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Vino italiano negli Usa: i consumi non ripartono nei primi mesi del 2024

Nei primi 5 mesi del 2024 i consumi di vino italiano negli Stati Uniti d'America fanno registrare un calo del 6%, meglio però di Francia (-8%), Australia (-11%) e Spagna (-10%). Si registra comunque qualche nota positiva

 
11 luglio 2024 | 16:11

Vino italiano negli Usa: i consumi non ripartono nei primi mesi del 2024

Nei primi 5 mesi del 2024 i consumi di vino italiano negli Stati Uniti d'America fanno registrare un calo del 6%, meglio però di Francia (-8%), Australia (-11%) e Spagna (-10%). Si registra comunque qualche nota positiva

11 luglio 2024 | 16:11
 

Consumi di vino italiano in calo negli Stati Uniti nel primo semestre del 2024, con una flessione del 6% rispetto all'anno precedente. Lo scenario emerge dall'Osservatorio Uiv (Unione italiana vini)-Vinitaly su base SipSource, che monitora le vendite nel 75% degli esercizi commerciali statunitensi.

Vino italiano negli Usa: i consumi non ripartono nei primi mesi del 2024

Vino italiano negli Stati Uniti: -6% nei primi cinque mesi del 2024
 

Vini italiani negli Usa, cosa dice il rapporto

Nonostante la boccata d’ossigeno di aprile (+2%), il saldo tendenziale dei primi 5 mesi basato sugli ordini dei magazzini da parte di horeca e grande distribuzione segna un -8% di vendite complessive e -6% per i consumi dei prodotti del Belpaese. All’interno di questo quadro generale, alcuni segnali positivi emergono dai dati. Tra questi, la stabilità del Prosecco (-0,6%) e dell'Asti (+1,6%), e la rilevante crescita dei metodi charmat non Prosecco (+7%), che oggi rappresentano il 24% dei volumi di spumante italiano consumati negli Stati Uniti. Tra i vini fermi, i rossi (-6,5%) hanno sofferto meno rispetto ai bianchi (-8%). In particolare, il Pinot Grigio scende del 7%, mentre il Chianti registra un calo del 14%.

Vino italiano negli Usa: i consumi non ripartono nei primi mesi del 2024

Nonostante le difficoltà, l'Italia fa meglio di Francia, Stati Uniti, Australia e Spagna
 

Si registra una forte tendenza cocktail che abbraccia sempre più la categoria, con crescite tra gli 8 e i 13 dollari: +40% da gennaio a maggio. Una pulsione dal basso che sembra per ora concentrata in due aree ben definite: la West Coast (+36% divendite e 30% di share) e il Midwest (+9% e 18% di share).

Vini italiani negli Usa, come stanno i competitor

Nonostante le difficoltà, l'Italia (-6%) fa meglio di Francia (-8%), Stati Uniti (-8%), Australia (-11%) e Spagna (-10%), ma non della Nuova Zelanda, che scende anch'essa in terreno negativo (-1%). Si segnala dunque un calo generalizzato da parte di tutti i principali Paesi fornitori ad eccezione del Cile (+12%) che ha puntato forte sui prezzi da saldo.

Vino italiano negli Usa: i consumi non ripartono nei primi mesi del 2024

Lamberto Frescobaldi, presidente Uiv

L'analisi evidenzia anche un calo del segmento luxury (oltre 50 dollari al consumo) per i vini rossi italiani (-8%) e francesi (-16%), pur con qualche eccezione: Brunello e Chianti Classico, ma anche Bordeaux superiore, Pomerol e Margaux. Difficoltà anche per i bianchi ultra-premium (tra 25 e 50 dollari): il mercato totale è a -10%, con l'Italia a -12%, la Francia a -6% e la Nuova Zelanda a -18%. Per quanto riguarda le bollicine bollicine nel primo mercato al mondo, lo Champagne si attesta a -15%, il Cava spagnolo a -11% e gli sparkling domestici a -11%.

Vini italiani negli Usa, quale futuro?

«Sapevamo che sarebbe stato un inizio di anno complicato - ha detto il presidente Uiv, Lamberto Frescobaldi -, ma sappiamo anche che il vino italiano ha anticorpi adeguati per reagire alle difficoltà. In questa fase bisogna però fare le mosse giuste: c’è l’esigenza di sostenere un cambiamento in atto già da vent’anni nella vigna italiana. Il settore si sta adattando ai mutati stili di consumo modificando il proprio potenziale produttivo meglio di altri Paesi, prova ne sia che oggi gli spumanti italiani rappresentano il 33% del totale dei consumi di vino del Belpaese negli Usa, quasi il quadruplo rispetto alla quota sparkling generale (9%). Ora serve fare di più, a partire dalla promozione fino alle politiche d’impresa - dalla managerialità alla flessibilità - che devono essere recepite dalle istituzioni, senza cedere a chimere assistenzialiste che nuocciono fortemente allo sviluppo».

© Riproduzione riservata STAMPA

 
 
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