«Il Consorzio Botticino DOC di fatto non esiste più. C'è un ragionamento più individuale da parte dei produttori, che tuttavia si dimostrano molto propositivi: credo si debba lavorare sull'aggregazione tra tutti i produttori vitivinicoli». Parole chiare e nette da parte del neo sindaco di Botticino, Paolo Apostoli, in un'intervista al "Corriere" di Brescia. Di fatto, il giovane primo cittadino prende atto della realtà e mette una pietra tombale sull'entità che avrebbe dovuto rappresentare una delle più gloriose DOC d'Italia, riconosciuta nel 1968 ai tempi - tanto per intenderci - della DOC del Chianti. Il 30 giugno 1996, con regolare atto notarile, si costituì il Consorzio, giunto al capolinea, boccheggiante, fino ai nostri giorni.
Liti e divisioni affossano il Botticino DOC
Lo avevamo già scritto un paio d'anni fa su queste colonne (nell'agosto del 2022), suscitando la piccata reazione dell'allora presidente in carica, Paolo Franzoni. Aveva replicato alle nostre constatazioni parlando di «voglia di rinascita e della volontà dei (pochi) associati di rilanciare l'organismo all'insegna della professionalità e serietà, della voglia di fare squadra e di affrontare grandi sfide». Sic... D'accordo, allora, tutti gli Enti Locali. Buone e pie intenzioni, rimaste tali e sulla carta.
Consorzio Botticino DOC, un esempio di come distruggere un "grande vino rosso"
Una mesta fine per un organismo che avrebbe dovuto rappresentare a livello locale, regionale e nazionale il "Barolo di Lombardia", come lo definì Luigi Veronelli. Un rosso forte e robusto di grande eleganza e sapidità (superbo quando invecchia), frutto della passione di pochi produttori (una decina in tutto) sparsi fra le cave di marmo della Valverde, nei comuni di Botticino, Rezzato e Caionvico/S.Eufemia, frazioni di Brescia. Viticoltori divisi da ataviche rivalità, invidie famigliari, liti di provincia e chi più ne ha, più ne metta. Un esempio di come distruggere un "grande vino rosso" solo per beghe da (e di) cortile.