Erbaluce di Caluso: il vitigno autoctono che racconta la storia del Canavese

L'Erbaluce di Caluso è un vino bianco versatile e ricco di storia. Coltivato in un territorio unico, tra le colline moreniche del Canavese, questo vitigno offre diverse tipologie

23 agosto 2024 | 13:26
di Fosca Tortorelli

Il Canavese è un'importante area vitivinicola del Piemonte, non solo terra di vino, ma anche di figure illustri come Adriano Olivetti. Un'area ricca di storia e di cultura - oggi quattro siti riconosciuti come Patrimonio dell'Umanità - che può essere letta e raccontata attraverso la produzione dei suoi vini. Un territorio dal potenziale ampio e diversificato, che vede nell'Erbaluce la bacca bianca dominante, varietà che viene tutelata dal Consorzio di Tutela e Valorizzazione Vini Caluso Docg, Carema e Canavese Doc, nato nel 1991 dall'evoluzione del Centro di tutela e valorizzazione vini Doc di Caluso e fondato nel 1986 da appena sette viticoltori. Un consorzio che dal 1996 comprende anche la tutela della Doc Carema e dal 1998 di quella del Canavese, ultima nata tra le Doc di competenza.

Canavese, un territorio centrale

Il Canavese è inoltre un territorio di snodo e di passaggio, una sorta di corridoio tra il Piemonte e la Valle d'Aosta, ed è per questo che si presta alla comunicazione con i Paesi d'oltralpe offrendo al contempo una ricchezza di ambienti naturali e microclimi che hanno favorito nei secoli la coltivazione della vite, innegabile protagonista del paesaggio canavesano.

Il comprensorio Erbaluce conta 37 comuni, situati tra le due serre, quella di Ivrea e di Caluso che la racchiudono nella conca morenica canavesana, scarsi 300 ettari di Ettari Erbaluce Docg, con una produzione di vino imbottigliato Erbaluce di Caluso Docg 2023 di 964.382 bottiglie totali.

Canavese, le varietà di Erbaluce

Si tratta di una varietà versatile, che può essere vinificata in tre tipologie diverse: Erbaluce di Caluso Docg bianco fermo, Erbaluce di Caluso Docg Metodo Classico e Erbaluce di Caluso Docg Passito. Secondo la leggenda sembra che il suo nome derivi dalla ninfa Albaluce, figlia del Sole e dell'Aurora. Nel 1606 il gioielliere di Casa Savoia Giovanni Battista Croce descrive nella sua opera “Eccellenza e diversità dei vini le caratteristiche della varietà”, “l'uva bianca così detta, come alba luce, perché biancheggiando risplende... matura diviene rossa e colorita”. L'Erbaluce viene inoltre coltivato principalmente con il sistema della pergola (localmente chiamata topia), ma anche con sistemi a controspalliera con potature a guyot. I grappoli, normalmente alati e di media grandezza, sono generalmente spargoli con acini dalla buccia spessa, che assumono a piena maturazione un bel colore ramato quasi fossero arrostiti dal sole, tanto che in zona la varietà è chiamata anche Uva Rustia.

Interessante capire il suolo su cui questa varietà trova la sua linfa vitale, con le sue diverse matrici rocciose. Importante anche il microclima che è mite, protetto dalle colline ed equilibrato dalla presenza di numerosi laghi. Proprio sulle colline cresce una vegetazione tipica mediterranea che comprende ulivi, fichi d'india e agave. Il territorio beneficia di una costante ventilazione generata dalle vicine Alpi valdostane e da un'ottima escursione termica tra il giorno e la notte. Gli inverni sono freddi, abbastanza umidi e poco piovosi, mentre le estati sono calde e soleggiate fino a settembre. Le precipitazioni medie sono pari a 900 mm all'anno, distribuiti in 75 giorni di media, e si concentrano soprattutto in primavera e in estate.

Erbaluce, una varietà legata al Canavese

Parlando di Erbaluce possiamo affermare che si tratta di una varietà autoctona più che tradizionale e che è molto legata a questo territorio, con una diffusione marginale nella zona delle colline novaresi. Un vitigno che può definirsi neutro, il cui patrimonio aromatico è dovuto alle condizioni pedoclimatiche della zona. È un vitigno che si è particolarmente adattato al terreno sabbioso e ciottoloso delle colline moreniche canavesane che hanno una buona acidità di base che lascia nel vino una pregevole freschezza.

Le declinazioni di Erbaluce: fermo, spumante e passito

Nella sua versione ferma, l'Erbaluce di Caluso Docg il suo profumo molto fine ricorda quello dei fiori di campo, rimandando all'acacia e al biancospino. La caratteristica nobile dell'Erbaluce sta nella spiccata capacità di evoluzione nel tempo: dopo tre o quattro anni di invecchiamento questo vino mostra tutta la sua complessità e struttura, emergono infatti note terziarie estremamente interessanti.

Per quel che riguarda lo Spumante, sono state due le aziende che tra gli anni Settanta e Ottanta hanno lanciato questa tipologia, che con il tempo è stata prodotta anche dalle altre aziende, fino ad entrare nella tipologia prevista dal disciplinare. Erano prove fatte da due aziende di riferimento, tra cui quella che poi è stata forse quella più nota, l'azienda Cieck, con la figura di Remo Falconieri ex ingegnere dell'Olivetti che dopo aver frequentato un corso sulla spumantizzazione nella Champagne, a Épernay, decide di sperimentare la spumantizzazione dell'Erbaluce, vitigno che con la sua vivace e bella acidità si presta bene a diventare bollicina. Parliamo naturalmente di Spumante Metodo Classico, dove acidità e struttura sono i due elementi che caratterizzano l'Erbaluce.

Infine, la versione Passito mette in luce la poliedricità del vitigno, i cui grappoli dopo un'accurata selezione vengono sottoposti a un periodo di appassimento in locali arieggiati, le “passitaie”, dove rimangono distesi su graticci o appesi per il peduncolo per un periodo che varia dai 3 ai 5 mesi (l'appassimento che deve essere protratto fino ad avere un contenuto zuccherino non inferiore al 29%) per poi iniziare la pigiatura. Quest'ultimo era considerato un vino di lusso, prodotto con l'uva bianca migliore, con una vendemmia leggermente anticipata e messa ad appassire. Era il passito che tutte le famiglie producevano per occasioni particolari della vita dell'anno, dai battesimi ai matrimoni; era il vino da regalare agli amici, da aprire in compagnia. Una varietà che ha tanto da raccontare e che va scoperta goccia a goccia.

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