C’è una gemma molto preziosa che aiuta a distinguere i vini Mandrarossa nella loro alta qualità: è la biodiversità, il vero valore aggiunto di un territorio che non è azzardato definire “unico”. Ad alzare il sipario su uno scenario tanto affascinante quanto interessante dal punto di vista geologico, enologico e naturalistico, ci ha pensato un press tour organizzato nelle scorse settimane a Menfi. Siamo nel cuore della campagna agrigentina, dove i vigneti, estesi a dismisura, incontrano le spiagge assolate e il loro mare limpido, ammaliante, africano. È qui che è nata nel 1958 la Cantina Settesoli, grazie all’impegno e alla forza di volontà di alcuni viticoltori locali. Quella stessa Cantina, esempio virtuoso di cooperazione nel mondo del vino, ha raggiunto i 6 mila ettari di vigneti e ha registrato ben 2 mila soci.
Panorama dalla Cantina Mandrarossa
Diverse tipologie di suolo
È da questo brillante Dna che nel 1999 nasce Mandrarossa, con soli 175 soci e circa 500 ettari vitati. Ma soprattutto è proprio qui che entra in gioco quella biodiversità a cui accennavamo. L’abbiamo percepita, sentita, assaporata, odorata nel cuore del Bosco di Magaggiaro, vero trionfo della macchia mediterranea, il cui simbolo (divenuto poi anche quello di Mandrarossa) è la palma nana. A farci da guida, la responsabile pr dell’azienda, Roberta Urso, e l’agronomo, Filippo Buttafuoco. Siamo a circa 400 metri di altitudine, su cui si estendono almeno 5 tipologie diverse di suoli, tra cui il più esteso è certamente quello di tipo calcareo. Tra il giorno e la notte si registrano importanti escursioni termiche, anche attorno ai 12-15 gradi. «Settesoli – ha spiegato Buttafuoco – ha da subito rappresentato il fiore all’occhiello nell’enologia siciliana. È importante, infatti, sottolineare la differenza tra la parola quantità e la parola qualità in un periodo in cui, attorno agli Anni ’70, soprattutto in Sicilia si puntava solo alle grandi dosi di uva. Per questo, quando iniziammo a studiare questo territorio, anche con luminari di questo settore e delle università, ci presero per marziani. Ma il tempo ci ha dato ragione».
Anni di ricerca
Allo studio dei suoli è subentrata immediatamente la zonazione vinicola e così negli Anni ’80 l’azienda ha formato ben 5 campi sperimentali, impiantando in ognuno di essi 40 varietà, tra autoctone (30%) e internazionali (70%), studiandole per 15 anni. È proprio a conclusione di questi interessanti e innovativi studi che nasce ufficialmente Mandrarossa, che dopo qualche anno riceve già i primi riconoscimenti ufficiali. Il 5 novembre del 2003, infatti, è stata la prima cantina italiana a ricevere la “Tracciabilità di filiera”, con grande orgoglio dei suoi associati siciliani.
Vigne di Mandarossa
La nuova cantina
Anche la vendemmia qui costituisce un momento molto affascinante, oltre che piuttosto lungo: si comincia a vendemmiare con il Pinot Grigio e si finisce con il Grecanico. Le uve rosse si vendemmiano anche di giorno. Dopo il tuffo naturalistico tra i vigneti e il bosco, ci siamo recati nella nuova cantina, che regala dalle sue moderne vetrate una vista impareggiabile sui campi e le distese agrigentine. Accolti dal presidente Giuseppe Bursi e dall’enologo Mimmo De Gregorio (ormai di casa, dopo 28 vendemmie trascorse con l’azienda), oltre che dall’accogliente squadra di Mandrarossa al completo, la cui parola d’ordine è l’assoluta cordialità, ci siamo immersi in una gradevole degustazione.
La cantina di Mandarossa presidia il territorio
Grandi di numero e per valore
“La Sicilia che non ti aspetti” è il motto scelto dall’azienda e non si rimane delusi. «La conferma che stiamo lavorando e andando nella giusta direzione è giunta durante la scorsa edizione del concorso Decanter, a Londra – ha raccontato Giuseppe Bursi – quando il nostro Fiano, che coltiviamo ormai da circa 30 anni, ha vinto la Medaglia di Platino, con ben 97 punti. Un grande orgoglio è stato provato da tutti i soci, perché ci stiamo finalmente posizionando ai livelli che ci competono. Spesso, infatti, e aggiungo purtroppo, quando si parla di cooperative, si pensa che non si possa fare un lavoro di qualità. Ma il nostro essere grandi di numero, dunque di quantità, corrisponde anche ai livelli di qualità. Siamo una piccola azienda all’interno di un’azienda più grande e siamo consapevoli che il percorso della qualità è l’unico praticabile. Anche la nuova cantina l’abbiamo strutturata a dimensione umana, integrandola perfettamente con l’ambiente circostante».
La degustazione
Ed eccoli, dunque, i nostri assaggi in cantina, mentre ripensavamo al Bosco di Magaggiaro, ai vigneti distesi fino al mare e al vento di Maestrale, che quasi ogni pomeriggio giunge ad accarezzare le campagne.
Una selezione di vini della Cantina Mandrarossa
Grillo 2021
Si presenta elegante, con un bel giallo tendente al verdolino. Al naso ha una buona componente floreale, ginestra, e frutta gialla, pera. Buona ed elegante anche la sapidità.
Lancèra Vermentino 2021
Produzione bio, una varietà su cui l’azienda punta moltissimo. Difficile produrne di buono, se paragonato alle produzioni di Sardegna, Liguria e Maremma. Ma Mandrarossa stupisce con una produzione di 12 mila bottiglie. Fiori gialli al naso, richiami di frutta, note agrumate. All’assaggio, colpisce la freschezza.
Fiano 2021
Il vino premiato da Decanter. La sua acidità è elegante, armonica. È molto equilibrato. Al naso si apre dopo un po’ e rivela note agrumate, gelsomino, note di menta. In bocca si percepisce una altrettanto elegante mineralità. È la dimostrazione che anche una cooperativa può realizzare un gustoso lavoro artigianale. Nella sua semplicità, è identificativo del territorio.
Bertolino Soprano Grillo 2019
Un’altra conferma: anche in Sicilia si possono produrre vini bianchi longevi. Con questa etichetta nascono le “Storie ritrovate”, assieme ad Etna e Passito, con un packaging dedicato. Delicati sentori floreali al naso, note agrumate. In bocca è pieno, avvolgente, di buona acidità.
Zibibbo Secco 2021
Anche qui la parola d’ordine rimane la “qualità”. La Sicilia c’è tutta in questa etichetta, con le sue arance, le sue zagare, finanche le mandorle. In bocca è elegante, non delude. E ritornano i sentori agrumati.
Santannella 2021
Questo è l’unico tra i bianchi degustati che fa un po’ di barrique. Buon equilibrio. Ha il 70% di Fiano (fa legno) e il 30% di Chenin Blanc (acciaio). L’impatto della barrique non è certo invasivo, anzi. Agrumi, vaniglia, note vegetali. È un vino unico, come blend. Al palato è avvolgente, con estrema morbidezza. La persistenza è molto gradevole.
Nero d’Avola 2021
L’azienda crede molto anche in questa produzione. Un vino “quotidiano”, poiché di facile approccio. Tannini non molto presenti, equilibrato, dal carattere di un bianco. Adatto per chi ama l’aperitivo con il vino rosso siciliano. Al naso richiama i frutti rossi, la ciliegia, i gelsi. Note speziate. In bocca è fresco, avvolgente.
Terre del Sommacco 2018
Nasce da due piccoli vigneti e fa legno. Arrivano subito note di caffè, tabacco, chiodi di garofano. Importante aromaticità. Alla ciliegia subentra subito l’amarena, una punta di liquirizia. Equilibrato in bocca, ha tannini più spiccati. Persistenza gradevole, che chiama a nuovi sorsi.
Mandarossa Winery
contrada Puccia – 92013 Menfi (Ag)
Tel 0925 77128