Abrigo Giovanni: un viaggio nel cuore del Dolcetto delle Langhe
L'azienda vinicola Abrigo Giovanni, a Diano d'Alba (Cn), unisce tradizione e passione per il Dolcetto e altre varietà locali, con un'attenzione particolare alla biodiversità e all'autenticità
Giovanni e sua moglie Maria, il figlio Giorgio e sua moglie Paola, i loro figli Giulio e Sergio ovvero la terza generazione. Questa la storia dell'azienda vinicola Abrigo Giovanni di Diano d'Alba (Cn), terra vocata per la produzione del Dolcetto. Anche se non c'è più Giovanni - che da Treiso (Cn) si stabilì a Diano nel 1968 comprando la Cascina dei Crava per allevare bovini e altri animali, coltivare erba da foraggio, verdure, nocciole e Dolcetto sui terreni più vocati -, nello stesso luogo originario la famiglia Abrigo ci ha accolto all'insegna della “trasparenza”, cioè delle cose fatte in modo schietto e tradizionale. In compagnia del giornalista e sommelier livornese Riccardo Gabriele abbiamo potuto cogliere la genuinità dei vini e onorare la cucina tradizionale piemontese di mamma Paola e nonna Maria.
Abrigo, l'azienda
Abrigo ha 15 ettari collinari vitati con piante mediamente trentenni e una produzione di circa 75.000 bottiglie l'anno. I vigneti si trovano nelle Langhe (Cn) in prevalenza a Diano, il resto a Grinzane Cavour, Roddi e a Novello per il Nebbiolo da Barolo. Nel rispetto delle proprie origini, l'azienda possiede 10 ettari di noccioleti per la produzione della pregiata Tonda Gentile delle Langhe, l'orgoglio di Giorgio. Alle conoscenze pratiche acquisite sul campo affiancando papà Giorgio, si sono unite quelle teoriche della Scuola Enologica di Alba e così i giovani Giulio e Sergio svolgono un ruolo fondamentale in vigna e in cantina, coadiuvati dall'amico Luca Boasso. Sergio ci ha raccontato dell'esperienza in Portogallo vissuta nel periodo universitario, un anno utile per misurarsi con una realtà vinicola diversa da quella di casa. Lavorando in Valtellina ha anche appreso maggiori conoscenze sul vitigno Nebbiolo, studiando coltivazioni e terreni diversi.
Dalle finestre di casa si scorge la collina che declina dalla Rocca di Diano, un terreno sedimentario con significativa presenza di sabbia, diverso dal suolo tipico delle zone circostanti. Su questa terra nasce il Dolcetto, il “vitigno del cuore” di Abrigo Giovanni. Un'uva che in Langa ha rischiato l'estinzione a favore del Nebbiolo, meno “selettivo” nella coltivazione e più redditizio economicamente. L'esperienza e la passione di Abrigo producono i Dolcetti di Diano d'Alba Docg Sorì dei Crava (Mga) e Docg Superiore Garabei, dal nome dell'ettaro di vigneto storico ultracinquantenne. Il Sorì 2023 ha la freschezza della vinificazione in acciaio e la compiutezza di un anno di affinamento in bottiglia prima della commercializzazione. Il Sorì dei Crava 2021 ha ricevuto il premio Berebene ‘23 del Gambero Rosso.
Abrigo: Dolcetto e non solo
L'interessante verticale di Garabei annate 2019-‘20-'21-'22 ci ha fatto apprezzare il vino più caro agli Abrigo, che nasce in una vigna “un po' selvaggia” ricca di biodiversità e salubrità: un terreno in cui a un vignaiolo sembra che “tutto sia in ordine” nonostante l'eterogeneità della vegetazione. Il vigneto Garabei è stato anche oggetto di studio sulla resistenza alle malattie da parte della nota ampelografa Anna Schneider. Nel Garabei non c'è quasi necessità di diradamento e le rese sono bassissime; il Dolcetto vi matura precocemente e l'uva ha una buccia molto ricca. Questa qualità si traduce in cantina con macerazioni prolungate e un prodotto prodigo di tannini. L'affinamento in vasche di cemento è lungo: niente legno per rispettare le peculiarità varietali di un vitigno molto sensibile. In totale 5.000 bottiglie l'anno prodotte, immesse sul mercato a più di due anni dalla vendemmia. Il Garabei è un Dolcetto che nei cinque anni successivi alla vendemmia ha un'evoluzione positiva. È un vino molto identitario che sa rispettare le caratteristiche delle diverse annate e regge davvero bene nel tempo.
Se ad Abrigo Giovanni la qualifica di dolcettista calza a pennello, interessanti sono anche le produzioni di Nebbiolo (prima etichetta nel 1988) e Barolo (esordio nel 2013). Dai vigneti di Diano, il Nebbiolo d'Alba Doc 2019 con un anno di botte ci ha fatto un'ottima impressione. Anche la Favorita Langhe Doc è piacevole, con profumo di frutta esotica e ricco rilascio agrumato in bocca. Si è scelto di tenerla un po' chiusa in autoclave durante la fermentazione primaria per residuare un accenno di CO2, quasi impercettibile ma utile a proteggerla dall'ossidazione limitando l'impiego di solforosa. Il suo imbottigliamento non è mai fatto prima dell'inizio dell'anno successivo alla vendemmia.
Abrigo: la cantina e la bottaia
Prima della verticale di Barolo Ravera (una Mga di Novello) abbiamo visitato la cantina storica - che conserva vecchie etichette con date importanti per la famiglia Abrigo - e la bottaia in cui il vino affina per più di 20 mesi, assaggiando in anteprima alcune annate di Nebbiolo da Barolo direttamente dalle botti di rovere francese e austriaco. La promettente e non troppo alcolica 2024 a solo un mese dalla vendemmia ha dimostrato che quando c'è qualità di mosto, le bucce possono restare a lungo a contatto (anche due mesi). L'annata ‘23 era nel pieno del suo affinamento, mentre la ‘22 era già un Barolo pronto per l'imbottigliamento. Interrato in parte sotto il vigneto, il locale ha un varco nelle parete da cui si può notare perfettamente la composizione del terreno: marne azzurro-grigie intervallate da strati più scuri con sabbia, e in alto alcune radici. La percolazione di acqua successiva alle piogge - costante in caso di accumulo di neve in superficie - garantisce all'intero ambiente la giusta umidità.
La cantina di fermentazione ha vasche d'acciaio da 75 ettolitri in cui ogni parcella è vinificata separatamente. Onde evitare di intervenire con stabilizzazioni additive o sottrattive, dopo la fermentazione malolattica ai vini viene fatto “sentire” un po' di freddo naturale in bottaia, per far precipitare l'acido tartarico e averli naturalmente limpidi. Abrigo Giovanni preferisce seguire i “tempi” del vino piuttosto che le “logiche” dei mercati, sia nazionale che internazionale (Usa, Canada, Nord Europa, Giappone, Cina, Brasile, Sud America e Thailandia).
Abrigo, la verticale di Barolo Ravera
Abbiamo assaggiato in verticale le annate 2018, '19, '20 e '21 del Barolo Ravera. La 2021 è stata un'annata equilibrata con inverno ricco di neve e accumulo d'acqua, poi sole caldo alternato a piogge: nonostante la gioventù (sul mercato a partire da gennaio ‘25) si percepisce la morbidezza. In evoluzione la ‘20 - simile alla ‘18 per il tempo di macerazione sulle bucce - , interessante il fruttato della ‘19 e completa nella rotondità la 2018, annata con pioggia abbondante, sole molto caldo e tannino levigatissimo sin da subito, con lunga macerazione sulle bucce. Nella cena al ristorante Osteria Il Cortile di Diano d'Alba - prima di pernottare nel vicino agriturismo Cascina Rabalot -, in compagnia di Giulio Abrigo e degli altri produttori di Langa Luca Monchiero (Monchiero Vini) e Nicoletta Fenocchio (Azienda Giacomo Fenocchio) abbiamo bevuto la nuova Favorita Langhe Doc Fama 2022, frutto di una breve macerazione sulle bucce con affinamento in barriques nuove per una parte del vino. Di Abrigo Giovanni abbiamo molto apprezzato anche il Passito Favorita “Inverno” Piemonte Doc dell'annata 2022, l'ultima prodotta con 1.200 bottiglie. Le altre etichette dell'azienda di Diano sono il Langhe Doc Arneis SàMai, la Barbera d'Alba Doc Marminela e la Barbera d'Alba Superiore Doc Dei Frisu.
[cartiglio_pers]1[/cartiglio_pers]
© Riproduzione riservata
• Iscriviti alle newsletter settimanali via mail |
• Abbonati alla rivista cartacea Italia a Tavola |
• Iscriviti alla newsletter su WhatsApp |
• Ricevi le principali news su Telegram |
“Italia a Tavola è da sempre in prima linea per garantire un’informazione libera e aggiornamenti puntuali sul mondo dell’enogastronomia e del turismo, promuovendo la conoscenza di tutti i suoi protagonisti attraverso l’utilizzo dei diversi media disponibili”
Alberto Lupini