Nel cercare con curiosità i possibili primi deboli segnali di mutamente di scenario generato dal devastante flagello del Coronavirus, emerge come un elemento positivo la conferma di un appuntamento sempre più strategico per il mondo del vino, quale quello di 5StarWines, la degustazione professionale di Vinitaly giunta alla quarta edizione che conferma le sue date previste, 15 – 16 – 17 aprile, mentre come bene sappiamo Vinitaly slitta a giugno (14 – 17).
5StarWines è un evento di tre giorni in cui sono valutati vini che i produttori, consapevoli del loro standing qualitativo, inviano all’organizzazione affinché nel corso delle degustazioni una giuria di professionisti altamente qualificati si esprima assegnando un voto in centesimi. Ne deriva poi anche una guida prestigiosa (5StarWines – the Book), in cui sono presentati e descritti i vini che hanno conseguito i migliori punteggi.
In tempi di crisi a sopravvivere e poi progredire non sono i soggetti più forti, bensì quelli più veloci, più lesti a cogliere i primi sintomi della mutazione di scenario. All’era glaciale non sopravvisse il mammuth, che di fatto si estinse, bensì l’antilope che fu veloce (veloce in tutti i sensi) a captare l’imminenza dell’epocale cambiamento di clima.
In tempi di cambiamento, la lettura tempestiva dei sintomi insorgenti, posta che vi sia bravura somma nel management, rende attuabile, sebbene non facile, capovolgere le minacce in opportunità.
In tempi di sopravvenienza di timori e di elisione di certezze, ancor più si rifugge dai rumori e si cercano i suoni.
La vicenda 5StarWines/Vinitaly è un compendio palese di questo.
Vinitaly ha svolto ruolo prezioso nel suo mezzo secolo e passa di attività. Ha fatto conoscere il vino imbottigliato italiano sul mercato domestico quando il consumo di vino, anche nel canale ho.re.ca. era ancora in gran parte sfuso. Ha fatto conoscere i produttori di vino italiano ai buyers stranieri aprendo così di fatto le porte ad un export che ha assunto valori che oggi rasentano i 10miliardi di euro. Ha fatto tanto altro, non ultimo ha contribuito a garantire iniezioni di cash alle strutture ricettive ed alla ristorazione di Verona e dintorni, oltre a tutto l’immenso indotto tipico dell’evento fieristico.
E adesso? E adesso, nel momento stesso in cui, con un pride company che tutto sommato è legittimo, sciorina i suoi grandi, grandissimi numeri e di essi si fa vanto secondo il convincimento che grande è bello, utile, interessante e vincente, dichiara inconsapevolmente che tutta la kermesse
produce tanto ma tanto di quel “rumore”.
La neonata 5StarWines che di Vinitaly, va ribadito, è creatura, ha in sé le connotazioni del suo successo. Agile nel muoversi, non anela ai grandi numeri, sebbene proprio piccoli essi già non siano più (!). È attenta a distinguersi emettendo suoni e non facendo rumori.
Non si occupa di i tutti i vini (e chi più ne ha più ne porti), bensì solo di quelli vini che il produttore per primo ritiene di alto livello qualitativo da portare in un concorso. E la giuria non è composta dal primo che passa e dal vicedirettore del giornale locale e dai blogger del momento, ma da esperti (veri) a livello internazionale, cooptati e coordinati da un comitato scientifico di acclarata autorevolezza ed indubbia competenza.
Dalla minaccia di suoni fastidiosi all’opportunità di ascolto di suoni gradevoli.
Vogliamo essere ben certi di non essere fraintesi.
Non abbiamo detto: “abbasso il Vinitaly, evviva il 5StarWines”.
Abbiamo solo detto, proviamo qui a fare sintesi. In tempi di cambiamento (e non si dica che l’inizio del terzo decennio del terzo millennio, con la dolorosa comparsa sul pianeta del devastante Coronavirus, non sia tempo di cambiamento) si deve prendere atto che se sta calando un sipario che porta ombra e rende desueto uno scenario, un altro sipario si apre e rende visibile e poi vivibile nei fatti, uno scenario emergente dove le parti in scena forse non cambiano (produttori, venditori, distributori, buyers, canali, stampa di settore, consumatori finali) ma di certo cambia “il copione”.
Nel mondo del vino cala definitivamente il sipario sullo scenario dell’intermediazione imperante, della filiera lunga, dell’asimmetria informativa tra produttori e consumatori (coloro i quali la bottiglia la comprano e la bevono). Sembrano obsolete talune politiche commerciali e certi comportamenti nella comunicazione e nella promozione.
Stevie Kim, Lynne Sherriff e Giovanni Mantovani nell'edizione 2019
Nel contempo si sta alzando, e l’orchestra suona la Primavera di Vivaldi, il sipario sullo scenario prossimo venturo, quello del contatto diretto tra produttore e consumatore, della filiera corta, delle conoscenze non banali e non superficiali che il consumatore, in virtù della rivoluzione cognitiva abilitata dalla rete, detiene e sornionamente non esibisce, delle informazioni immediatamente condivise, della nuova logistica, delle spedizioni door-to-door, dell’enoturismo.
A chi piacerebbe restare a lungo, vuota oramai la platea, spettatore di nulla, in un teatro che ha calato il sipario?
Suvvia, anche così combattendo e debellando il Coronavirus, memori di quanto virtuoso ed anche necessario sia capovolgere la minaccia in opportunità, bandiamo la pigrizia mentale e godiamo e prendiamo parte al nuovo scenario svelato da questo sipario che si alza.
Per concludere ricordiamo che regista di questa importante manifestazione è Stevie Kim nata in Corea, cresciuta negli Stati Uniti e residente oggi a Verona. Ha inizialmente frequentato la NYU – Leonard N. Stern School of Business e, dopo essersi stabilita in Italia, ha conseguito un MBA presso l’Università Bocconi, Scuola di Economia e Management. Successivamente, ha conseguito una specializzazione post-laurea in Wealth Management presso la University of Pennsylvania – The Wharton School. In qualità di Managing Director di Vinitaly International, Stevie ha lanciato e ora coordina una serie di iniziative all’avanguardia legate al brand, fra cui appunto 5StarWines