Il Consorzio di tutela vini Sannio Dop ha avviato da alcuni anni un progetto di valorizzazione della provincia di Benevento e delle sue specificità. In quest’ottica ha organizzato un percorso nel Sannio beneventano tra storia e leggenda per scoprire le emozioni che i paesaggi vitivinicoli della zona sanno suscitare. Un viaggio che ha portato alcuni giornalisti di settore a visitare territori significativi ed aziende che in qualche modo ne hanno firmato la storia. Di grande interesse le degustazioni dei vini rappresentativi, Aglianico del Taburno e Sannio Aglianico, Falanghina del Sannio ed altre tipologie come Coda di Volpe, Piedirosso, Barbera del Sannio, Moscato di Baselice.
Il Consorzio di tutela vini Sannio, nato nel 1999 con 24 soci, oggi ne conta 2.500, 10mila ettari che rappresentano il 67% dell’intera superficie regionale, riconosciuto dal Ministero di secondo livello con l'incarico a svolgere le funzioni di tutela, valorizzazione e vigilanza di tutte le denominazioni di origine controllata e indicazioni geografiche tipiche della provincia di Benevento. Per la prima volta in Italia sullo specifico comparto vitivinicolo, il Consorzio ha organizzato un corso di formazione per agenti vigilatori, 40 addetti per attività di controllo sulle Dop e Igp dalla vigna allo scaffale. Forte delle esperienze maturate, ha ulteriormente creato una rete di Consorzi includendo quasi tutti quelli della regione (Vesuvio, Salerno, Campi Flegrei) sia per le azioni di vigilanza che per quelle della promozione agendo su un brand regionale e non solo su una denominazione.
Il percorso per conoscere il paesaggio e la produzione delle singole aree è iniziato nella valle del Calore con la Cantina di Solopaca, una cooperativa agricola tra le più antiche della Campania: 600 soci, 2mila conferitori, 1.300 ettari vitati e una produzione di oltre 150mila ettolitri di vino. Sedici i comuni coinvolti nel territorio della denominazione Solopaca Doc, che nel 1974 fu la prima ad ottenere nel Sannio il riconoscimento di origine controllata. Ricordiamo la cantina per essere stata duramente colpita dall'esondazione del fiume Calore nell'ottobre 2015 che ha seppellito nel fango 80mila bottiglie. Le bottiglie recuperate sono state tutte vendute con lo slogan "Prendici così, sporchemabuone".
Un secondo appuntamento nel borgo medioevale di Sant’Agata dei Goti con una visita alle cantine Mustilli scavate nel tufo a 15 metri di profondità sotto al palazzo di famiglia, antica dimora del XVII secolo, ed oggi adibite all’affinamento dell’Aglianico. Proprio in queste cantine nel 1979 per la prima volta venne vinificata ed imbottigliata in purezza la Falanghina Santacroce. Aglianico, Piedirosso, Greco e Falanghina sono i vitigni coltivati su 20 ettari di proprietà.
Nel piantare i primi vigneti, negli anni ’70, Leonardo Mustilli volle una proporzione di 50% a 50% con due cloni di Falanghina: la flegrea (dai sentori minerali e floreali) e la Bonea (dall’anima più strutturata). Da allora l’azienda gestita dalle figlie di Mustilli, Paola e Anna Chiara, è divenuta un punto di riferimento per la produzione della zona di Sant’Agata dei Goti. Poco distante dalle cantine nel secondo piano del settecentesco Palazzo Rainone, il loro agriturismo con sei stanze, tutte diverse, arredate con i pezzi d’epoca di proprietà della famiglia e dettagli ricercati.
Il percorso nel territorio sannita prosegue con la visita dei vigneti del Titerno e una sosta alla cantina sociale La Guardiense, fondata nel 1960 da 33 soci, oggi ne conta circa mille che coltivano più di 1.500 ettari di vigneto situati in collina a un’altitudine di circa 350 metri sul livello del mare, una produzione annua di circa 200mila quintali di uve, 4 linee di prodotto, consulenza tecnica di Riccardo Cotarella, Aglianico e Falanghina i vitigni. Proprio per valorizzare questi due vitigni e rendere omaggio al territorio, la cooperativa ha creato la linea “Janare”, primo tentativo di “zonazione” nel Sannio beneventano che punta ad esaltare le caratteristiche qualitative delle produzioni vitivinicole legandole alle specificità dei siti di produzione. E non poteva mancare lo spumante brut di Falanghina.
Rimane negli occhi e nel cuore una vigna ultracentenaria con viti prefillossera a piede franco in località Pantanella del comune di Monte Taburno, quattro piccoli appezzamenti di marne argillose calcaree, con viti di Aglianico amaro allevate a raggiera libera come era usanza un tempo, alcune riescono a raggiungere fino a 27 metri di branca. Bassa densità d’impianto ed una resa di soltanto 20 quintali per ettaro. Qui nasce il Bue Apis, dal nome del toro sacro agli Egizi, la cui statua venne collocata da Domiziano nel tempio di Iside costruito a Benevento nell’88 d.C.
Tutti i vini del Sannio di aziende differenti sono stati oggetto di degustazione durante il wine tour e presso il ristorante Dionisio e la trattoria Slow Food Nunzia di Benevento, Radici di Solopaca sono stati apprezzati i piatti della tradizione. L’abbinamento pizza napoletana e Falanghina con la partecipazione di Gino Sorbillo presso il Foro dei Baroni di Puglianello. I grani antichi che sono ritornati in coltivazione sul territorio e l'olio extravergine di oliva della cultivar Ortice presso l’azienda Fontanavecchia di Torrecuso.
“Nel Sannio coltiviamo emozioni” a cura del Consorzio del Sannio è un progetto diventato un libro, prezioso strumento di lavoro, che parte da una indagine storica sulla cultura della vite nella provincia di Benevento, descrive le caratteristiche geopedologiche, geomorfologiche e climatiche del territorio e chiude con una ricerca sulla viticoltura di precisione ed una ipotesi di applicazione.
Per informazioni: www.sanniodop.it