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Dal mito del Pinot grigio al Mosaico del vino italiano

Dalle bollicine più ricercate di Cà del Bosco o Kettmeir alla leadership del bianco italiano sul mercato americano, Beniamo Garofalo spiega come il gruppo Santa Margherita affronta i mercati. 10 tenute in sei regioni con etichette rivolte all'alta ristorazione o al consumo domestico.

di Alberto Lupini
direttore
 
27 giugno 2020 | 14:39

Dal mito del Pinot grigio al Mosaico del vino italiano

Dalle bollicine più ricercate di Cà del Bosco o Kettmeir alla leadership del bianco italiano sul mercato americano, Beniamo Garofalo spiega come il gruppo Santa Margherita affronta i mercati. 10 tenute in sei regioni con etichette rivolte all'alta ristorazione o al consumo domestico.

di Alberto Lupini
direttore
27 giugno 2020 | 14:39
 

Dieci cantine, in sei fra le regioni più vocate per l’enologia italiana. 23 milioni di bottiglie vendite lo scorso anno, per oltre 190 milioni di fatturato, l’85% del quale deriva da esportazioni (per lo più col “bianco” simbolo e storia del vino italiano, il Pinot grigio). Sta in questi dati sintetici una delle poche realtà italiane che possono avere uno spazio nel mondo del vino internazionale. Parliamo del gruppo Santa Margherita, che fa capo alla Zignago Holding della famiglia Marzotto, storicamente legata alla terra del Veneto per l’industria tessile, ma che dal 1935 ha cominciato anche ad occuparsi di vigneti.

Dal mito del Pinot grigio al  Mosaico del vino italiano

Un gruppo che nel mondo del vino presenta una duplice realtà: marchio leader per volumi con un vino di punta che dal 1961, anno di nascita, ha cambiato le regole conquistando gli Stati Uniti dove è il simbolo del made in Italy a Tavola (il pinot grigio Santa Margherita, dall’insostituibile etichetta con la palazzina di Portogruaro), e al tempo stesso mosaico di eccellenze che in una piramide ideale vede al vertice una cantina simbolo del luxury come Cà del Bosco, acquisita nel 1994 e punto di riferimento dell'alta ristorazione.

Ma le etichette del Franciacorta non sono le uniche che garantiscono bollicine eccellenti nel gruppo. È il caso ad esempio della centenaria Kettmeir che in questi giorni ha presentato i suoi ultimi metodo classico che danno il via ad una nuova stagione spumantistica altoatesina di altissimo livello. E non è un caso che sia proprio la famiglia Marzotto, che l’aveva rilevata nel 1986 ad avere posto la cantina di Caldaro in prima linea nel proporre e sviluppare le bolle più nobili del Sud Tirolo, abbianando innovazione tecnologica e tutela ambientale (la cantina è dotata di raffreddamento geotermico), preservando il prezioso tessuto agricolo della provincia, composto da vigneti di alta collina e montagna a conduzione tradizionalmente famigliare.

Beniamino Garofalo Dal mito del Pinot grigio al  Mosaico del vino italiano
Beniamino Garofalo


Novità che per il neo amministratore delegato del gruppo Santa Margherita, Beniamino Garofalo, rappresenta una delle tessere più preziose di quel “mosaico enologico” prima ricordato. «È un termine che qualche mio collega nei primi giorni che ero in carica me l'ha messo lì. Io l'ho fatto mio, perché lo trovo molto rappresentativo del Gruppo che rappresento. Kettmeir fa parte di questo mosaico enologico. Siamo una realtà che copre varie regioni, vari territori, vari vitigni e l'Alto Adige per noi è stata una delle prime cantine che il Gruppo Marzotto ha acquisito tanto tempo fa e Kettmeir ha superato l’anno scorso il secolo di vita. E la spumantistica per noi rappresenta una parte importante, non solo per l’Alto Adige, perché siamo presenti anche in Franciacorta e nella zona del Prosecco».

Una perla altoatesina che peraltro costituisce una piccola realtà nella dimensione del metodo classico …
Beh l'Alto Adige come sai pesa poco perché su 40 milioni di bottiglie peserà lo 0,6%...Ca del Bosco ha chiaramente una presenza più forte sul forte nel domestico, che è intorno al 15% del totale, ma è certamente un grande brand di punta.

Dal mito del Pinot grigio al  Mosaico del vino italiano

A tirare il gruppo c’è però una locomotiva insostituibile, il pinot grigio…
Noi abbiamo in effetti una “grande” locomotiva che si chiama Pinot Grigio, che pesa tanto, soprattutto nei mercati anglosassoni come Stati Uniti, Canada e anche Australia, dove abbiamo una presenza dominante, perché siamo il primo vino bianco italiano importato. Ormai da tanto tempo. È sicuramente una presenza importante, facciamo parte del tessuto di questi Paesi con Santa Margherita Pinot Grigio. Quindi Santa Margherita per noi è la locomotiva, una locomotiva, anche perché quasi l'85% del nostro business viene fatto fuori confine.

Di che cifra parliamo?
Allora, noi abbiamo circa 190 milioni di fatturato. L'85% viene fatto oltre confine, in gran parte grazie al Pinot grigio. Abbiamo peraltro molti vitigni e vari brand che rappresentano sei regioni e che hanno varie caratteristiche. Ci sono vini che hanno più presenza nel mercato domestico; vini che hanno più presenza nel mercato dell'Horeca e abbiamo altri brand che hanno più presenza nei mercati esteri. Ca del Bosco, ad esempio ha una presenza nel mercato domestico, solo Horeca. È chiaro che il desiderio del gruppo è portare all’estero tutta la spumantistica italiana anche a un livello, come abbiamo in Italia, di rilevanza, ma come ben sapete fuori dalle Alpi abbiamo un competitor di riferimento che si chiama Champagne, quindi tutti i giorni abbiamo un confronto non facile.... Però devo dire, anche per la mia precedente esperienza professionale (gruppo Lunelli, ndr), che negli ultimi anni i riconoscimenti sul metodo Classico e anche sul Prosecco a livello internazionale sono stati tanti. Questo vuol dire che i consumatori, gli opinion leader stanno riconoscendo all'Italia un mercato che non è solo un mercato di vini rossi o di vini bianchi, ma anche di spumantistica. Il Prosecco è un esempio eclatante. Ma il metodo Classico sta rappresentando degli ottimi risultati negli ultimi anni e riconoscimenti come i premi che riceviamo con Ca del Bosco e non solo, sicuramente rappresentano un buon auspicio per il futuro della spumantistica italiana all'estero».

Dal mito del Pinot grigio al  Mosaico del vino italiano

Al di là dello spumante, restando sul mercato italiano, nel settore Horeca quali sono i vini su cui vorreste puntare per avere più quote, più presenza?
Io dico sempre che il nostro gruppo ha varie anime. Quindi noi abbiamo un'anima a volte considerata un po' più volumetrica, più off trade, ma perché i mercati dove siamo forti hanno questa prevalenza. Qui mi riferisco a Santa Margherita e Pinot Grigio. E poi abbiamo altri brand che sono solamente prettamente Horeca. Faccio l'esempio di Mesa in Sardegna, con il Carignano, il Vermentino; faccio l'esempio del Lugana con Cà Maiol, Tutti i vitigni in cui noi crediamo - e Santa Margherita questo lo ha dimostrato – pensando che possano essere le nuove tendenze nel prossimo futuro. Poi abbiamo parlato dell'Alto Adige, della Franciacorta, e perché no anche del Chianti Classico, che sta vivendo una nuova linfa vitale e che mi auguro che possa rappresentare quello che è giusto debba rappresentare. Lamole di Lamole è un posto fantastico, il Chianti è una campagna della Toscana divina, bellissima da visitare, e perché no? con dei grandi vini e credo che anche qui ci stiamo rendendo conto che dobbiamo dare valore a quello che abbiamo, dobbiamo valorizzare ancora di più quello che abbiamo. Quindi l'Horeca è chiaramente per noi una parte dominante, la ristorazione è fondamentale per il nostro sviluppo, continuiamo a sostenerla quotidianamente perché crediamo che il sistema vino non possa prescindere dalla ristorazione. Senza la ristorazione non esiste la convivialità, e non può esistere il consumo di vino.

Santa Margherita gruppo vinicolo

© Riproduzione riservata STAMPA

 
 
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