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Vini etici e chef emergenti a confronto con le nuove esigenze dei consumatori

Nella cornice del ristorante L'Altro Griso, gli organizzatori e gli chef di Io Bevo Così hanno raccontato la loro su cosa significhi vino etico, cosa lo caratterizzi e quali siano i suoi abbinamenti ideali

 
25 maggio 2017 | 12:01

Vini etici e chef emergenti a confronto con le nuove esigenze dei consumatori

Nella cornice del ristorante L'Altro Griso, gli organizzatori e gli chef di Io Bevo Così hanno raccontato la loro su cosa significhi vino etico, cosa lo caratterizzi e quali siano i suoi abbinamenti ideali

25 maggio 2017 | 12:01
 

Io bevo così”, segue domanda: come? La quarta rassegna dei vini etici, tenutasi nella splendida Villa Sommma Picenardi a Olgiate Molgora (Lc), ha cercato di dare una risposta il 21 e il 22 maggio. “Io bevo così” ha fatto incontrare 97 produttori provenienti da 17 regioni italiane e da 5 nazioni estere, e poi sommelier, giornalisti, chef e appassionati. 450 i vini esposti, numerosi i laboratori e le degustazioni non solo sul vino etico, ma anche su whisky e gin.

Vini etici e chef emergenti a confronto con le nuove esigenze dei consumatori

E allora così come? Ho provato a domandarlo ai due organizzatori della kermesse lecchese, Andrea Sala (That’s wine- distribuzione vini naturali, biologici e biodinamici ) e Andrea Pesce (Vini e Più … Posteria e Caffé di Cantù), durante la cena di gala ospitata dal ristorante “L’Altro Griso” di Malgrate, che voleva essere il punto d’incontro tra vini “così” e alta gastronomia.

Ho capito che “così” vuol dire etico. Ma con tutte le denominazioni che ci sono in giro (biologico, biodinamico, naturale, ancestrale, artigianale) il consumatore non ne esce confuso?

«Se sta dicendo che la legislazione italiana ed europea - risponde Andrea Pesce - non dà un contributo in termini di chiarezza, sono totalmente d’accordo. Quindi mi accontento di affermare che “così” sta per etico, senza additivi chimici, e che per il momento è la platea dei consumatori il giudice più severo: quella che decreta un successo crescente per questo settore, ed è in grado di capire se nella bottiglia c’è la formula del mal di testa e del capogiro, il giorno dopo o magari al primo sorso. E si regola di conseguenza».

«Anche perché attualmente - continua Pesce - le certificazioni non offrono il massimo della tutela, lasciando la possibilità di modificare in cantina quello che non si può fertilizzare o irrorare in vigna. Oggi come oggi, purtroppo, non basta appiccicare il bollino "biologico", "biodinamico" o magari anche "vegano": deve per forza esserci anche un rapporto di fiducia con il vignaiolo, che deve avere senso di responsabilità».

Un vino così naturale ma, mi si passi la metafora, anche così "responsabile"?
Manifestazioni come questa - dice Andrea Sala - devono per forza basarsi sul rapporto di fiducia che deve crearsi tra organizzatore, consumatore e produttore. Il quale deve sentirsi sempre più responsabile, e mi piace sottolineare questo aspetto: responsabile della salute dell’acquirente, responsabile dello stato del territorio che lascerà ai suoi e ai nostri figli. Se lascia un terreno malato, tutti ne pagheranno le conseguenze».

Vini etici e chef emergenti a confronto con le nuove esigenze dei consumatori

E se proprio vogliamo trovare un terzo aggettivo, per andare a sfaccettare ulteriormente quel “così” che caratterizza questa fiera della naturalità, potremmo parlare di vino “socievole”. Perché può andare d’accordo con cibi di tutti i tipi, anche se la cena di gala del 21 maggio tra produttori, organizzatori e stampa, ha privilegiato l’alta gastronomia: erano infatti presenti lo chef Cristiano Gramegna dell’Osteria Rosso di Sera a Castelletto Sopra Ticino; Silvio Salmoiraghi (una stella Michelin), dell’Acquerello di Fagnano Olona; Paolo Lopriore del Portico, di Appiano Gentile; Marco Viganò (una stella Michelin) dell’ Aux Anges di Roanne; Luca Andrè del Soul Kitchen di Torino.

Il tempio laico dove si sono celebrati questi matrimoni fra vini etici e manicaretti vari è “L’altro Griso” di Malgrate, un ristorante con scenario da incanto lacustre incluso nel prezzo. Il resident chef qui è Denis Ambruoso, che ha voluto rallegrare la cena di gala con il suo risotto alla melanzana affumicata, borroeula, gelato al caprino e bottarga di lago: grande armonia fra sapori diversi, freschi da un lato e delicatamente sapidi dall’altro.

Vini etici e chef emergenti a confronto con le nuove esigenze dei consumatori

Risotto Riserva San Massimo alla melanzana affumicata, borroeuola di “Pinuccio”, gelato al caprino di Pasturo e bottarga di lago (Denis Ambruoso)


Chef Ambruoso, visto che il vino etico sa essere “così” socievole, vogliamo parlare del suo abbinamento preferito?
Quando è possibile bevo metodo classico e prosecco, sono i miei preferiti. Ad esempio, trovo eccezionale l’Annamaria Clementi di Ca’ del Bosco, un Franciacorta Docg. Non so se si possa definirlo "etico", ma è comunque un valore assoluto.

Mi lasci fare l’avvocato del diavolo: secondo lei i vini biologici, biodinamici, etici, ancestrali e chissà cos’altro si bevono per moda?
Un po’ sì, e non credo ci sia nulla di male: la moda può indirizzare il gusto in senso positivo. L’importante è stabilire criteri chiari e controlli rigorosi, e in Italia dovremmo migliorare in entrambe le direzioni.

C’è una sua creazione che si può considerare il simbolo della voglia di naturalità?
Ne esiste più di una, perché la mia cucina è tendenzialmente semplice, dai sapori netti e decisi. Potrei citare L’uovo perfetto in leggera panatura, asparagi e parmigiano liquido. I vini naturali li abbiamo sempre in carta, e quindi si può scegliere se abbinare un bianco aromatico, uno spumante o un rosato.

Perché sono così socievoli da non temere nessun confronto: a tavola mi hanno servito anche un Aglianico “Antelio” 2015, di Camerlengo, che poteva socializzare con una vasta selezione di carni e formaggi stagionati, se messo alla prova. Ma dopo la quarta edizione di “Io bevo così” la prova più importante la deve fare il consumatore, e scegliere se bere etico, responsabile, socievole - senza sacrificare il gusto e valorizzando gli abbinamenti. Il mercato può dire una parola determinante, quando si tratta di stabilire “come” bere e, analizzando la tendenza degli ultimi anni, sembra abbia pronunciato una chiara parola di condanna: basta con gli eccessi chimici, in vigna come in cantina.

Per informazioni: www.iobevocosi.it

© Riproduzione riservata STAMPA

 
 
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