Pantelleria, agricoltura eroica e giardino del Mediterraneo, patrimonio mondiale dell’umanità per l’Unesco dal 2014 con la sua “identitaria” coltivazione della vite ad alberello, un ecosistema vulcanico, fragile quanto unico, da preservare e far conoscere al mondo. La recente l’istituzione, nel 2016, del Parco Nazionale (unico in tutta la Sicilia) ha dato nuovo slancio alla visibilità e alla frequentazione turistica (anche fuori stagione) con curati percorsi naturalistici, di trekking e valorizzazione delle notevoli tracce archeologiche ancora visibili dei popoli che, nei secoli, hanno popolato l’isola, dai Sesi ai Fenici, fino ai Romani, Bizantini e Arabi. Ma risulta evidente, anche dal riconoscimento Unesco, che la coltivazione della vite e quell’unicum rappresentato dai vini nati sui fertili terreni vulcanici strappati alle colate laviche da eroici viticultori, rappresentino la centralità produttiva della “figlia del vento”, bent-el-rhià, come l’avevano chiamata gli Arabi.
Una panoramica di alcuni vigneti a Pantelleria
Il Consorzio Vini di Pantelleria Doc come volano promozionale
E in questa centralità il Consorzio volontario di tutela e valorizzazione dei vini a Doc dell’Isola di Pantelleria, per citarne l’esatta denominazione, nato esattamente 25 anni fa, ne rappresenta il necessario volano promozionale, anche in virtù dell’ampia rappresentativa della produzione isolana (oltre l’86% dell’uva conferita per la doc), tanto da aver ricevuto il riconoscimento di Erga Omnes. Innanzitutto forniamo qualche dato per inquadrare una realtà di soli 83 km quadrati come Pantelleria, posta nel mezzo del mar di Sicilia, a sole 35 miglia nautiche dalle coste tunisine e con un totale di appena 407 ettari vitati.
I problemi principali per il futuro della viticoltura pantesca
Premettendo che solo 40 anni fa gli ettari vitati erano quasi 5.000 si intuisce subito quale siano i problemi principali per il futuro della viticoltura pantesca, riassunti nell’abbandono dei vigneti per l’enorme monte d’ore lavoro necessarie a sfidare le impervie condizioni ambientali, nella parcellizzazione delle proprietà e soprattutto nello scarso reddito garantito dall’attività viticola che scoraggia i giovani a dedicarsi a coltivare e mantenere attive le terre dei propri avi.
Sono 410 i produttori, di cui 327 associati al Consorzio
410 produttori (fra cui minuscole attività familiari che non raggiungono neppure l’ettaro di media) di cui 327 associati al Consorzio (80%). La maggior parte di questi 410 sono conferitori o produzioni familiari perché si riducono a 22 i produttori di Pantelleria Doc con cantine presenti sull’isola. Per la precisione e in rigoroso ordine alfabetico: Abraxas di Prosit, Fabrizio Basile, Emanuela Bonomo, D’Ancona, Marco de Bartoli, Donnafugata, Ferrandes, Ferreri, Gabriele, Gorgone dietro l’isola, Il Serralh, Miceli, Minardi, Salvatore Murana, Oro di Pantelleria, Pantelleria Eroica, Carlo Pellegrino, Sapori di Pantelleria, Serraglia, Coste di Girlanda, Solidea, Vinisola.
Un focus sulla produzione del 2021
Quanto alla produzione (dati 2021) sono stati 8.787 gli ettolitri di Pantelleria Doc imbottigliato suddivisi in 1.423 hl di Passito naturale; 5.727 hl di Passito liquoroso; 202 hl di Moscato naturale; 709 hl di Moscato liquoroso; 635 hl di bianco fermo; 68 hl di frizzante e 23 hl di spumante.
Cavalcare la visibilità mediatica innescata dal volano turistico
Dalle 72 ore di full immersion nella complessa realtà vitivinicola isolana, insieme ai colleghi Fosca Tortorelli, Giovanna Moldenhauer e Emanuele Scarci, sono scaturite alcune considerazioni che ci portano a suggerire che bisogna cavalcare la visibilità mediatica innescata dal volano turistico di questi ultimi anni per metter mano ad alcuni problemi strutturali della viticoltura pantesca che non possono più attendere.
Ciò che serve è un guizzo creativo
L’oculata e misurata guida del Consorzio da parte del presidente Benedetto Renda, affiancata da un vicepresidente come il vulcanico e grande affabulatore Salvatore Murana, garantiscono imparzialità e azioni dedicate all’intero comparto ma probabilmente serve un colpo di reni, un guizzo creativo per spezzare una pericolosa spirale. «Uno dei nostri obiettivi che ci siamo dati è di non parlare soltanto del Doc Pantelleria, ma di tutto il territorio. Vogliamo parlare con l'ente parco e le istituzioni sull'isola, con i produttori del cappero, con i ristoratori e gli operatori turistici: dobbiamo comunicare tutto il territorio, dove il vino rappresenta il fiore all'occhiello» - ha dichiarato Renda.
Opportunità di sostegno per Pantelleria
Un ruolo determinate, sia sulla parte di sostegno diretto ai viticoltori, sia sulla promozione sui mercati internazionali, può (e deve) svolgerlo la Regione Sicilia attraverso l’Assessorato all’Agricoltura, allo Sviluppo Rurale e alla Pesca Mediterranea, rappresentato nell’occasione da Domenico Cacioppo, il quale ha annunciato diverse opportunità di sostegno ma Pantelleria ha la necessità di un impegno “dedicato” per portare i suoi vini a sfidare i mercati del nuovo millennio.
Un'immagine panoramica di Pantelleria
Un problema per il passaggio generazionale
Il difficile passaggio generazionale sta mettendo a dura prova la continuazione di piccole realtà familiari che garantivano non grandi numeri ma mantenimento dei vigneti e cura del territorio. La mancanza di formazione dei giovani alle attività peculiari dell’isola è un altro forte handicap. L’unico polo di istruzione superiore, l’encomiabile “Vincenzo Almanza” situato nel capoluogo, non è purtroppo dotato nel piano formativo di un indirizzo agrario o enogastronomico, due asset che insieme al turismo rappresentano le più valide possibilità per i giovani panteschi di poter rimanere a lavorare a casa propria ed evitare di emigrare, con il conseguente abbandono di terreni e coltivazioni. E dire che sul piano vitivinicolo i “maestri” per integrare le lezioni in aula non mancherebbero (ma non sono eterni, purtroppo) per passare l’esperienza di generazioni e di sperimentazioni su potatura, zonazione, cloni più adatti, appassimento, vinificazione. Un nome per tutti il vicepresidente del Consorzio, Salvatore Murana.
Un lavoro sia di conservazione sia di sperimentazione
A questi memorie viventi si affianca il fondamentale apporto tecnico garantito dal Vivaio Governativo “Federico Paulsen”, fondato nel 1885 e diretto per 50 anni proprio dall’insigne studioso a cui si deve l’idea dei portainnesti con la vite americana, soluzione che riuscì a sconfiggere l’infido parassita che sul finire del XIX secolo stava mettendo a repentaglio la sopravvivenza stessa dell’intera viticoltura europea. Presente sull’isola ormai da quasi, un secolo la valente istituzione regionale svolge un lavoro sia di conservazione (sorta di Arca di Noè con i biotipi di Zibibbo sparsi nell’isola, sempre a rischio estinzione a causa della costante riduzione della superficie vitata), sia di sperimentazione di nuovi vitigni “potenziali” rispetto alle diverse tipologie di terreni. Giusto per fare qualche esempio, il competente Gaspare Signorelli, funzionario direttivo enologo dell’Assessorato Agricoltura della Regione Sicilia nonché conoscitore della viticoltura pantesca, ci ha mostrato sperimentazioni in divenire che indagano metodi ancestrali a base zibibbo, bollicine metodo classico sia dai racemi di Zibibbo (per garantire la necessaria base acida) come da uve a bacca rossa (Grenache) o rossi fermi da Perricone, vari cloni di Nero d’Avola o vitigni internazionali.
Uno Zibibbo secco e l’inimitabile Passito naturale
Stimoli e sperimentazioni che ci forniscono lo spunto per suggerire alcuni possibili piste di lavoro come modesto contributo di profondo estimatore della meravigliosa isola e della sua eroica viticoltura. Ad esempio, quello di creare un paio di linee di prodotto, uno Zibibbo secco e l’inimitabile Passito naturale (le due categorie su cui puntare, a nostro parere) da commercializzare come bottiglia “collettiva”, con il marchio collettivo del Consorzio. Etichette ambasciatrici da far circuitare nelle fiere di settore e nelle occasioni istituzionali come brand di prodotto che rafforzi il legame territoriale dello Zibibbo con l’isola genitrice e, al contempo, faccia da apripista e da parallelo canale identitario alle produzioni dei vignaioli più strutturati.
Un virtuoso circuito di ristoratori e di strutture di ospitalità
Stimolare la creazione di un virtuoso circuito di ristoratori e di strutture di ospitalità che, con un simbolo di riconoscimento della loro adesione al progetto, valorizzino in carta i vini panteschi, facendosi promotori del territorio verso i propri clienti. Rafforzare la già virtuosa collaborazione con le guide ufficiali del Parco Nazionale (giovani e fortemente motivate a valorizzare ogni singola zolla della propria terra, come abbiamo constatato) per intersecare i percorsi proposti con momenti di approfondimento delle peculiari tecniche di produzione dei vini panteschi. Contestualmente sdoganare l’esclusivo abbinamento del Passito naturale (ma anche del Moscato naturale) da fine pasto o al classico matrimonio con l’opulenta pasticceria siciliana con nuove possibilità di consumo, associandolo a preparazioni che si muovono per contrasto, spostandolo dalla limitante collocazione di vino da dessert. Calice a cui spesso il consumatore rinuncia o non apprezza come meriterebbe, in virtù della sazietà da fine pasto.
Aumentare le occasioni di consumo
Puntare, pertanto, a modernizzare l’inimitabile Zibibbo di Pantelleria per aumentare le occasioni di consumo e venire incontro anche ad un pubblico giovane e renderlo per così dire, “poligamo”. Con preparazioni forse a prima vista insolite ma che ne esaltano l’unicità, grazie a quella caratteristica dote acido-sapida e alla sua dolcezza mai stucchevole e alle note agrumate che lo rendono riconoscibile…anche al buio. Non solo i formaggi erborinati e il foie gras ma - prendendo spunto da quello che avviene in Portogallo con il Moscatel de Setubal o in Spagna con il Palomino Fino, giusto per rimanere in ambiti territoriali assimilabili - a virtuosi connubi con la saporita e variegata cucina pantesca, a piatti a base di pesce come una “semplice” bottarga di tonno oppure un carpaccio di sgombro agli agrumi o, perché no, una murena fritta che nella tradizione viene preparata in agrodolce e che il nettare pantesco saprebbe rivisitare.
Un percorso di piste degustative
Infine nella mezza dozzina di aziende visitate in un fitto week end e nelle degustazioni guidate da un enologo-sommelier di esperienza internazionale come il siciliano Gianni Giardina, funzionario direttivo dell’Irvo oltre che Responsabile Sud Italia dell’Onav e presidente della Commissione Doc Sicilia 5, si è delineato comunque uno spaccato di grande vitalità e che fa ben sperare sul futuro prossimo venturo. Certamente le singole realtà di cui vi parliamo meritano uno spazio dedicato (e ci ritorneremo) in maniera più approfondita ma ci teniamo, in questo reportage, ad evidenziare almeno alcuni spunti, giusto come piste degustative.
Partiamo da Pellegrino 1880
Con la sua nuova e fascinosa cantina, disegnata dall’architetto marsalese Carla Giustolisi con materiali e colori panteschi e prestando particolare attenzione all’accoglienza enoturistica, festeggia i suoi 30 anni di presenza sull’isola. Un marchio che per scelta aziendale non possiede vigneti propri a Pantelleria ma che svolge una fondamentale funzione di sostegno sociale ai 350 suoi conferitori che rappresentano ben i due terzi del totale delle uve lavorate a Pantelleria.
Esterno nuova cantina Pellegrino 1880
Il Nes e l'Isesi
Filosofia produttiva che, tra l’altro, produce due chicche come il Nes, Passito Naturale dall’encomiabile equilibrio gustativo capace di conquistare l’Oscar del Vino 2022 di Bibenda e l’Isesi, dedicato alla popolazione che 5000 anni fa arrivò nell’isola dalle coste africane, un bianco strutturato e minerale che rappresenta l’altra faccia delle potenzialità vinicole dell’isola, quella dei bianchi di carattere, figli sapidi delle terre vulcaniche e del vento salmastro che soffia incessante.
La famiglia Rallo e il loro gioiello di Donnafugata
Altra famiglia del vino siciliano i Rallo e il loro gioiello di Donnafugata in Contrada Khamma. Vigneti puliti come il giardino di casa, attenzione maniacale a tutti i processi produttivi, giardino pantesco donato al FAI e splendida mostra delle immagini cinquantenarie dei paesaggi di Pantelleria scattate da Renato Bazzoni fanno da contorno alla cantina.
Donnafugata: sgranamento manuale degli acini passiti
Il Passito di Pantelleria da decenni ai vertici della categoria
Perfettamente integrata con il paesaggio circostante, rappresenta la reggia del Ben Rye, il sovrano delle guide, il Passito di Pantelleria da decenni ai vertici della categoria. Abbiamo degustato l’annata 2008 e nonostante i quasi tre lustri aveva ancora la vitalità di un giovane purosangue, con la sua esplosione di profumi e il sorso sontuoso, avvolgente e sapido, che non finisce mai di stupire per eleganza e stabilità gustativa.
Due famiglie del vino siciliano
Dopo due grandi famiglie del vino siciliano due nomi guida di generazioni differenti, accomunate dalla medesima travolgente passionalità, Salvatore Murana e Fabrizio Basile. Il primo è il vignaiolo-poeta del Passito di Pantelleria, noto a livello internazionale, uomo sanguigno e generoso che con il suo eccezionale Creato ha dato vita al benchmark di riferimento per i passiti d’annata, con un vino capace di sfidare i decenni con impressionante concentrazione abbinata ad un lussureggiante ventaglio aromatico ed una freschezza inscalfibile. Ma anche un personaggio che non smette mai di sperimentare come dimostra la recente scommessa del metodo classico Matué Pas Dosé 2015, ovviamente da soli grappoli di zibibbo, con 6 anni di sosta sui lieviti e dove il finale ammandorlato tipico del vitigno si sposa alla spiccata mineralità di bollicine fini e persistenti. Una dimostrazione di quanto siano - citando l’incipit di una sua poesia, dedicata alla madre, pubblicata nel retro etichetta del Creato 1983 - … molteplici le trasformazioni delle uve zibibbo.
Salvatore Murana mostra i grappoli di Zibibbo in appassimento
Una versione contemporanea
Il secondo, Fabrizio Basile, è per certi aspetti la versione contemporanea di Salvatore Murana, che con lui è sempre stato prodigo di consigli nei suoi esordi di caparbio vignaiolo per scelta di vita. Insieme alla moglie Simona nel giro di tre lustri nei fertili terreni di Bukkuram (in arabo, “Re della vigna”) ha creato negli spazi dell’antica falegnameria spagnola ristrutturata con cura e gusto, un luogo accogliente per gli enoturisti che percepiscono la primigenia energia pantesca che aleggia dalla coppia. I vini prodotti con uve Zibibbo e qualche riuscita sperimentazione in rosso, come con il Cabernet Franc, rispecchiano il suo carattere di indomito sperimentatore e di vulcanico figlio della sua isola. In linea con la filosofia dei Vignerons d’Europe, Fabrizio incarna perfettamente il modello di un vignaiolo “che si prende cura della vigna, della cantina e della vendita in prima persona, che dà vita a un vino che dona piacere, figlio del territorio e del suo pensiero, espressione di un’autentica cultura”.
Fabrizio Basile fra le botti e le bottiglie di annata
Uno sguardo ad alcune sperimentazioni
Ne sono esempi concreti i tre eleganti passiti, come lo Shamira, portabandiera della “tradizione rivisitata” con le sue superbe note di uva passa, marmellata di arance amare, fico, strudel e frutta secca e le due riuscite “varianti” con affinamento in botti di acacia dello Shamira non Shamira 2006 dove l’essenza va ad accentuare la nota mielosa e delicata e quella in botti di castagno del Prescelto 2008, ammaliante e potente, con il castagno che enfatizza i tratti caratteristici della tipologia, rendendolo opulento e perfetto da meditazione. Fra le sue sperimentazioni oltre al centrato e sapido Sora Luna 2021, zibibbo secco in purezza, spicca la Selezione 41 2014, un singolare Cabernet Franc che trasuda territorialità e mineralità con sentori di frutti rossi e intrigante speziato con un sorso appagante e lunghissimo, da applauso.
Un ambizioso progetto di sviluppo
E a proposito di rossi, last but not the least, Abraxas, la storica cantina fondata dall’ex ministro Mannino, oggi oggetto di un ambizioso progetto di sviluppo da parte di una potenza economica come gli Scudieri, da anni estimatori dell’isola. Con l’avvento delle Tenute Scudieri l’intraprendente famiglia partenopea entra a pieno titolo nel mondo del vino e sull’isola intende creare un resort di accoglienza enoturistica fra le vigne di proprietà a Bukkaram, dove si produce lo Zibibbo destinato al portabandiera aziendale, il Don Achille 2008, sontuoso Passito di Pantelleria. Nel frattempo nei 26 ettari spalmati ai piedi della Montagna Grande sperimenta zibibbo d’altura come rossi da vitigni autoctoni e internazionali come il Vipera 2021, vendemmia tardiva di Alicante (85%) e Cabernet Franc (15%) o l’interessante versione pantesca di Nero d’Avola in purezza, il Sabj 2021 da vigneti a 750 m slm che dalla morbida tannici perfetta con l’abbinamento con il cous cous pantesco.
L'enorme potenzialità dei vini di Pantelleria
Uno spaccato di vini e direzioni che dimostrano le enormi potenzialità dei vini di Pantelleria che indagano nuovi scenari affiancandoli all’eccezionale Passito naturale che rappresenta l’isola ma capace anche con le altre tipologie di strappare prestigiosi riconoscimenti battendosi alla pari con territori molto più ampi e blasonati. Un enoico quanto eroico simbolo di resilienza ben rappresentato dai 12.000 km di muretti a secco (un numero impressionante se si pensa che l’intera Grande Muraglia Cinese è lunga “solo” 8.850 km) e dai poetici Giardini Panteschi, simboli d’ingegno creativo capaci di raccogliere la preziosa umidità notturna e di proteggere dai venti sferzanti i vigneti, gli ulivi e gli agrumi di un’isola dalle molteplici eccellenze da tutelare.