Antichi Vinai sull'Etna Vini naturali come una volta
Petralava 2015 Etna Doc, rosso, struttura, severità, fascino; Neromosso, bianco da Nerello Mascalese frizzante dalla beva piacevolissima e dal naso ricco
15 settembre 2019 | 10:21
di Gianni Paternò
Già nel 1877 il bisavolo Giacomo vendeva vino al boccale in una bettola di Acireale (Ct). Uno dei 3 figli, Andrea, si sposa con la figlia di un notaio che porta in dote 500mila lire di allora, con cui si comprano 90 ettari, la maggior parte vigneti, ampliati fino alla seconda guerra mondiale.
Antichi Vinai
Arrivata la pace, la proprietà si divide tra gli eredi ma l’unico che lavora in proprio nel vino è l’ultimo Giacomo, che negli anni '60 - quasi novità per la Sicilia - comincia ad imbottigliare, usando il tappo a corona. Giacomo si prefigge la ricerca della qualità, così agli inizi degli anni '80 compra una distilleria a Passopisciaro, nel nord dell’Etna, e la trasforma in una cantina per allora all’avanguardia, una struttura aliena dotata di termoregolazione, microfiltrazione, riempimento dei serbatoi con azoto, tanto per fare qualche esempio. Allora era utopia credere nell’attuale successo dei vini etnei: Giacomo era considerato un visionario quando sull’Etna si vendeva vino sfuso localmente ed esisteva giusto qualche cantina sociale dove conferire le uve.
Marco, Giacomo e Giuseppe Gangemi
Si vende all’ingrosso fino al '94, quando inizia la commercializzazione in proprio. Giacomo è affiancato dai figli, ora cinquantenni: Giuseppe, enologo con laurea ad Udine, e Marco che detiene il ruolo di direttore commerciale. Entrambi si votano ad incrementare la qualità dei propri vini; oggi possiedono 9 ettari nelle contrade più vocate nei comuni di Castiglione e Randazzo, in quel versante nord che oggi rappresenta la Napa Valley siciliana; ne aggiungono altri 39 in affitto e in conduzione diretta tra Biancavilla, Linguaglossa e Sant’Alfio, tutti ricadente nella Doc Etna. Inoltre, per completare l’offerta, diventano négociants alla bordolese acquistando da produttori scelti e seguiti agronomicamente uve di Nero d’Avola, Grillo, Insolia.
Filari di Nerello Mascalese
Un totale di 16 etichette ed una produzione di 300mila bottiglie, di cui 100mila nella Doc Etna - in futuro sempre più vulcano e meno acquisti, anche aumentando il vitato. I Gangemi, ora senza più Giacomo, ma con l’arrivo in azienda della quinta generazione con Viviana, enologa ed agronoma, continuano la loro filosofia: fare grandi vini nel rispetto della tradizione e della naturalità, ma con tecnologie moderne.
Si comincia in vigna, dove i diradamenti delle uve sono ridotti al minimo e mai nelle viti vecchie: il territorio deve dare quello che può, niente trattamenti con fitofarmaci e pesticidi grazie alle condizioni favorevoli - alte quote, venti serali che non permettono il ristagno di umidità e la formazione di brina, quindi di muffe. In cantina una vinificazione dedicata alle uve migliori, fermentazioni spontanee, lunghi invecchiamenti, ben oltre il disciplinare, in botti grandi di castagno, come si usava una volta, niente barriques e tonneaux, solfiti ai minimi termini. Sarebbe quindi una filiera biologica, se volessero certificarla, con vini che oggi si definiscono naturali.
Botti di castagno
Parliamo ora di 2 vini: Petralava 2015 Etna Doc rosso e Neromosso bianco da uve nere, un frizzante senza millesimo.
Il Petralava rosso è formato da Nerello Mascalese al 90% e da Nerello Cappuccio, quindi percentuali classiche, viti ad alberello di circa 30 anni e controspalliera in sabbie vulcaniche a quota 750 metri; raccolta nella prima decade di ottobre, macerazione lunga con lieviti spontanei, affinamento in botti da 32 ettolitri di castagno per circa 2 anni e in bottiglia per un altro anno senza filtrazione, quindi ben oltre i limiti del disciplinare. Il 2015 è l’ultima annata in commercio. 13,5 i gradi alcolici. Nel calice il colore è rubino scarico tipico del Mascalese, un naso di rara eleganza e di stupefacente complessità, un coacervo di profumi: amarena, ciliegia sotto spirito, prugna, salvia, fiori secchi, tabacco, liquirizia e tanto altro in rotonda armonia; il palato rivela un gran corpo ed una complessa struttura, tannini più che vellutati, vispa ed equilibrata acidità, si presentano i sentori olfattivi, il tabacco su tutti, un equilibrio rotondo ed una lunghezza quasi infinita. Un grande vino da carne, da formaggi non molto stagionati, ma che preferiremmo gustare in salotto, magari con qualche mandorla tostata. In enoteca 18 euro, ma anche meno.
Petralava e Neromosso
Il Neromosso bianco è ricavato da uve di Nerello Mascalese nell’Etna orientale, alcune bianche aromatiche e semiaromatiche che tradizionalmente venivano innestate in piccola quantità nei vigneti: inzolia, moscatello, zibibbo, malvasia. Vigneti essenzialmente a controspalliera in terreni sabbiosi vulcanici. Raccolta a fine settembre, ad uve ricche di acidità, e selezione manuale, pressatura soffice a 8°C di temperatura, fermentazione spontanea a temperatura controllata, la trasformazione degli ultimi residui zuccherini avviene in autoclave per ottenere un vino “mosso” più che frizzante, a soli 1,2 bar, con grado alcolico di 11,5% vol. Esce ad aprile e come spesso succede nei disciplinari delle Doc non può fregiarsi della denominazione in quanto non è previsto Nerello Mascalese in bianco e in tale tipologia. Sicuramente ciò avverrà quando qualcuno dei produttori che reggono le fila avrà anche questa tipologia.
Nel calice il colore è paglierino con nuances dorate; naso inizialmente con fiori secchi da spumante arricchito da pesca, albicocca, cedro, piacevole e complesso; in bocca è molto secco con leggere e finissime bollicine, una struttura intensa ed una lunghezza che non ti aspetti, una lieve sapidità. Un frizzante, anzi un mosso, che può tenere testa a tanti spumanti Charmat e capace di affrontare anche un tutto pasto e non solo un aperitivo. Una lietissima sorpresa.
Per informazioni: www.antichivinai.it
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