Alessandro di Camporeale e Principi di Spadafora, anime mediterranee del vino siciliano
Suggestivo viaggio enogastronomico alla scoperta degli ”angeli” e dei “demoni” di due aziende vinicole d’eccezione e delle loro etichette tutte da conoscere
La Sicilia nel bicchiere. Viaggio enogastronomico alla scoperta di due cantine vinicole palermitane Alessandro di Camporeale e Principi di Spadafora e dei loro “angeli” e “demoni”.
La Sicilia nel bicchiere
Ingabbiare i vitivinicoltori siciliani in paradigmi ritenute gabbie è sforzo vano.
Siano altri, nel continente, a lavorare sulle cosiddette zonazioni, sulle connotazioni più intrinseche e peculiari dei cosiddetti terroir, onde ricavarne vini a fortissima valenza identitaria.
Non lo si saprebbe fare anche in Sicilia!?
Ma vogliamo scherzare!? Fior di agronomi, enotecnici ed enologi costituiscono casi lodevoli di gloriosa e laboriosa scuola siciliana; essi della vite e del vino possiede l’onniscienza.
Fatto è che seguire percorsi disegnati con la matita della ratio è poco congeniale per chi vive avendo come confine naturale solo i mari che separano questo meraviglioso scrigno isolano del Mediterraneo dal resto del mondo.
Molto più appassionante essere scopritori day by day. Sentieri appena tracciati ardimentosamente, a beneficio di proposte innovative, da vitigni che soffrono la microzona e che vogliono sentire l’intera isola come casa propria. E così sia.
Tante le sfaccettature, ma tutte, ecco la ricchezza siciliana, riconducibili al motto latino (che è anche il motto nazionale degli USA) E pluribus unum (dai molti uno).
Indubbia l’importanza della vitivinicoltura etnea, la più osservata (e gradita) dai mercati internazionali, risulta di grande interesse, e positivamente sorprende, la crescita sia quantitativa che qualitativa dei bianchi da uve grillo, e a seguire da uve carricante e cataratto.
Intrigante e lodevole l’espansione dei vini naturali, frutto di elevate competenze sia in vigna che in cantina.
Ben meritoriamente vivace il tema della sostenibilità, che ha visto, aperta a tutte le cantine dell'isola, la nascita della Fondazione SOStain Sicilia, promossa dal Consorzio di Tutela Vini Doc Sicilia e Assovini Sicilia, dedicata a promuovere lo sviluppo etico e sostenibile del settore isolano attraverso strumenti scientifici e best practices.
L’azienda vitivinicola Alessandro di Camporeale
"Angeli" e "demoni", resi alquanto birbanti i primi e sapientemente ammansiti i secondi, nell’ampia zona che disegneremmo a cerchio imperfetto avente a centro di compasso il grazioso borgo di Camporeale.
Camporeale è un piccolo centro agricolo della provincia di Palermo ricadente nella Valle del Belìce, in una zona collinare interna posta ad altitudini che raggiungono i 600 metri sul livello del mare, circondata da una catena di colline che sovrastano la feconda Pianura di Mandranova e la difendono dai venti nordici.
È in quest’area che con passione e competenza si coltiva la sacra triade del MEDITERRANEO: il grano, l’ulivo, la vite.
Il nome di Camporeale deriva dal latino campus regalis (campo degno di un re).
Di particolare interesse storico-architettonico è il Baglio, l’opera più antica e imponente del paese, costituito da due cortili cui si accede da un grande arco fatto costruire dai Gesuiti nel 1691.
In questo plesso di pregevole interesse storico, reso funzionale grazie a progettualità creativa di giovani imprenditori del settore vinicolo, si sono svolti meditati assaggi e MasterClass abilmente guidate da valenti formatori.
Sì, ma perché angeli e demoni?
Chi gli angeli e chi i demoni?!
I vitigni autoctoni ed i vitigni alloctoni, qui in armonica coesistenza. Siamo pur sempre nell’isola meravigliosa che seppe accogliere sia Normanni che Arabi: coesistere, sornionamente comandare lasciando intendere di essere invece dominati, conquistare conoscenze ed in osmosi donarle ai morganatici dominanti, è sapienza sedimentatasi nel corso dei millenni.
Agli appunti ricorrendo, si riportano amorevoli sensazioni di vini memorabili.
Di assoluta eccellenza il Grillo Vigna di Mandranova 2021 fatto dall’azienda Alessandro di Camporeale.
Nell’azienda, tipico “family business”, siamo al delicato punto di flesso generazionale. Al governo, adesso, la nuova generazione composta da tre cugini: Anna, responsabile dell’enoturismo e dell’amministrazione, Benedetto, l’enologo che segue il processo produttivo sia in vigna che in cantina, e l’altro cugino, anch’egli di nome Benedetto, responsabile marketing.
Gli “angeli” e i “demoni” di Alessandro di Camporeale
Il Grillo Vigna di Mandranova 2021 ha spiccate e gradevolissime note agrumate e tropicali; piacevole il finale lungo e minerale. Perfetto nell’appropriato calice ed alla corretta temperatura di servizio (10 – 12°C) ad accompagnare gli involtini di pesce spada.
All’angelo autoctono risponde sorridente il demone alloctono: MNRL (Monreale) Vigna di Mandranova 2017, da sole uve Syrah.
Pressoché impeccabile l’equilibrio tra la sua piacevole freschezza e la sua poderosa struttura. Si oserebbe dire che potrebbe / dovrebbe nei suoi primi meditati sorsi, non fruire di cibo di appoggio!
Indi, alla sua temperatura corretta (16 – 18°C) lasciamo che sontuosamente accompagni dovizioso tagliere dei pregevoli salumi del territorio.
Gli “angeli” e i “demoni” di Principi di Spadafora
Un angelo e un demone anche per Spadafora dei Principi di Spadafora.
Azienda storica, a condurla adesso in seconda e terza generazione il papà Francesco e la figlia Enrica. La tenuta di famiglia è a Virzì, luogo di fascino tra il mistico e l’esoterico.
A sconfiggere lo scetticismo (ignoranza?!?!) di quanti ancora pensano che i bianchi vadano bevuti di vendemmia ultima, il Grillo 2011. Ci rendiamo conto?!? Nel calice, un bianco di dieci vendemmie fa!
Vinificato e affinato in assenza di solforosa, a temperatura controllata in vasca di cemento.
Invecchiamento: 12 mesi in vasca e 4 mesi in bottiglia.
Attenzione alla temperatura di servizio! Assolutamente non meno (ma neanche non oltre) i 13°C.
Splendido in abbinamento con le busiate con pesce spada e, quasi da meditazione, con la Vastedda del Belice DOP.
Chi il demone? Il Siriki Rosso 2015 da sole uve Syrah.
Piace il suo colore rosso porpora; il naso è suadentemente avvolto da ammalianti sentori di frutta di bosco. Gradevoli e ben equilibrati i tannini.
È vino che non vede legno: 2 anni in acciaio e 6 mesi in bottiglia.
In appropriato calice ed alla temperatura di 18°C, convivialmente lasciamo che si esalti, ed a sua volta esalti, le migliori carni cotte alla brace.
C’è anche un olio d’eccezione
Se posizionamento è stato fatto, per quanto detto in apertura, gagliarda la domanda: dove va questa zona vitivinicola della Sicilia?
Parimenti alle altre zone isolane, permane la simpatica connotazione della coesistenza di più vitigni che per loro scelta(!) vogliono eleggere dimora dove più piace e aggrada.
Tuttavia, qui pare scorgere il connotante valore aggiunto della presenza significativa e non ancillare delle altre due componenti della triade mediterranea: il grano e l’ulivo. Produzione di ottima pasta in formati originali, evergreen di pane, pizze, focacce; oli tra i migliori dell’area mediterranea, con Sua Maestà la Nocellara del Belice.
Il mare non bagna Camporeale ed area circostante.
È la Sicilia più vera, ancora da scoprire.
Per scoprirla ci vuole ricettività idonea e sono per prime proprio le cantine ad attrezzarsi in modo tale da consentire ospitalità: è l’insorgere di agriturismi per consentire pratiche di enoturismo.
E ci vuole rete viaria che non sia alla mercè delle prime piogge, per quanto eccezionali esse possano sembrare.
Questi grandi vini sanno fungere da vettore trainante, e ci vuole poi l’efficienza infrastrutturale, onde perseguire l’obiettivo non velleitario, sebbene ardimentoso, del vero sviluppo sostenibile.
Insomma, E pluribus unum !
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Alberto Lupini