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sabato 20 dicembre 2025  | aggiornato alle 10:46 | 116457 articoli pubblicati

I Maestri raccontano... Distillare sull’Altopiano di Siusi

Florian Rabanser è un mastro distillatore che vive ai piedi delle Dolomiti, un territorio ricco di suggestioni. Nei suoi distillati, nel gin in particolare, ha sintetizzato tutto il suo amore per i sapori autentici.

di Fabio Di Pietro
F&B Manager di 5 Hats
 
20 giugno 2020 | 06:31

I Maestri raccontano... Distillare sull’Altopiano di Siusi

Florian Rabanser è un mastro distillatore che vive ai piedi delle Dolomiti, un territorio ricco di suggestioni. Nei suoi distillati, nel gin in particolare, ha sintetizzato tutto il suo amore per i sapori autentici.

di Fabio Di Pietro
F&B Manager di 5 Hats
20 giugno 2020 | 06:31
 

Il verde brillante dei pascoli al sole durante maggio, la frizzantezza dell’aria d’alta quota, le case tozze ed appuntite che spuntano come funghi nel paesaggio di montagna e lo Sciliar in prossimità a fare da immaginario ascensore fra terra e cielo: questa fotografia dell’Altopiano di Siusi sarebbe già meravigliosa di per sé. A rendere ancora più unico questo territorio è la presenza di un grandissimo Maestro della distillazione mondiale, nonché un caro amico del team 5-Hats, Florian Rabanser.

Florian Rabanser - I Maestri raccontano...  Distillare sull’Altopiano di Siusi

Florian Rabanser

In questo momento di ripresa degli spostamenti fra le regioni, il suo laboratorio è un toccasana per chi ricerca la forza della potenza creativa e dello studio delle materie prime. Florian è sempre una scoperta, ogni volta che penso di conoscerlo trovo un nuovo lato del quale essere meravigliato. Dopo aver degustato le nuove alchimie sulle quali stava lavorando durante la “quarantena”, iniziamo l’intervista. «Un attimo che prendo i bicchieri - dice - così mentre parliamo assaggiamo anche qualcosa».

Florian, cosa significa il termine Maestria per te?
Nel mio settore, la Maestria è ricercare la corretta frutta e la sua giusta concentrazione di aromi che dipende anche dalla vita del prodotto. Inoltre è molto importante conoscere i botanici e le loro proprietà. Una vera arte è poi il momento della distillazione, perché tutto è indirizzato ad individuare il corretto taglio di quelle che noi chiamiamo teste e code, per arrivare alla vera natura del prodotto, se eliminate correttamente. È un grande lavoro di concentrazione e di papille gustative. Ecco, pensandoci bene, la capacità di selezione e la sensorialità sono due parole che racchiudono il concetto di Maestria nel mio modo di vedere gli spirits.

Da piccolo hai sempre distillato?
Ah, qui quasi in ogni casa si distilla! Pensa che io ho cominciato a 12 anni a confrontarmi con la distillazione con il nostro alambicco di famiglia: mi sono guadagnato la prima moto così! Mi portavano di tutto da distillare ed io provavo a ricercarne l’essenza. Mi ricordo come fosse ieri il mio primo distillato di prugne, anche se il mio primo grande divertimento e piacere era sperimentare con il sorbo. Quanto me ne portavano gli amici da Innsbruck! In effetti, non ho ricordi di un periodo in cui non distillassi.

Cosa ti lega di più al tuo territorio, al tuo altopiano?
Lo stile di vita. L’ho capito proprio in questi mesi di quarantena. Sentivo amici nelle città, costretti a stare in casa e a non poter uscire e mi sono accorto che qui, rispettando sempre le norme, si può però uscire e vivere la natura del nostro pascolo perché i primi vicini sono a centinaia di metri. In più, poter avere il proprio orto senza dover dipendere da niente e da nessuno è un grande lusso. Tante persone che sottovalutavano questa libertà l’hanno presto rivalorizzata, io compreso. D’altronde la montagna ti dà tutto, se la sai apprezzare.

I Maestri raccontano... Distillare sull’Altopiano di Siusi

Quale pensi sia il futuro di questo territorio?
Onestamente io spero che in futuro rimanga tutto com’è. È vero che il turismo è una grande risorsa, ma farlo esplodere solo con un criterio consumista creerebbe il caos, non sarebbe più la “vera” montagna.

Qual è il filo rosso, secondo te, che unisce il mondo della distillazione con quello della ristorazione?
Fin dai tempi degli antichi si usava alcol in cucina, non c’è nulla da inventare: ci sono certi cuochi che marinano diversi prodotti sia secchi che dolci. Ci sono grandi chef che utilizzano i miei rum per le bagne di prodotti da forno e altri che ad esempio utilizzano il Salz Gin per le marinature più estreme. A breve arriverà anche un distillato molto particolare di ortaggi, e anche quello sarà eccezionale in cucina. Il vero collegamento è l’esaltazione di ogni singolo elemento sensoriale: non esiste un filo rosso, esiste una complementarietà.

Pensi che questo concetto possa svilupparsi anche in una cultura come quella mediterranea?
Dipende da come comunichi questo legame: al nord c’è più la tradizione dell’alcol, del suo corpo e della sua potenza; al sud i gusti sono più dolci e morbidi. Se pensi al babà, al limoncello coi dolci, agli stracotti o al vino rosso col brodo, direi che non c’è niente da dover inventare. È tutta una questione di consapevolezza.

Quale senso secondo te incide di più sulle emozioni?
La memoria gustativa: insegnare ai bambini i sapori e guidarli nel creare il loro abbecedario sensoriale è una cosa meravigliosa, non credo esista emozione per me più forte.

I Maestri raccontano... Distillare sull’Altopiano di Siusi

Se dovessi trovare nel tuo territorio il tuo alter ego nel mondo del cibo, chi sarebbe?
C’è una coppia di ragazzi davvero fuori dal normale qui da noi, si chiamano Katya e Armin, che producono il cioccolato Karuna: sono dei grandi interpreti della sensorialità nel mondo del cacao e della sua lavorazione.

È possibile oggi per i giovani innamorarsi di una vita artigiana in un mondo ormai ipertecnologico?
Certo che è possibile, perché la vita artigiana soddisfa tutte quelle persone che di indole sono propense a tutto ciò che è vocato alla natura e alla scoperta. Non esiste una cosa giusta e una sbagliata, esiste solo un dialogo fra le generazioni affinché si riesca a portare un po’ di modernità nella tradizione e un po’ di saggezza nelle giovani leve: questo modo di fare riappacificherebbe molti animi.

Cosa consiglieresti ad un’attività produttiva come la tua, però in difficoltà, in un momento come questo?
Direi di credere sempre in quello che si sta facendo per avere sempre la possibilità di avere un futuro, di cercare dei partner e di fare rete... prima del Covid l’attitudine del “solismo” la faceva da padrona, ora tutto questo va cambiato. Dobbiamo fare rete sul territorio, la concorrenza fra aziende della stessa terra oggi la trovo insulsa.

© Riproduzione riservata STAMPA

 
 
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