La Canosa: Verdicchio ma non solo tra la bellezza dei Monti Sibillini

La cantina di Rotella ha presentato i suoi vini durante una serata al ristorante Ratanà di Milano. Non soltato etichette espressione storica del territorio, ma anche proposte più internazionali

31 ottobre 2023 | 18:01
di Guido Gabaldi

Se è pur vero che la storia del vino, in Italia, fa quasi sempre capo a una famiglia, questa volta cambiamo angolatura: cominciamo dal territorio. L’azienda vitivinicola “La Canosa” è circondata dalle dolci colline marchigiane, nel cuore del Parco Nazionale dei Monti Sibillini: il nome viene dal vicino borgo Poggio Canoso, uno dei quattro castelli del comune di Rotella (AP), edificato tra il XII e il XIII secolo dai monaci farfensi all’interno della Val Tesino, alle spalle del Monte dell’Ascensione. Poggio in quanto arroccato su di un poggio roccioso, Canoso dal latino canus, invecchiato, per il calcare biancastro dei terreni circostanti.

Tornerà ancora a far capolino, il latino, uno dei tratti distintivi dell’orgoglio da produttore della famiglia Reina, proprietaria de “La Canosa”. E allora cosa abbiamo qui? Centodieci ettari, quaranta dei quali sono dedicati a vigneti per la produzione sia di vini tipici del territorio, sia dal respiro più internazionale, sfruttando al meglio le diverse altitudini, dai 350 ai 550 metri, e beneficiando della notevole escursione termica tra le ore diurne e quelle notturne, per tutto l’anno. Attorno a Jesi (AN), sono stati di recente acquistati 12 ettari di vitigni di età compresa tra i 12 e i 20 anni per la produzione del Verdicchio, presentato a Milano presso il ristorante “Ratanà” da Riccardo Reina e dalla figlia Alberica, che è ad oggi il perno e la guida dell’azienda di famiglia. Non solo Verdicchio, comunque, a movimentare le serate dell’esigente platea di assaggiatori milanesi: “La Canosa” ha messo in campo anche il “Servator”, Offìda Passerina DOCG; “Signator”, Rosso Piceno DOC; “Nummaria”, Rosso Piceno Superiore DOC; “Passerina”, spumante extra dry; “Canoso”, spumante rosso. Il latino ritorna, evidentemente, come segnale della permanenza del vino nel solco di una storia appassionante, che sfida i secoli.

La Canosa, vino marchigiano che guarda all'Europa

«A proposito di storia - racconta Riccardo Reina - il mio rapporto con il vino comincia piuttosto presto, diciamo dagli otto anni.  Avevo una nonna eccezionale, dotata di un grande dono di natura: un palato e un olfatto finissimo, ben conosciuto da amici e parenti, che chiedevano il suo parere quando dovevano assaggiare qualcosa di nuovo. E dunque da piccolo mia nonna ci teneva a farmi sperimentare tante diverse tipologie di vino, sia pure in quantità limitatissime, scatenando così le ire di mio padre, che temeva mi rovinassi la salute. Preoccupazioni eccessive, forse, visto che adesso ho i capelli bianchi e sono ben vivo e vegeto. Quelli sono stati gli inizi, ora il testimone è passato a mia figlia, che è in prima linea per qualsiasi operazione di marketing, mentre io mi intrometto ancora nella parte più schiettamente produttiva.

Per quanto riguarda il commerciale, abbiamo impostato l’offerta in questa maniera: dobbiamo avere in catalogo più linee di prodotto, sia quelle da GDO, alla portata di tutti, sia quelle premium, più esclusive. Il tutto sempre nel rispetto dei nostri standard di qualità e dell’impostazione che ci siamo dati da tempo: la volontà di far parlare il territorio, di valorizzare la sapidità che ne scaturisce per naturale conformazione dei suoli e che risulta evidente nei bianchi, ma pure nei rossi. I primi sono subito riconoscibili per la loro freschezza, i secondi si distinguono per l’equilibrio e il vigore dei tannini. E nel rispetto di un altro principio, ossia che il vino uscito dalle nostre cantine non deve inseguire i trend di mercato, o variare a seconda delle mode, ma deve essere un piacere anzitutto per me e per la mia famiglia: tutto il resto viene dopo».

L'incontro tra La Canosa e il Ratanà

Fatte le doverose premesse e chiarito chi o che cosa sta al centro del progetto, siamo andati avanti con padre e figlia a verificare l’efficacia dell’Offida Passerina DOCG, latinizzata con “Servator”, capace di abbinarsi con destrezza (senza farsi schiacciare) ai Crostoni di pane di segale con acciughe del Cantabrico del Ratanà: merito della struttura del bianco, ma anche della sua freschezza non banale. Il Nummaria Rosso Piceno Superiore DOCG ci è piaciuto per i sentori netti di frutti di bosco, per i tannini levigati ed il finale pepato, fruttato e amaricante. Il Nummaria è composto da Montepulciano e Sangiovese, i vitigni principi della zona del Piceno, ed ha accompagnato fin quasi a sovrastarlo il Pollo ficatum con mandorle pugliesi e limone. Ma il protagonista della serata ci è arrivato a braccetto col Taco di baccalà mantecato, chimichurri, peperone crusco e pomodoro. Il suo nome è Picus Viridis, picchio verde, comunemente considerato l’indicatore dello stato di salute ecologica di un territorio. Si tratta di un Verdicchio dei Castelli di Jesi Classico Superiore DOCG piuttosto facile da abbinare, a suo agio con carni bianche, pesce in guazzetto o grigliato, antipasti e formaggi erborinati. Un bianco con un buon grado di complessità, che al naso saltella piacevolmente dalla pesca all’ananas alla mandorla. E se qualcuno fa notare che non si tratta di qualità eccezionali, aggiungeremo che il bilanciamento fra morbidezza al palato e sapidità nel finale va a formare un quadro complessivo di grande pregio estetico, perfettamente comprensibile anche da chi di mestiere non fa il sommelier.

Se l’intento di Riccardo ed Alberica Reina era quello di costruire la gamma “La Canosa” con 17 etichette adatte a tutti i gusti e portafogli, rifuggendo sia dal popolaresco bieco sia dalla nobiltà scostante, hanno probabilmente fatto centro. Sono perciò pronti a scrivere un altro pezzettino di storia enologica marchigiana, preferibilmente in italiano ma poi anche in latino, per non perdere il contatto con le radici.

La Canosa
Contrada San Pietro 6 - 63071 Rotella (Ap)
Tel 0736374556

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Alberto Lupini


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