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I vini dell’Alto Adige incantano alla tappa milanese del road show

 
11 ottobre 2018 | 12:46

I vini dell’Alto Adige incantano alla tappa milanese del road show

11 ottobre 2018 | 12:46
 

L’Alto Adige si è messo in gioco in un minitour portando i suoi vini migliori in giro per l’Italia: il banco d’assaggio itinerante è partito da Roma, è passato da Firenze, per approdare infine a Milano.

Un’esperienza nuova per il Consorzio Vini Alto Adige, volta a sperimentare una formula originale per far apprezzare le proprie eccellenze ovunque il vino di qualità sia accolto e capito.

(I vini dell’Alto Adige incantano alla tappa milanese del road show)

Nel corso del road show, la grande varietà enologica di questo territorio, nordico e mediterraneo allo stesso tempo, è stata esplorata attraverso 50 etichette, suddivise in 7 isole tematiche. Dal Pinot Bianco, con la sua freschezza e le sue note fruttate, si è passati ad una selezione di metodo Classico, Pinot Grigio, Sylvaner e Kerner. La terza zona è stata improntata al Sauvignon, dall’impronta olfattiva inconfondibile. Si è andati avanti con uno dei portabandiera di questa terra, l’aromatico Gewürztraminer, per farne conoscere il potenziale evolutivo ancora inespresso. Ma anche la Schiava, vitigno autoctono a bacca nera capace di dar vita a prodotti leggeri e piacevoli, ha avuto i suoi spazi. Non poteva mancare il Pinot Nero, con la sua nota eleganza, e infine il Lagrein, l’uva nera che qualcuno ha incoronato come regina del Sudtirolo.

Eduard Bernhart, Luigi Taglienti, Pierluigi Gorgoni (I vini dell’Alto Adige incantano alla tappa milanese del road show)
Eduard Bernhart, Luigi Taglienti, Pierluigi Gorgoni

A Milano la delegazione del Consorzio, guidata dal direttore Eduard Bernhart, ha voluto incontrare la stampa presso Lume, il ristorante stellato animato dalla generosa fantasia dello chef Luigi Taglienti, un ligure innamorato della sua terra ma ben disposto ad andare oltre, disponibile cioè ad esplorare tutte le sfaccettature della contemporaneità, senza mai dimenticare l’origine e il valore delle materie trasformate dal suo tocco magico. Per l’occasione, a Pierluigi Gorgoni, giornalista, enologo e docente alla scuola Alma, è toccato il compito di condurre un percorso di degustazione alla scoperta di due protagonisti della storia vinicola di montagna: il Pinot Bianco e il Pinot Nero.

Il primo degli otto bicchieri, un Terlano Pinot Bianco Riserva Vorberg 2016, raccontava con franchezza il suo terroir di porfidi rossi, espressi attraverso un carattere affilato e ancora giovanile, ricco di sapidità e di mineralità; il secondo, la Riserva 2012, si esprimeva in modo parzialmente diverso per la naturale evoluzione delle note aromatiche fruttate, in cui era facile cogliere la pera o la mela. Passati ai Pinot Bianco Klaser, sembrava di ritrovarsi nel paradosso “lontano e non distante”, perché i vitigni sono impiantati in un misto di calcare e sedimenti di dolomia, ma anche esposti diversamente, al sole del mattino: di qui il carattere luminoso e mediterraneo di entrambe le Riserve, la 2015 e la 2006. Mentre la giovane rimaneva semplicemente calda e generosa, nella sua solarità, l’invecchiata acquistava densità e ancora maggiore struttura, e si distingueva soprattutto al naso, per le sfumature agrumate e di mela cotta.

(I vini dell’Alto Adige incantano alla tappa milanese del road show)

Trasferiti poi nel campo del Pinot Nero, abbiamo apprezzato il Trattmann Riserva 2015 della Cantina Girlan e la sensazione di maturità che regalava, grazie all’affinamento per 15 mesi in botte e barrique: ne derivavano spessore, morbidezza, profumi di ciliegia e marasca. Della stessa cantina, il Trattmann Riserva 2013 si presentava complesso e rotondo al palato, con tannini morbidi e retrogusto persistente. Ancora un paio di bicchieri per concludere, con il Pinot Nero Castelfeder Burgum Novum 2015, dalla struttura fine ed elegante, in grado di resituire sensazioni intense e cremose al palato, oltre ai classici aromi di frutti rossi. Lo spettro olfattivo si ampliava con il Burgum Novum 2012, fino ad includere vaniglia e cioccolato, oltre a una non usuale morbidezza.

Le creazioni dello chef Taglienti hanno accompagnato la degustazione come un cavaliere avrebbe fatto con una dama d’altri tempi, al ballo di fine anno. Data la qualità e l’originalità del Raviolo al vitello tonnato, del Fior di polpetta di manzetta piemontese, dei Saltimbocca alla romana e dell’Insalata di musetto, ostrica e verza, poteva ingenerarsi un principio di confusione tra chi fosse l’accompagnatore e chi l’accompagnato, ma con l’alta ristorazione è sempre così. Come sottolineava Pierluigi Gorgoni, tra vino e creazione gourmet si stabilisce un legame quasi amoroso, ma basato sulla convenienza: consiste nel chiedere qualcosa di cui hai bisogno a qualcun altro, per poter poi ricambiare.

(I vini dell’Alto Adige incantano alla tappa milanese del road show)

La qualità e lo spessore dei vini del Consorzio Alto Adige non aspettavano di meglio, per esprimere la quintessenza del lavoro costante, della fatica e del rischio che la viticoltura di montagna ha nel suo Dna. Il confronto con l’alta ristorazione, insomma, è destinato ad accrescere la malia di questo territorio difficile e attraente, nordico e solare, in cui i vini tipici hanno il ruolo di catalizzatori delle emozioni.

Per informazioni:
www.vinialtoadige.com
www.lumemilano.com

© Riproduzione riservata STAMPA

 
 
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