Ci sarebbe molto da raccontare su questa edizione che festeggia i trent’anni del Merano Wine Festival ma al di là delle riflessioni sui vini degustati (che saranno oggetto di un successivo articolo) qualche considerazione generale sul concept dell’evento e su alcuni degli eventi “collaterali”.
Per quel che riguarda il corpus del festival ancora una volta la genialità e la lucida visione organizzativa del Wine Hunter, Helmut Kocher ha prodotto un risultato che ha trasformato un problema in una opportunitàà di cambiamento.
Così la diminuita capacità ricettiva dettata dalla pandemia è stata “risolta” diminuendo il numero degli ingressi totali, spalmando i produttori selezionati su giorni diversi e aumentando la “delocalizzazione” degli eventi esterni fra Corso della Libertà, Teatro Puccini, hotel e ristoranti cittadini che ha trasformato Merano, ancora una volta, in una settimana di immancabile pellegrinaggio enologico.
Wine lovers in festa a Merano
Un successo "nuovo"
Il risultato visivo immediato è stata la trasformazione della bolgia del Kursaal “imballato” di eno-appassionati che cercavano di strappare l’attenzione dei produttori più blasonati per conquistare una degustazione e i dettagli sui vini proposti in un ambiente più sostenibile dove lo scambio di vino e d’empatia si è rivelato a misura d’uomo (e di donna).
Una sorta di ritorno alle prime edizioni “sperimentali” del Festival prima dell’esponenziale successo da brand internazionale che il Wine Hunter è stato capace di realizzare in questi 30 anni ma che dalla pandemia e dalla delocalizzazione digitale della sua poliedricitàà di uomo-marketing ha saputo tirar fuori dal cilindro una formula che ha ottenuto il plauso unanime degli operatori.
Nama Cuvée Alto Adige Doc 2018
Fra i “fringe events” del festival partiamo dalla presentazione del Nama Cuvée Alto Adige Doc 2018, un bianco di alta gamma, prodotto dalla storica cantina Nals Margreid di Nalles, presentato alla stampa nella fantastica cornice della panoramica Sky Spa dell’Hotel Terme Merano.
Un autentico “superatesino”, prodotto in sole 2mila bottiglie commercializzate a circa 115 €, rivolto alla ristorazione stellata e agli amanti dei bianchi complessi e strutturati. Alla presenza del direttore generale della cantina di Nalles, Gottfried Pollinger e dell’enologo Harald Schraffl il Nama 2018 si è svelato, in compagnia del patron del Mwf Helmut Köcher che fin dai primi assaggi ha creduto in questo progetto e dell’istrionico e magistrale wineteller Luca Gardini che ha condotto la degustazione.
Nama 2018
Una cuvée ottenuta da selezionatissimi grappoli dei singoli vitigni che compongono questo prestigioso bianco a base Chardonnay (90%), completato da 7% di Pinot Bianco e un 3% di Sauvignon, provenienti da parcelle cru della zona di Magrè (Chardonnay) e Nalles (Pinot Bianco e Sauvignon).
Fermentazione e affinamento separati per 18 mesi in barrique di rovere poi dopo l’assemblaggio della cuvée altri 9 mesi di riposo in acciaio e un anno in bottiglia per presentarsi orgoglioso nel calice con un luminoso giallo paglierino con riflessi dorati.
Al naso espande profumi di frutta a polpa gialla (mela golden), acacia, note agrumatea (cedro e bergamotto), di zenzero ed erbe aromatiche (salvia e alloro), associate ad una nitida componente iodata.
In bocca si propone con una grande densità gustativa sostenuta da potenza glicerica e ben bilanciata da rinfrescante acidità e nota leggermente boisé.
Un vino dichiaratamente “territoriale” che fin dal primo assaggio fa percepire le sue origini atesine, anche se assemblato non con vitigni autoctoni ma presenti in area ormai da decenni, tanto da considerarsi tali. Un SuperChardonnay di Nalles con un grande futuro davanti a sé e con alle spalle la robustezza di un brand affermato ma con tanta voglia di crescere come Nals Margreid.
I 50 anni del Custoza
A fianco di questa anteprima vale la pena di segnalare l’intrigante degustazione/light lunch organizzata dal Consorzio Tutela del Custoza, per i 50 anni dal riconoscimento della Doc del famoso ma ampiamente sottovalutato bianco veronese.
Dopo la degustazione dell’annata 2020 di una ventina di produttori del Consorzio (che raggruppa circa 70 cantine e 500 vignaioli per una produzione che si attesta sui 12 milioni di bottiglie) ci si è spostati all’interno degli accoglienti spazi del Ristorante Schloss Kallmünz di Piazza della Rena.
I vigneti Custoza
Qui i piatti elaborati dallo chef si sono confrontati con le diverse annate e tipologie del profumato bianco prodotto in un ristretto areale che spazia dalla campagna veronese fino alla sponda sudorientale del lago di Garda, caratterizzato dalla suadente aromaticità e dal finale piacevolmente ammandorlato.
Sotto gli occhi vigili della neopresidente, la giovane e grintosa Roberta Brocoli, produttrice biologica con l’azienda di famiglia Cantina Gorgo, sono sfilati i piatti dove il Custoza si è cimentato in abbinamenti culinari non scontati che hanno valorizzato le camaleontiche capacità di abbinamento.
Giocando sull’eterogeneità dei terreni su cui insiste la denominazione, tipologia e annate (qualcuna anche piuttosto “attempata” rispetto all’immagine di “semplice” vino da aperitivo) gli abbinamenti hanno mostrato l’insospettabile stoffa da tutto pasto di una doc “sartoriale”, offuscata nella meritata notorietà dall’ingombrante coesistenza territoriale con i grandi rossi veronesi e il Soave.
Un consorzio che, a dispetto di tanti altri esempi sparsi per la penisola, ha fatto della coesione la propria forza comunicativa e anche la presenza (compatta) al Merano Wine Festival ne è una chiara dimostrazione oltre che il modo migliore per festeggiare i propri “primi” 50 anni di vita. Ad maiora!
Tappa in Oltrepò Pavese
Altro evento, altro Consorzio: questa volta quello dell’Oltrepò Pavese che dopo le vicissitudini interne che ne avevano fiaccato l’azione ha imboccato la strada giusta e con il nuovo corso sta riportando sui binari che merita la comunicazione di un territorio straordinariamente vocato per la viticoltura.
Area principe della viticoltura lombarda, protagonista di quasi i 2/3 dell’intera produzione regionale, primo approdo italico del Pinot Nero a metà Ottocento ma capace di valorizzare qualsiasi barbatella piantata sulle sue colline.
Helmut Köcher sciabola il Testarossa
Con la sciabolata di una magnum di Testarossa Metodo Classico Brut, operata senza...colpo ferire dall’immancabile Helmut Köcher, si è festeggiata la consolidata presenza al Festival del Consorzio con una ampliata tensostruttura proprio di fronte al Kursaal ma anche la recente vittoria della Cantina Calatroni, con il suo Campo Dottore Oltrepò Pavese Doc, come miglior Riesling dell’anno, competizione che a Naturno ha visto confrontarsi ben 54 etichette provenienti da tutt’Italia.
Una tangibile dimostrazione della capacità del terroir Oltrepò di esprimere frutti di incredibile complessità siano essi vitigni “internazionali” come Pinot Nero o Riesling quanto l’autoctona Croatina.
A Rino De Candido il Premio Godio 2021
E per concludere un cenno merita il Premio Godio 2021, dedicato alla memoria di un grande e indimenticabile “cuoco totale” come Giancarlo Godio (tragicamente scomparso in un incidente aereo a soli 60 anni nel lontano 1984). Godio fu il primo cuoco in Alto Adige, isolato a 2000 metri nella sua “Genziana”, fra le montagne dell'Alta Val d’Ultimo, a conquistare nel 1978 una stella Michelin. Un cuoco coraggioso e estremo che aveva nei prodotti dei boschi intorno alla sua locanda-ristorante i propri fornitori.
La consegna del Premio Godio 2021
E a questi principi ispirativi, sintesi perfetta dei valori atesini, si ispira il premio a lui intitolato, ospite fisso ormai del Merano Wine Festival. Quest’anno il prestigioso riconoscimento, negli anni attribuito a chef di rango come il tristellato Norbert Niederkofler, è stato conquistato da un visibilmente emozionato Rino De Candido, chef dell’Alpine Hotel Gran Fodà, al Plan de Corones. Un ragguardevole traguardo nella sua lunga carriera ma al tempo stesso un buon viatico, visti i precedenti, per future e ulteriori soddisfazioni.