È una storia d’amore nata all’inizio degli anni Trenta quella che lega l’azienda Conti Zecca alla Puglia, in modo particolare al leccese, e ad un certo modo di fare vino che negli anni ha dimostrato come le scommesse un tempo criticate oggi sono considerate vinte e stravinte.
Clemente Zecca
Clemente Zecca, 26 anni, rappresenta la quarta generazione della famiglia in azienda. Affiancato dal padre e dai tre zii, guida questa realtà quasi centenaria verso i nuovi orizzonti del mondo della vinificazione. Non a caso, è dalla sua fantasia e dai suoi studi che è nato il primo “orange” della Conti Zecca, il Calavento: «Si tratta di un vino frutto di fermentazione spontanea con lieviti indigeni e macerazione in serbatoi di acciaio inox, con le bucce che rimangono a contatto con il mosto per circa venti giorni. Per ora abbiamo prodotto poche bottiglie, ma considero questo vino una “novità reazionaria” che si evolverà nel tempo. Si tratta di un prodotto naturale, fortemente legato al territorio. Una novità che mi rappresenta in tutto e per tutto, perché sono queste le cose che noi giovani possiamo portare oggi al mondo enologico».
Lei è il più giovane rappresentante della famiglia in azienda, ma sembra avere già una grande autonomia.
Merito di mio padre e dei miei zii, che mi hanno lasciato carta bianca su tanti progetti. Come per il Calavento, un vino che ho fortemente voluto e che ho avuto la possibilità di studiare in tutti i suoi particolari.
Quando ha capito che il vino sarebbe stata la sua vita?
Quando ho studiato all’Università di Pollenzo mi si è aperto un mondo: lì ho capito che era la strada giusta per me. Prima i miei genitori non mi hanno mai forzato ad entrare in azienda, anzi: mi hanno sempre detto di seguire quelli che erano i miei interessi. Per questo, prima di iscrivermi all’Università di Scienze Gastronomiche, ho studiato marketing e comunicazione negli Stati Uniti.
Vista sui vigneti
Oggi se ne parla quasi come se fosse uno spot, ma quanto crede la Conti Zecca nel sostenimento biologico?
La sostenibilità ambientale per noi è fondamentale: il vino è un prodotto della terra ed è importante che il terreno sia ricco di sostanze e microrganismi che sono unici per ogni territorio. Sono loro a dare carattere ed unicità al vino. Il rischio, utilizzando prodotti invasivi, è che il terreno si appiattisca e ci consegni un vino omologato. Non sarebbe un Conti Zecca.
Un’altra particolarità che vi caratterizza è l’uso ponderato ed intelligente del legno in cantina.
Purtroppo per un certo periodo storico l’uso del legno era dettato da una sorta di moda del momento. Negli anni Ottanta se non affinavi nel legno non eri considerato al passo coi tempi. Ma questa tecnica va usata nel modo giusto, solo per vini che lo richiedono, altrimenti si rischia di stravolgere un prodotto che dovrebbe andare in una direzione diversa. Il legno non deve essere invasivo perché, altrimenti, porterebbe solo difetti e non vantaggi.
Il Nero, la punta di diamante di Conti Zecca
La vostra punta di diamante è Nero, un vino nato più di 20 anni fa e che si avvicina all’idea dei super tuscan. Si può considerare un azzardo ben riuscito?
Io ovviamente non c’ero, ma mi viene da sorridere se penso alle critiche che l’azienda può aver subito quando all’inizio degli anni Duemila ha iniziato a proporre il Nero. Viene definito un Super Tuscan ma io lo chiamo “Super Puglian”, se mi passate il termine. L’idea era di dimostrare a tutto il mondo la potenzialità del nostro territorio, dare una mano al Negroamaro (utilizzando le uve migliori che avevamo) con un Cabernet Sauvignon che potesse farlo diventare un vino ancora più strutturato. I premi ricevuti negli anni credo che abbiano dato ragione a chi, con coraggio e lungimiranza, ha pensato a questo prodotto.
Discorso simile lo possiamo fare anche per Luna: un bianco difficilmente ha dato tante soddisfazioni in Puglia…
Vero, il concetto è lo stesso: una Malvasia unita allo Chardonnay e un affinamento in barrique per dare una struttura molto più importante al prodotto finale. Per un bianco pugliese il risultato così è sempre qualcosa di incredibile. Negli ultimi anni abbiamo perfezionato ulteriormente questo vino che, secondo me, è diventato ancora più straordinario: oggi ne produciamo ventiquattromila bottiglie. Si può dire che Luna e Nero siano le due icone trainanti della nostra azienda: raccontano la nostra realtà, ed il loro successo ci ha permesso di investire in altri vini autoctoni del nostro territorio lavorati in purezza.
La famiglia Conti Zecca
Negli ultimi due anni la pandemia ha cambiato tante cose nel mondo dell’enogastronomia: come ne è uscita Conti Zecca?
Gli ultimi due anni non sono stati facili neanche per noi. La ristorazione bloccata ha portato un calo del 30% delle vendite. Ma la cosa bella è stato vedere come tutti i clienti ci abbiano scelto nuovamente al momento della riapertura. Noi li abbiamo aiutati consentendo ordini più piccoli: abbiamo perfettamente capito la loro paura di fare scorte che rischiavano di restare in magazzino.
Come immagina l’azienda Conti Zecca tra vent’anni?
Il nostro obiettivo è di comunicare chi siamo e di raccontare il nostro territorio: non ci interessano i grandi numeri, verremmo mangiati dai giganti e da chi può permettersi di andare sul mercato con un prezzo sempre più basso. Noi vogliamo restare legati al nostro territorio, vogliamo portare avanti dei vini che sono solo nostri. Se immagino l’azienda tra vent’anni, sogno che Conti Zecca possa essere diventata un punto di riferimento per gli amanti del Negroamaro salentino, la “Mecca del Negroamaro”.
Conti Zecca
via Cesarea - 73045 Leverano (Le)
Tel 0832 925613
www.contizecca.it