della Pedemontana, ricetta di Alessandro Gavagna della Trattoria Al Cacciatore (1 stella Michelin)

È una storia di famiglia quella degli Abrigo, impegnati già negli anni '40 nell’attività di produzione e vendita di uva e vini per i mercati piemontesi e liguri, a cui seguirà un periodo in cui i terreni verranno affidati a un mezzadro di fiducia, fino agli anni '60, quando Orlando, dopo gli studi, comincia a dedicarsi alla vinificazione per poi scegliere di tornare definitivamente alla terra nel '73, continuando l’attività di famiglia, è l’anno in cui viene prodotta la prima bottiglia di Barbaresco Orlando Abrigo. Giovanni, secondo dei 4 figli di Orlando, nel 1986 porta a termine la sua prima vendemmia mentre frequenta il quarto anno dell’Istituto Agrario Umberto I di Alba. Due anni dopo si diploma in enologia ad Alba, prende le redini dell’azienda dal padre Orlando e pochi anni dopo si laurea al Corso di viticoltura ed enologia. Una florida azienda che ha fatto del Barbaresco il suo mantra, con 21 ettari vitati rispetto ai tre iniziali e la nuova cantina, per tre quarti interrata nel suolo, sorta nel 2013, su progetto dell’architetto Marco Ferreri. Risale al 1996 l’acquisto della prima vigna nel cru Montersino a Treiso (Cn), dedicata al Barbaresco come il cru Merruzzano. Un Barbaresco espressione della varietà di Nebbiolo Lampia, ottenuto con pigiatura soffice, macerazione sulle bucce per circa 25 giorni e affinamento in barrique, tonneaux e legni nuovi. Al naso sentori di piccoli frutti rossi e neri e note balsamiche di liquerizia e tabacco. In bocca un crescendo, prima lieve, poi tannico, sontuoso, potente e di grande persistenza. Da stappare subito o da lasciare in cantina per alcuni anni.

 

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