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Proporre i drink classici oltre ai signature: sì o no? Parola ai big della mixology

Vale la pena inserire anche una selezione di cocktail classici nelle drink list dei cocktail bar di ricerca oppure no? Lo abbiamo chiesto ad alcuni dei più influenti protagonisti della scena della mixology. Qual è il risultato? Che non c'è solamente una risposta

20 luglio 2024 | 05:00
Proporre i drink classici oltre ai signature: sì o no? Parola ai big della mixology
Proporre i drink classici oltre ai signature: sì o no? Parola ai big della mixology

Proporre i drink classici oltre ai signature: sì o no? Parola ai big della mixology

Vale la pena inserire anche una selezione di cocktail classici nelle drink list dei cocktail bar di ricerca oppure no? Lo abbiamo chiesto ad alcuni dei più influenti protagonisti della scena della mixology. Qual è il risultato? Che non c'è solamente una risposta

20 luglio 2024 | 05:00
 

La crescente richiesta di miscele fresche e leggere ha rivoluzionato negli ultimi tempi il menu dei bar. E così, dopo il boom dei vintage drink per natura di media-alta gradazione alcolica, ora sui menu dei locali di ricerca i re assoluti sono i cocktail a basso tenore alcolico. E i classici che fine fanno? Bisogna saperli fare, sempre. Ma è proprio necessario segnarli in carta?

 

Le drink list dei cocktail bar di ricerca dovrebbero essere costruite in equilibrio tra innovazione e tradizione, tra drink a bassa e media-alta gradazione alcolica, tra miscele servite in tumbler e servite in coppetta per garantire un'esperienza completa ai clienti. Senza tralasciare di presentare anche una selezione di classici. Questa è la nostra opinabile opinione, ma non la pensiamo tutti nello stesso modo. Anzi: il mondo della mixology sul tema si divide. Ecco cosa ci hanno detto il presidente dell'Iba (International bartenders association), Giorgio Fadda, il titolare del Nottingham Forest di Milano, Dario Comini, autore di numerosi libri e pioniere della miscelazione molecolare in Italia, Luca Hu proprietario con il fratello Matteo di tre cocktail bar a Milano (Chinese Box, BoB e Agua Sancta) e del laboratorio - scuola di formazione Percento Lab e Antonio Tufano, titolare di Terronir ad Acerra, dove per primo ha introdotto il bere miscelato di ricerca.

I big della mixology a favore dei cocktail classici nella drink list

Giorgio Fadda, presidente IBA, International Bartender Association, oltre 50 anni di esperienza

Giorgio Fadda ha iniziato a lavorare non ancora maggiorenne ed è stato head bartender in hotel prestigiosi come il St. Regis di Venezia. In questi giorni sta concludendo gli ultimi accordi con le aziende per i Mondiali che si terranno a Madeira dal 31 ottobre al 3 novembre.

Proporre i drink classici oltre ai signature: sì o no? Parola ai big della mixology

Giorgio Fadda, presidente IBA

E non ha dubbi: «Lo scopo del bartender è quello di vendere. I drink classici sono una garanzia di successo. I cocktail bar di ricerca sono paragonabili ai ristoranti stellati dove barman e chef di frequente cadono nell'errore di assecondare il proprio ego invece che rispondere alle richieste dei clienti. I drink low alcol sono richiesti ed è bene inserirli in carta, così come gli zero alcol. Ma suggerisco di dedicare una pagina anche ai drink classici perché, oltre a supportare la diffusione della conoscenza di tradizione e storia della mixology, garantiscono una gamma più ampia di opzioni al cliente migliorandone l'esperienza complessiva».

Dario Comini, titolare del popolare Nottingham Forest, è considerato tra i massimi esperti di drink in Italia e in Europa

Dario Comini racconta: «Al Nottingham Forest da sempre in menu abbiamo anche i classici, complementari alle nostre proposte creative. Secondo me, sono imprescindibili. Mi spiego: non basta dire che ci sono, vanno proprio scritti in menu. Lo dico perché sono il punto di partenza per chi vuole verificare conoscenza tecnica e livello di preparazione del bartender di turno e la base di gusto da cui partire per poter poi fare sperimentare al cliente altri sapori».

Proporre i drink classici oltre ai signature: sì o no? Parola ai big della mixology

Dario Comini, titolare del popolare Nottingham Forest

«I drink classici più richiesti? Al Nottingham Forest il best seller è il Martini, protagonista di un menu specifico con ben 101 variazioni. Seguono Old Fashioned, Manhattan e Sazerac. Tutti drink che proponiamo nell'assoluto rispetto della ricetta Iba. Risultato? Il cliente quasi sempre dopo la prima bevuta ordina un twist sul classico».

Salvatore Calabrese, The Maestro, è uno dei barman più rispettati e celebri al mondo

The Maestro, Salvatore Calabrese, è un professionista generoso e disponibile. Nonostante sia in vacanza al mare con la famiglia, non si rifiuta di parlare con noi di Italia a Tavola dell'argomento. «I classici sono il pilastro della mixology. Un barista non si può definire tale se non è in grado di preparare in modo impeccabile i cocktail codificati IBA. Quanto alla scelta di segnare nel menu i classici, è soggettiva. Io da sempre li inserisco nel menu, anche quando la carta è particolarmente creativa. Detto questo, se un tempo era necessario perché il cliente aveva scarsa conoscenza dei cocktail, oggi la situazione è diversa. In molti locali non sono più segnati perché si suppone che il pubblico conosca già i pilastri del bere miscelato. Il lavoro di promozione della cultura della mixology va oltre: adesso il cliente consce la merceologia di massa ed è interessato a provare come cambiano le ricette cambiano le etichette degli spiriti. Indubbiamente, oggi c'è più cultura intorno alla mixology rispetto a una decina di anni fa. I giovani cercano drink light, beverini e freschi. Gli amatori dei classici, invece, non leggono nemmeno il menu e ordinano il loro drink del cuore. Magari poi, se sono appagati, assaggiano anche qualcos'altro o provano la miscela fatta con altre referenze. Ve lo dico come bartender e come cliente» afferma.

Proporre i drink classici oltre ai signature: sì o no? Parola ai big della mixology

Salvatore Calabrese, uno dei barman più rispettati e celebri al mondo

Gli domando se sia d'accordo con Giorgio Fadda quando sostiene che i classici sono una garanzia in termini di vendite. «Sì, perché parliamo di ricette consolidate, rimaste nel tempo perché speciali. Tuttavia, non significa che i signature non possano avere altrettanto successo, a patto che siano creazioni eccezionali» risponde Calabrese.

I big della mixology contrari ai cocktail classici nella drink list

Luca Hu, titolare a Milano di Chinese Box, BoB, Agua Sancta e Percento Lab

Nei menu dei suoi locali i classici sono segnati, ma Luca Hu non è categorico sul tema. «Un cocktail bar deve offrire tutti i classici più popolari, ma non credo sia imprescindibile che lo segnali nel menu. Dipende dal target del locale, insomma dal pubblico. Negli ultimi anni l'interesse verso la mixology è cresciuto e adesso il consumatore è mediamente preparato. Per quanto riguarda la mia esperienza, gli over 40 che frequentano i cocktail bar in genere sono competenti e sanno già cosa vogliono».

Proporre i drink classici oltre ai signature: sì o no? Parola ai big della mixology

Luca Hu, titolare di Chinese Box, BoB, Agua Sancta e Percento Lab

«La generazione X, quella tra i 18 e i 25 anni, è perennemente connessa sul web e si informa attraverso i social. Dal punto di vista della conoscenza dei drink, è più colta della generazione precedente. In generale, questa fascia di pubblico ama i drink leggeri e frizzanti, ma conosce i classici. Chi ne sa meno, in tema di bere miscelato, sono i clienti tra i 30 e i 40 anni, per quello che posso constatare».

Antonio Tufano, titolare di Terronir nel centro storico di Acerra

In questo periodo Antonio Tufano è alle prese con i lavori per il nuovo locale: Terronir presto cambierà abito, si farà ancor più bello e più accogliente. Imprenditore coraggioso che ha osato portare l'alta miscelazione ad Acerra, Antonio Tufano ha scelto di eliminare dalla carta i classici.

Proporre i drink classici oltre ai signature: sì o no? Parola ai big della mixology

Antonio Tufano, titolare di Terronir

Per due motivi. «Primo, voglio spingere i signature, ovvero i cocktail originali della casa. Secondo, i classici li promuoviamo a voce» spiega. La sua clientela è variegata, va dai 20 ai 40 anni. «Chi ama i classici li chiede, ma i giovani preferiscono drink dalla bassa gradazione alcolica», aggiunge.

© Riproduzione riservata STAMPA

 
 
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