Franciacorta in continua evoluzione: dalla zonazione ai “cru” in etichetta

La Franciacorta è un consorzio vitivinicolo con una superficie vitata cresciuta fino a 3.500 ettari, e il Consorzio continua a studiare il territorio e le tecniche vitivinicole per raggiungere l'eccellenza del prodotto . Mario Falcetti, consigliere delegato per Ricerca e sviluppo, sottolinea l'importanza di adattare la viticoltura ai cambiamenti climatici e agli eventi estremi con nuove varietà di vitigni e migliorando geneticamente l'Erbamat

25 maggio 2024 | 05:00
di Giambattista Marchetto

È stato uno dei primi consorzi a dotarsi di una carta vocazionale, con una zonazione realizzata già a metà degli anni Novanta. Nel frattempo la Franciacorta ha quasi triplicato la superficie vitata, arrivando agli attuali 3.500 ettari di vigneto, ma l’impostazione strutturale non è cambiata e ancora oggi il Consorzio continua ad approfondire lo studio dei terreni e delle tecniche vitivinicole per raggiungere un obiettivo condiviso: l’eccellenza del prodotto.

«Quella zonazione, condotta con tecniche e criteri dell’epoca, aveva portato a individuare sei unità di paesaggio, ciascuna caratterizzata da un particolare ambiente geopedologico e morfologico», rimarca Mario Falcetti, consigliere delegato nel Consorzio per Ricerca e sviluppo. Da quel primo progetto, il Consorzio si è strutturato con un ufficio tecnico che ha sempre supportato lo studio e la conoscenza del territorio e oggi, nella sua ultima accezione, funge da piattaforma R&D al servizio di chi fa il vino nella denominazione lombarda. «Il lavoro più importante sul tavolo in questo momento - spiega Falcetti - gravita intorno alla gestione del vigneto e allo studio di nuove varietà. Siamo in un ambito di ricerca sperimentale e non vediamo ancora nulla di applicato, ma il grande tema in auge da anni è quello di una mitigazione o un adattamento della coltura della vite al cambiamento climatico».

Franciacorta: una continua evoluzione

In questi trent’anni la viticoltura, in generale, ha visto mutare lo scenario climatico di riferimento e quelli che erano i parametri tradizionali. «In più abbiamo visto il ritorno di eventi climatici estremi e quindi di situazioni sempre meno prevedibili. In questo scenario in cambiamento, da un punto di vista agronomico cerchiamo di assecondare la vigna - spiega Falcetti - abituandola a reagire e adattarsi, ad esempio agli sbalzi termici. Un altro ambito da investigare è quello dei vitigni con esigenze di maturazione differenti: da qualche tempo si parla di Piwi e si sta cercando di capire con i dati l’impatto che potrebbero avere sul nostro territorio».

Sempre con riferimento ai vitigni, il gruppo tecnico sta facendo un lavoro importante sul miglioramento genetico dell’Erbamat. «Non ci fermiamo a quanto è stato recuperato - spiega il delegato - ma cerchiamo con tecniche di genetica tradizionale di incrociarlo con varietà più vicine, sfruttandone la maturazione tardiva e l’acidità, abbinandolo alle caratteristiche organolettiche dei nostri Chardonnay e Pinot».

Franciacorta: il progetto della zonazione 4.0

C’è poi un progetto molto articolato e complesso, messo in campo con i fondi del Pnrr e ancora in fase di approvazione. In collaborazione con atenei specializzati, il Consorzio intende lavorare su una zonazione 4.0 a partire dall’esperienza degli anni Novanta, ma utilizzando nuove tecniche moderne di rilevamento e interpretazione, utilizzando l’intelligenza artificiale per analizzare immagini satellitari e ricavate da droni. «Grazie alle nuove tecnologie - chiosa Falcetti - ci attendiamo di avere sempre più informazioni utili alla decisione agronomica, per applicare soluzioni ragionate e adattate alla singola situazione. E questo per tutta l’estensione della denominazione. Una maggiore conoscenza di suoli e microclimi porta a capire l’interazione tra la singola varietà e l’ambiente, al fine di ottimizzare e ridurre gli interventi imani. Puntiamo quindi ad essere meno incisivi e più sostenibili».

La sostenibilità è infatti la parola-chiave nel processo di evoluzione della Franciacorta e questo significa andare nella direzione di una viticoltura ragionata. In quest’ottica, negli ultimi due anni il gruppo di R&D del Consorzio ha prodotto e pubblicato (e distribuito ai soci) un rapporto di attività in cui vengono sintetizzate tutte le attività di controllo, monitoraggio e sperimentazione condotte. «Diventa la pietra miliare delle conoscenze condivise sul nostro territorio - spiega il delegato - e questo passa anche dai bollettini periodici mirati sull’impatto che la singola malattia potrebbe avere. Sono modelli predittivi autocalibranti basati su una marea di dati climatici, fenologici e biologici del ciclo del patogeno che ci permettono di essere tempestivi nell’informare i produttori».

Franciacorta: verso le Unità geografiche aggiuntive

L’ultimo progetto in ordine di tempo è la mappa delle unità geografiche redatta dallo “specialista” Alessandro Masnaghetti di Enogea. La Carta delle Unità geografiche è basata su un imponente lavoro documentale che ha attinto alle informazioni presenti nel Catasto napoleonico, redatto all’inizio dell’Ottocento, e che ha restituito una fotografia del territorio della denominazione suddividendolo in 134 Unità Geografiche.

«Al momento non c’è la velleità di andare a inserire elementi di tipo pedologico, geologico o morfologico - precisa Falcetti - ma è semplicemente la restituzione su mappa di un toponimo sul modello Borgogna. Ogni toponimo in linea di massima rientra in un comune amministrativo e in questo momento si tratta di uno strumento conoscitivo e divulgativo. Ora l’Assemblea del Consorzio ha approvato l’apertura di un iter per portare le Ug nel nostro disciplinare. E una volta stabilite le regole di ingaggio, le Ug possono diventare Unità geografiche aggiuntive e dunque entrare legittimamente in etichetta». Al momento non esiste alcuna gerarchizzazione, anche se una volta create le Uga potrebbero emergere zone più vocate che il mercato e la critica andranno a identificare come “speciali”. «Credo che questa sia una grandissima opportunità - conclude il delegato - pur senza alcun obbligo per i produttori. Infatti le Uga di sicuro andranno ad arricchire il racconto del nostro territorio».

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Alberto Lupini


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