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Il Torcolato e la sua Doc Breganze Storia antica fatta (ancora) di persone

 
09 febbraio 2019 | 11:27

Il Torcolato e la sua Doc Breganze Storia antica fatta (ancora) di persone

09 febbraio 2019 | 11:27
 

Denominazione piccola ma con una storia grande di vitigni autoctoni e secoli di tradizione vinicola come ben attesta “Il Roccolo Ditirambo” di Aureliano Acanti (anagramma dell’illustre poeta vicentino Valeriano Canati).

Lui, che già nel 1754 cita l’uva Vespaiola e il Torcolato appassito con i grappoli attorcigliati e appesi con una corda alle travi del granaio (per risparmiare spazio e proteggere i preziosi acini dai possibili roditori). Siamo su una striscia di terra collinare di circa venti chilometri, fra i fiumi Astico e Brenta. Di quest'area Breganze è il fulcro geografico, con ad ovest Thiene e ad est Bassano a farle da corazzieri, in un paesaggio costellato da splendide dimore patrizie come Villa Godi Malinverni, prima opera del Palladio, Villa Angarano o suggestivi borghi storici come Bassano del Grappa, Schio, Thiene, Marostica.

(Il Torcolato e la sua Doc Breganze Storia antica fatta (ancora) di persone)

Una gastronomia ricca di prodotti riconosciuti a livello europeo: dal formaggio Asiago Dop alla sopressa vicentina Dop, dall’asparago bianco di Bassano Dop, alla ciliegia di Marostica Igp, e piatti tradizionali come il bacalà alla vicentina o il toresan (il piccione allevato) allo spiedo.

(Il Torcolato e la sua Doc Breganze Storia antica fatta (ancora) di persone)

La regina della denominazione, presente solo in questa ristretta area, è senza dubbio la Vespaiola, uva a bacca bianca che deve il nome dall’attrazione fatale che provoca nelle vespe, dovuta ai profumi e alla sua alta concentrazione zuccherina. Nell’area delle denominazione su un totale di 600 ettari vitati ben 60 sono dedicati alla vespaiola mentre delle 310mila bottiglie totali annue di Breganze Doc Vespaiolo 180mila sono della versione ferma, 80mila della versione spumantizzata e circa 50mila del prezioso Torcolato (dati Consorzio riferiti al 2016).

(Il Torcolato e la sua Doc Breganze Storia antica fatta (ancora) di persone)

Se la Vespaiola rappresenta l’uva regina di Breganze il nettare più prezioso, ovvero il Torcolato, ne rappresenta l’essenza, con il suo gusto dolce-non dolce, armonico e vellutato, dall’ammaliante giallo dorato e dai profumi di albicocca, fichi, miele e uva sultanina. Si ottiene dai grappoli migliori, maturati alla perfezione, riposti attorcigliati (“torcolati”, nel dialetto locale) ad una corda e appesi a travi di legno, nelle soffitte ben aerate delle case contadine nelle colline breganzesi, dove rimangono ad appassire per circa quattro mesi fino al gennaio successivo.

Durante questo periodo gli acini perdono gran parte dell’acqua contenuta, favorendo un elevata concentrazione degli zuccheri, prima di essere “torchiato” e messo a fermentare in piccole botti di rovere ed essere immesso sul mercato in quantitativi minimi, data la scarsissima resa e la complessa procedura produttiva. Vino da meditazione può essere abbinato a pasticceria secca ma anche a formaggi erborinati o al foie gras. Per celebrare il fiore all’occhiello della tradizione vitivinicola breganzese, dal 1996, anno di ottenimento della Doc, Breganze omaggia il suo alfiere con la “Prima del Torcolato”, la pigiatura pubblica delle uve comunitarie.

Domenica 21 gennaio si è svolta la 23ª edizione della manifestazione che ha portato nella straripante Piazza Mazzini concittadini e turisti per assistere al taglio del nastro rappresentato dalla torchiatura dei primi grappoli appassiti di uva Vespaiola conferiti da tutte le cantine del Consorzio, sotto l'occhio attento della Magnifica Fraglia (Confraternita) del Torcolato.

Un nettare passito celebrato fin dal 1600, addirittura come elisir medicamentoso e appannaggio delle sole famiglie nobili. Oggi la sua aura di bottiglia preziosa, da stappare per una ricorrenza speciale è rimasta nel suo dna ma il bello, come accadde spesso quando ci si occupa di vino, sono soprattutto le storie delle persone che lo producono a scriverne le pagine migliori.

(Il Torcolato e la sua Doc Breganze Storia antica fatta (ancora) di persone)
Elvio Forato e Fausto Maculan

Inizierei dalla “stella polare” della denominazione, Fausto Maculan, sicuramente un grande innovatore sotto il profilo enologico e testimonial vivente della sua Breganze, che ha portato in giro per il mondo (ora insieme alle intraprendenti figlie Angela e Maria Vittoria) le sue etichette pluripremiate, sempre frutto di un’idea e uno studio accurato, dal blasonato “Fratta” alle sperimentazioni muffate di “Acini Nobili”.

La “versione di Fausto”, che è anche presidente dell’associazione che raggruppa i produttori di Torcolato di Breganze, riecheggia l’eleganza dello stile Sauternes (d’altro canto la sua passione per i vini francesi è risaputa). Affinato in barrique nuove e usate il suo Torcolato si presenta con un giallo dorato carico, con al naso note di agrumi, albicocca secca, miele di tiglio e uva sultanina. In bocca espande la sua bella struttura e il perfetto equilibrio fra dolcezza e acidità che gli dona una grande versatilità di abbinamenti.

Sempre in prima linea nella promozione del suo territorio. Per i giovani produttori della zona Fausto Maculan rappresenta il benchmark a cui far riferimento sia in termini di esperienza enologica che in termini di marketing e lui non si tira mai indietro quando si tratta di promuovere la sua Breganze come dimostra l’ impegno fin dal battesimo della “Prima del Torcolato” o l’invenzione dell’originale “Premio Maculan”, concorso gastronomico-artistico che quest’anno ritorna il 25 marzo dopo il fortunato esordio del 2018. Proseguiamo la nostra carrellata di attori protagonisti fra nobili lignaggi e tradizioni contadine passando per geniali imprenditori “convertiti” al fascino di Bacco, uniti in uno spirito di squadra decisamente non così scontato in un organismo come un consorzio di tutela.

(Il Torcolato e la sua Doc Breganze Storia antica fatta (ancora) di persone)

I nobili lignaggi sono quelli delle sorelle Bianchi Michiel, dirette discendenti di una famiglia dogale come i Michiel, con dimora avita nella palladiana Villa Angarano di Bassano, nel limite est della denominazione. Qui da 15 anni Giovanna e le sue quattro sorelle, hanno reimpiantato i cloni più adatti alla tipologia di terreni, aiutati nella scelta e nella conduzione enologica da Marco Bernabei. Il loro ”San Biagio” Riserva, che nasce su terreni calcarei, franco-argillosi, ha la stoffa di famiglia, riservata e affabile come Giovanna. Il bel colore ambrato racchiude sentori di agrumi, albicocca e frutta secca mentre al gustativo la rotondità del sorso si stempera nel finale ammandorlato. Per nulla stucchevole, perfetto da meditazione.

(Il Torcolato e la sua Doc Breganze Storia antica fatta (ancora) di persone)

Il fronte tradizionale ha il suo alfiere in Innocente Dalla Valle che sulla collina di Fratte con la sua Ca’ Biasi domina uno dei panorami più belli della denominazione. Il suo è un Torcolato che risente del terreno di origine vulcanica sul quale cresce, che sa di albicocca disidratata e frittelle di acacia, schietto e generoso, esattamente come lui e la sua famiglia, nei decenni prima mezzadri, poi affittuari ed ora proprietari di una splendida tenuta con vigneti che abbracciano quasi tutte le varietà della denominazione, dalla predominanza della Vespaiola dino all’Incrocio Manzoni, dal Refosco passando dal Cabernet e Merlot fino al Groppello. Non fatevi confondere dal nome, perché si tratta della versione di Breganze che con l’omonimo vitigno della Valtenesi ha in comune solo il nome. Dal Groppello Innocente oltre ad una profumata versione secca ne ottiene una limitata produzione di un suadente passito, “Sojo Rosso”, ideale su torte a base cioccolato. Una vera chicca.

(Il Torcolato e la sua Doc Breganze Storia antica fatta (ancora) di persone)

Proseguendo sul fronte tradizione, a due passi dal campanile di Breganze, simbolo del borgo, troviamo un altro pezzo della storia di Breganze, Firmino Miotti. Insieme alla moglie Pina e alla figlia Franca porta avanti da l’azienda di famiglia nel solco della tradizione. La sua accezione di Torcolato ha profumi di dattero, mela cotta e miele di acacia, con una lunga persistenza che riempie e soddisfa il palato, predisponendo ad un nuovo sorso. Una riuscita applicazione dei dettami della tradizione ma attenta all’evolversi del gusto. In soli 5 ettari (di cui 1,5 dedicati alla Vespaiola) ritroviamo una sorta di hortus conclusus della viticoltura breganzese con vitigni come la briosa Pedevenda, uva quasi scomparsa e tenuta in vita da oltre un secolo dalla caparbietà della famiglia Miotti.

Risalendo la collina ritroviamo un’altra famiglia con quasi cent’anni di attività vinicola (esattamente nel 2023 compirà un secolo) la Col Dovìgo, della famiglia Bonollo e della grintosa ultima generazione rappresentata dalla cordiale Valentina.

(Il Torcolato e la sua Doc Breganze Storia antica fatta (ancora) di persone)

200mila le bottiglie prodotte con il Suam, taglio bordolese di Merlot (45%) e Cabernet (55%),  pluripremiato insieme al raro Torcolato (solo 2mila bottiglie da 375) a far da ambasciatori e da apripista sui mercati esteri che assorbono oltre il 60% della produzione. Il Torcolato è di piacevole struttura, elegante e non invadente quanto a dote zuccherina con note di fiori bianchi, frutta esotica e speziato dolce, eredità dell’affinamento di 2 anni in barrique nuove di rovere francese.
    
Pochi filari più avanti ci imbattiamo in Emilio Vitacchio, azienda agricola familiare con allevamento di suini. 5 gli ettari vitati con una decina di referenze fra cui l’immancabile Torcolato prodotto in 2mila bottiglie da 750 ml. Riposo di oltre 4 anni in vasche d’acciaio inox prima di essere commercializzato. Oltre alle note di albicocche e miele qui sono gli agrumi canditi ad esser in prima linea con una persistenza lunga e appagante.



Insieme a Miotti anche Viticchio produce la rara Scampagna, antico autoctono breganzese che fa il verso, nel nome e nella naturale frizzantezza al nobile cugino transalpino, ma con semplicità e beverina schiettezza. Da non perdersi, prenotando in tempo, anche la sua prelibata e artigianale soppressa vicentina dop, vera chicca di norcineria a km zero.

Venendo ai citati imprenditori “convertiti” sotto le spoglie si celano due personaggi originali come Roberto Benazzoli de “Le Vigne di Roberto” e Marco Crozza e la “Transit Farm”. Roberto è un ex informatico, che dopo l’esordio in Olivetti, si è inventato un software di successo diventando leader internazionale di uno segmento di mercato.

(Il Torcolato e la sua Doc Breganze Storia antica fatta (ancora) di persone)
Barbara Repovs e Roberto Benazzoli

Dopo anni di crescita ha deciso di accettare l’offerta di un grande gruppo straniero cedendo l’azienda per dedicarsi alla sua nuova passione, il vino. Il Torcolato delle sue “terre di confine”, con metà vigne a Breganze e metà a Fara Vicentino, è affinato in acciaio e si presenta ricco e intenso. Una spiccata mandorla che dialoga con albicocca e pesca sciroppata dal sorso appagante e persistente.

Ma la passione (che si legge negli occhi vispi) per le bollicine ha prodotto anche un metodo classico a base di Pinot Noir con piccola percentuale di Vespaiola “Prime Rosé” che vinifica nella cantina dell’amico Andrea Crozza, di Transit Farm, che con lui condivide il percorso di imprenditore “convertito” ma con la differenza che Andrea è ancora a capo di una griffe di moda di livello globale come Transit, marchio presente in 35 nazioni.

(Il Torcolato e la sua Doc Breganze Storia antica fatta (ancora) di persone)
Andrea Crozza e in basso Giovanna Bianchi Michiel

Quando non è in giro per il globo gli piace tornare nelle sue terre e rifugiarsi nella bella casa colonica ristrutturata con grande gusto (ca va sans dire) e dedicarsi anima e corpo alle sue due passioni, i cavalli (con cui si è imposto più volte in contest internazionali) e il vino.

Poche etichette con la Vespaiola a far da prima donna, nella versione ferma, spumante e nell’apoteosi passita del Torcolato che evidenzia note di uva spina e iris, uva passa e miele di castagno con un equilibrio acidità/dolcezza che guarda a nord-est, al Picolit friulano.

Sempre pronto a sperimentare, come il mondo della moda impone, Andrea ha messo a fermentare grappoli e tralci di Vespaiola in anfore grandi anziché in barrique. Una sorta di ritorno alla tradizione georgiana ma con approccio contemporaneo. Siamo curiosi di vedere il risultato ma le premesse per un prodotto originale ci sono tutte!

Chiudiamo la nostra carrellata breganzese con due realtà agli antipodi per tipologia. La prima è la Cantina Sociale Beato Bartolomeo da Breganze, fondata nel 1950 con 121 soci e cresciuta insieme al territorio. Oggi conta 700 soci, una nuova cantina con bottaia sotterranea in stile cattedrale gotica ed oltre 2 milioni e mezzo di bottiglie, che rappresentano quasi i 3/4 dell’intera produzione della Doc Breganze.

Diretta da Elvio Forato, neo presidente del Consorzio Doc Breganze, la Cantina Sociale a dispetto del numero di soci e bottiglie ha l’attenzione alla qualità da piccolo produttore, con etichette che spaziano in tutte le tipologie della denominazione e vendite suddivise fra mercato locale e esportazione estera.

Non mancano interessanti “sguardi in avanti” come la Vespaiola in versione metodo classico, “Bosco Grande”, millesimato che trascorre 24 mesi sui lieviti prima di farsi notare per la mineralità che il suolo vulcanico gli conferisce.
Quanto al Torcolato, contraddistinto nel loro caso dalla scelta dell’affusolata bottiglia alsaziana, è prodotto in “ben” 12mila bottiglie. Pur non spiccando per esuberanza, al naso le sue note di fichi e frutta secca si espandono al gustativo in un carattere docile, ben equilibrato fra dolcezza e acidità.

La seconda si caratterizza come l’affermazione della creatività individuale di IoMazzucato, marchio dietro il quale si cela (poco, a dire il vero) la giovane coppia di Andrea e Laura Mazzucato. I due conducono 15 ettari di vigneti (affittati) proprio sotto la storica Villa Chiericati-Scaroni puntando sulla ricerca dell’originalità sia sotto il profilo enologico che sulla attenzione per il packaging. Il suo Torcolato affina 12 mesi in acciaio e 12 mesi in barrique. Al naso il trittico albicocca, miele di tiglio e mandorla si impone in un assaggio morbido e delicato. Andrea lo suggerisce, oltre agli abbinamenti tradizionali anche sulle ostriche (provare per credere).

L’ariosa sala degustazione della cantina ha anche ospitato, l’interessante verticale di Torcolato, condotta da Gianni Fabrizio, che ha mostrato a giornalisti e sommelier le straordinarie capacità d’invecchiamento del Torcolato.
Calici che partivano da millesimi primi anni 2000 per poi scendere a 1995, 1992, 1991, 1990, 1983 e chiudere con un incredibilmente giovanile 1972, di produzione artigianale da una collezione di famiglia.

Un cenno finale va allo chef di grande talento Antonio Chemello, patron della Trattoria Palmerino a Sandrigo che nella cena di benvenuto dedicata alla stampa di settore ha offerto un focus sul bacalà da standing ovation per finezza, schiettezza esecutiva e qualità della materia prima, proveniente da selezionatissimi fornitori delle isole Lofoten.

Un vero apostolo del bacalà alla vicentina, leccornia autoctona sulla quale la Vespaiola si sposa alla perfezione
perché per citare un motto popolare raccolto da Innocente Dalla Valle di Ca’ Biasi (che in una sola frase racchiude il rapporto di Breganze con il nettare di Bacco) …”mai metterti in cammino se la bocca non sa di vino”…ovviamente rigorosamente da uve Vespaiola.

© Riproduzione riservata STAMPA

 
 
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