Un vino solido e ben piantato come il Barolo forse ce lo immaginiamo monolitico, col suo rosso granato che sfuma verso l'arancio, il bouquet complesso, le note floreali e fruttate che si accompagnano alle spezie, i tannini ben marcati In bocca, eleganza e persistenza da vendere. Tutto giusto? Certo che no, le definizioni generiche restano appena sulla soglia di un territorio sconfinato, di sensazioni e di effluvi. Per venirne a capo bisognerebbe bere il Barolo tutti i giorni, girare per gli 11 comuni della provincia di Cuneo accomunati dalla denominazione e attraversare, fisicamente o virtualmente, le 181 sottozone o Mga (Menzioni geografiche aggiuntive) previste dall'ultimo disciplinare; e solo dopo lanciarsi in definizioni più o meno utili.
La famiglia Damilano ha presentato il suo Barolo
Le specificità varietali di ogni sottozona sono legate strettamente al terroir; fondamentale, ad esempio, la presenza sotterranea di marne di S. Agata fossili con residui di arenarie di Diano, appartenenti a ere geologiche diverse. Mentre la sabbia fine conferisce ai vini profumi intensi, con spiccate note fruttate di ciliegia e prugna e di evoluzione come tabacco, rosa e viola. L'alcalinità e il calcio regalano un tocco finale di finezza ed eleganza, al pari dell'argilla e del calcare. Le dotazioni in limo e argilla con microelementi, potassio e magnesio conferiscono colore intenso e vivo, oltre a concentrazioni polifenoliche elevate. Tutto questo si distribuisce in modo disomogeneo nel cuneese, generando una serie di cifre stilistiche differenziate e riconoscibili. La mappatura door-to-door del Barolo sarà inserita come proposito più o meno realistico nella nostra agenda 2024; nel frattempo ci lasciamo aiutare dalla cantina della famiglia Damilano, azienda vitivinicola portata all'eccellenza da Paolo, Mario e Guido, che a Milano, presso il ristorante Dav DaVittorio all'interno della Torre Allianz, hanno voluto farci provare cosa voglia dire fotografare questo protagonista enogastronomico, prima in verticale e poi in orizzontale.
Il barolo della famiglia Damilano e i piatti serviti da Enrico e Roberto Cerea
In verticale è stato dissezionato il Barolo Damilano Docg Riserva Cannubi “1752”, tramite una carrellata di cinque annate: 2008, 2010, 2013, 2015 e 2016, ognuna delle quali racconta una storia tutta sua, con peculiarità che si stratificano negli anni. Nonostante le sfide climatiche, l'annata 2008 ha prodotto un Barolo apparentato alla viola in appassimento, balsamico, muscolare all'assaggio, profumato di prugna secca: un prodotto che si abbina quasi da sé. Il 2013 ha messo in scena una vendemmia all'antica, ornata di nebbie autunnali, amica di vini adatti all'invecchiamento e ben strutturati con sentori di mentolo, sapori di piccoli frutti rossi, tannino fitto e profondo. La 2016 è stata una tra le migliori annate dell'ultimo decennio, in grado di regalare vini eleganti, complessi e di grande personalità olfattiva, adatti a lunghissime soste in cantina.
Il barolo della famiglia Damilano
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Guancia di vitello brasata con crema di patate
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Tartare di Vicciola con tartufo nero
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E veniamo ora alla gita orizzontale in campagna, anzi in collina: accanto a quella di Cannubi, il luogo per eccellenza del Barolo, la famiglia Damilano ha individuato altri appezzamenti che, grazie a microclima e suoli particolari, permettono una produzione di tipologie diversificate, tanto per stimolare la fantasia del degustatore: Brunate, Cerequio, Liste, Raviole. Sono stati proprio questi vini a caratterizzare il pranzo, seguito alla degustazione verticale, firmato dagli chef Enrico e Roberto Cerea di Da Vittorio (3 Stelle Michelin), che hanno voluto interpretare con i loro piatti le cinque sottozone. Raviole emerge per la freschezza e la struttura delicata, Brunate per la sua ricchezza ed i sentori fungini, ottimamente accordati sulle note della Tartare di Vicciola (vitella piemontese allevata a nocciole) con tartufo nero. Il Cerequio rimane impresso per i suoi profumi complessi e intensi, Liste per la sua struttura e potenza su un corpo di velluto: un incontro perfetto, insomma, con un campione di morbidezza ed eleganza come la Guancia di vitello brasata con crema di patate.
Paolo Damilano: «Il nostro Barolo trae ispirazione e impulsi vitali da una ristorazione aperta e raffinata»
Paolo Damilano, alla guida dell'omonima cantina piemontese, ha voluto chiarire il senso della presentazione di un prodotto così tradizionale in contesto così dinamico. «La presentazione si svolge qui a Milano perché ci troviamo in una città di livello internazionale, da noi prescelta per il lancio di nuove iniziative e per organizzare la nostra presenza commerciale sul territorio. Il nostro Barolo trae ispirazione e impulsi vitali da una ristorazione aperta e raffinata, come quella milanese, che i fratelli Cerea interpretano, all'interno dello scenario avveniristico della Torre Allianz, con una professionalità che il mondo ci invidia. Il progetto Cannubi “1752” che vi abbiamo presentato oggi è tra i più importanti, per la nostra azienda, e s'incentra sulla collina omonima; abbiamo incluso il 1752 come omaggio all'anno a cui risale la più antica bottiglia delle Langhe, oggi conservata nella città di Bra, che porta in etichetta il nome Cannubi. Sentiamo profondamente la responsabilità di rappresentare un vigneto così illustre, e speriamo che chiunque lo assaggi e/o lo abbini con un minimo di accortezza si faccia ambasciatore del racconto secolare del Barolo, che a sua volta parla della nostra Italia e delle Langhe, della loro inimitabile bellezza».